Senza la partecipazione dei cittadini futuro dimezzato per l'Italia... e per Torino
di Aida dell'Oglio

Sono profondamente stupita dalla lettura dell'editoriale di domenica, 3 marzo, a firma della consigliera comunale Tiziana Ciampolini. Quelle righe, infatti, suggellano l'impronta di una Torino governata da amministratori illuminati, attenti alle sue esigenze e di quelli dei suoi cittadini, pronti a sfruttare ogni tipo di risorsa per adeguare la città alle trasformazioni necessarie per far fronte alle esigenze di una metropoli moderna, “al passo con le grandi trasformazioni richieste dalla transizione digitale, economica, energetica, politica”, ecc. Ma è davvero così? Superate le prime perplessità, tuttavia, non posso non condividere l'invito che l'autrice fa al sindaco della città, Stefano Lo Russo, a cogliere l'occasione offerta dal PNRR per realizzare quelle pratiche partecipative che, negli anni Novanta, in particolare, sono state decisive per lo sviluppo di Torino.
Dopodiché le mie perplessità riprendono, anzi diventano incalzanti, quando la consigliera Tiziana Ciampolini parla dell'uso virtuoso dei fondi del PNRR che le attuali amministrazioni stanno facendo e quando fornisce l'elenco degli ambiti in cui esse stanno operando e degli scopi che stanno perseguendo: rigenerazione urbana, efficientamento energetico, riqualificazione di scuole, impianti sportivi, mercati, piazze. Forse non viviamo nella stessa città, perché di tutto l'elenco che chi siede in Sala Rossa fornisce, dal mio vertice di osservazione di semplice cittadina è difficile trovare corrispondenza nella realtà.
Il mancato coinvolgimento della collettività
Partiamo dalla partecipazione e corresponsabilità. Non mi riesce di trovare un argomento, tra i tanti portati ad esempio, nel quale la cittadinanza sia stata coinvolta nella programmazione e poi nella decisione su quanto si voleva operare per migliorare le condizioni di vita delle persone. Non risulta che nel decidere i vari cambiamenti illustrati nel sito "Torino cambia", sia stata coinvolta in qualche fase la cittadinanza. Nemmeno quando, per operare i cambiamenti, siano state prese scellerate decisioni: distruggere buona parte del verde cittadino per fare spazio a piste ciclabili, impianti sportivi, super market giganteschi, a scapito della salute dei cittadini, della biodiversità, della fauna presente dove interi boschi sono stati abbattuti, dei vincoli paesaggistici e archeologici.
Né mi riesce di comprendere come si favorisca la riduzione delle emissioni, l'assorbimento della Co2, delle polveri sottili, la mitigazione della temperatura, la produzione di ossigeno, tagliando intere alberate di corsi cittadini lunghi chilometri, pensando di utilizzare i fondi del PNRR non per aumentare il verde cittadino, come da tutte le personalità del mondo scientifico si sta richiedendo ormai da tempo, ma per depauperare il nostro patrimonio verde, che non è solo fonte di godimento estetico, pure assai importante, ma anche di salute fisica e psichica. I nostri anziani, quelli che difficilmente accedono al sito "Torino cambia", ma che vedono le trasformazioni della città, si chiedono perché mai l'assistenza medica sta diventando ogni giorno più difficile.
Annoso dilemma: potere e democrazia
Mi sembra quasi una inutile ripetizione ricordare come la Sanità sia assai poco funzionante da alcuni anni: attese intollerabili per ottenere una visita specialistica, anche quando si tratti di ambiti assai gravi; attese di molti giorni in pronto soccorso, prima di accedere alle corsie ospedaliere; quasi totale mancanza di assistenza domiciliare (ADI) per le persone impossibilitate a muoversi; dico quasi, perché a volte, dopo ferma insistenza, si arriva a ricevere il servizio che dovrebbe essere un diritto indiscutibile.
Ancora: come per avere un passaporto passi quasi un anno; per non parlare della carta d'identità digitalizzata, su cui si era fatto un grande battage. Non abbiamo visto, ad oggi, nessuna volontà, da parte dei nostri amministratori di richiedere la partecipazione dei cittadini alla “cosa pubblica”, finalizzata a garantire che l'attuazione del PNRR avvenga in maniera partecipata e trasparente. Sembra piuttosto il contrario. Molti fatti dimostrano che si va sempre più verso un esercizio del potere che ha poco da spartire con il concetto di democrazia.
Non a caso, condivido fino in fondo l'osservazione finale dell'articolo: l'assenza della società civile come interlocutore delle autorità che amministrano i fondi del PNRR. L'Italia futura non si può costruire a porte chiuse, tenendo fuori la cittadinanza. La partecipazione deve tornare ad essere la realtà, la sola, che potrebbe permettere al nostro Paese di risollevarsi.
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