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Ricordo di Mario Virano, intellettuale riformista

di Giancarlo Quagliotti


Mario Virano, che ci ha lasciati questa notte, mentre andava verso gli ottant'anni, dopo una lunga e dolorosa malattia, è stato un intellettuale militante nel senso più pieno e vero di questa affermazione. Ha messo la sua cultura, che spaziava in vari campi politici e tecnici, al servizio della politica e dell’azione di governo. È stato un uomo di governo competente, determinato, dialogante. Non un agitatore senza scopo e senza un fine. Uomo anti retorico e concreto anche per queste sue caratteristiche è stato chiamato a ricoprire incarichi importanti e rischiosi che ha assolto sino all’ultimo con dedizione assoluta.


Dirigente di una nuova stagione del Pci torinese

In via Chiesa della Salute 47, dove a fine anni 60 si era trasferita la Federazione torinese del PCI, si ritrovarono a vivere insieme una esperienza di militanti “della e con la classe operaia” decine di giovani intellettuali e di “operai colti” uniti nella comune battaglia per rinnovare il Partito comunista italiano. Inserimento che fu favorito dalla politica di apertura che condusse il giovane segretario Adalberto Minucci, già responsabile delle pagine torinesi de l'Unità negli anni '50, con il sostegno di quadri importanti come il futuro sindaco di Torino Diego Novelli, Athos Guasso, Vito D'Amico, Nino Berti, Enzo Lalli, Beppe Pensati, Luciano Manzi e altri. Essi costituirono l’ossatura di quell'apparato per molto tempo. Venivano da esperienze diverse rispetto ai gloriosi militanti che li avevano preceduti nella clandestinità della dittatura fascista, protagonisti della Resistenza e delle dure lotte operaie degli anni ’50 e ’60. Quadri generosi e altruisti che avevano costruito, attraverso numerose difficolta prodotte dai licenzianti discriminatori e dall’anticomunismo “viscerale”, il partito di “tipo nuovo”, di quadri e di massa teorizzato dall'allora segretario generale Palmiro Togliatti.

Furono compagni che accolsero con affetto noi ragazzi nati negli anni ’40 e ci condussero con mano ferma a imparare i doveri della militanza a tempo pieno, i nuovi “rivoluzionari di professione” come essi si chiamavano, secondo la retorica del tempo. E la “rivoluzione”, quei ragazzi, la fecero davvero, per le idee e le battaglie politiche che condussero al fine di posizionare seriamente il PCI torinese, condizionato da un forte esperienza operaista, sul versante riformatore del partito.

Mario Virano fu tra quelli che maggiormente contribuirono a questa progressiva evoluzione. Venne a far parte dell’apparato negli anni ‘70, abbandonando sostanzialmente l’attività professionale che aveva avviato con la moglie Viviana Riccato, anch’essa militante nel movimento femminista e nel PCI. Con il partito egli aveva condotto la comune lotta per far chiudere gli ospedali psichiatrici contribuendo a realizzare in Piemonte la riforma Basaglia. Fu Mario, alla guida di un gruppo di studenti di architettura, a promuovere la protesta contro la realizzazione di un nuovo manicomio, per cui già esistevano progetto e fondi. Protesta che vinsero e il nuovo manicomio non si fece.


L'impegno nella commissione Enti locali

Nell’apparato Mario seguì - con me responsabile della commissione e capogruppo in comune di Torino – le politiche degli enti locali, in una stagione in cui le giunte di sinistra dal 1975 erano al governo pressoché in tutte le amministrazioni locali. Furono anni di elaborazione e di riforme importanti in campo istituzionale (nascita dei Comprensori e dei quartieri torinesi) e di innovative politiche per la cultura, la scuola, l’urbanistica, nonché dell’avvio di un processo di infrastrutturazione nel campo dei servizi di cui il Consorzio Po Sangone fu certamente l’esperienza più importante e innovativa.

Si dedicò in particolare ai temi della casa e dell’urbanistica e, soprattutto dei trasporti di cui era un autentico conoscitore, anche sul piano tecnico. Fu a lungo amministratore della ATM (ora GTT) favorendone la organizzazione e contribuendo con l’assessore Beppe Rolando alla “Rivoluzione dei tram” del 1980. Concorse a costruire l’Ufficio del piano dei trasporti, reclutando giovani laureati e con essi, in stretta intesa con Sante Bajardi, assessore regionale, avviò una nuova stagione di riforme e realizzazioni. Prima fu amministratore della GTT, favorendone la riorganizzazione razionalizzazione e contribuendo alla nascita di un'unica azienda di sistema.

In un’altra stagione della vita, cessato l’impegno politico diretto, Mario riprese l’attività professionale dedicandosi alla progettazione di sistemi complessi soprattutto nel campo dei trasporti, di cui la progettazione della dorsale ferroviaria Adriatica fu forse la più importante. In questa veste collaborò a lungo con Lucio Libertini, responsabile dei trasporti del PCI nazionale e presidente della Commissione della Camera, contribuendo a riposizionare il PCI su una linea di riforme che mettesse al centro innovazione e interesse degli utenti con la parola d’ordine della “cura del ferro” per il sistema Italia. Fu anche grazie al suo contributo che il PCI abbandonò l’ostracismo verso le grandi opere, praticato per anni, e sostenne la realizzazione dell'Alta velocità ferroviaria.


Il ruolo propulsivo a favore della Tav

Venne chiamato a svolgere la funzione di amministratore delegato della SITAF e in quella veste promosse numerose iniziative volte a ricucire un rapporto positivo tra amministratori locali e la società che gestisce autostrada e traforo del Frejus. Fu poi consigliere dell’Anas. Risale a quella stagione il suo primo impegno a favore della TAV, che lo porterà poi ai vertici della società che è chiamata a realizzarla. Ma fu oggetto di attacchi vergognosi che andavano ben oltre il limite della lotta politica. Con la sua pazienza e capacità di interlocuzione tenne aperti molti fronti: verso il governo italiano e le istituzioni comunitarie, perché mettessero a disposizione i mezzi necessari per realizzare l’opera, fondamentale per Torino e per il sistema Italia. Con il sistema politico e amministrativo locale al fine di far esprimere ad essi senza reticenze un pieno sostegno all’opera. Anche con i NoTav tenne sempre aperta la porta del dialogo, anche quando una parte di essi cercava deliberatamente lo scontro e il diretto sabotaggio dell’opera.

Possiamo ben dire che è grazie alla sua tenacia, la sua capacità di persuasione, che via via crebbe l’adesione dell’opinione pubblica alla realizzazione della Tav. Fu grazie al suo saper tener duro davanti alle minacce irresponsabili di gruppi faziosi e a momenti difficili sul terreno politico, quando tutto sembrava perduto, che alla fine la TAV iniziò a prendere vita e ad avviarsi, sia pure in tempi assai dilatati rispetto alle previsioni, ad una felice conclusione. Oggi le gallerie, sia in Italia sia in Francia, stanno prendendo forma e si tratta di opere grandiose, degne di un paese che vuole crescere anche tecnologicamente. Si dovrà presto decidere per il nodo di Torino e su questa partita, oggi come ieri, è impegnato Paolo Foietta, un altro grande protagonista di questa battaglia. A Mario Virano, Torino e l’Italia devono molto: speriamo se ne ricordino.


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