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- a cura del Baccelliere
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Spiritualità e altro nel suono dell'arpa
a cura del Baccelliere

Brandee Younger è un’arpista e suona jazz o qualcosa di assimilabile a questa musica, ammesso che esista ancora. Le moderne declinazioni della musica afroamericana hanno portato alla ribalta strumenti che non avresti mai detto. Merito del sistema educativo più aperto, tanto negli Stati Uniti quanto in Europa.
Così l’arpa, la cui letteratura rimanda a contesti diversi, è arrivata sulla scena jazzistica americana. Ne aveva anticipato l’impiego Alice Coltrane, che la alternava al pianoforte e all’organo. E naturalmente Gil Evans, compositore e orchestratore visionario. Ma per la prima si trattava di uno degli ingredienti - era una pianista che suonava anche questo strumento, mentre nella poetica di Evans l’arpa aveva la funzione di riconnettere il jazz all’impressionismo europeo proprio di Ravel e Debussy.
Brandee Younger invece rivendica la centralità del proprio strumento[1], espressivo in funzione solistica e in grado di disegnare progressioni armoniche che costituiscono l’architettura delle sue composizioni. La Younger appartiene alla generazione dei musicisti afroamericani dediti a una riflessione sulla propria storia, che comprende la dimensione spirituale esplosa negli anni Sessanta - di cui John Coltrane insieme alla moglie fu uno dei protagonisti - il free, le contaminazioni davisiane degli anni Settanta. In questo brodo primordiale troviamo l’Africa, l’elettronica, il soul e il r&b. E poi l’hip hop, i suoni delle metropoli americane. Brandee Younger si tuffa in questo mare con uno strumento che ha peculiarità, caratteristiche e limiti che diventano opportunità. E si pone in una dimensione al medesimo tempo prossima e distante da quello che ci si può aspettare. In certo modo il medium diventa messaggio, ne condiziona i confini e i contenuti.
L’arpa di Younger dipinge fondali ma li increspa improvvisando, funkeggia, dialoga con l’elettricità e i campionamenti e accenna a un soffuso lirismo. Inafferrabile. A inizio estate, ha pubblicato Gadabout season, terzo album, per l’etichetta Impulse![2]. Il disco, fin dal titolo, ha un’ispirazione vagabonda. Sottolinea l’importanza del viaggio, più che della meta. Un viaggio interiore e al contempo un percorso attraverso gli stili e i generi[3]. Potremmo servircene come colonna sonora del progressivo ritorno alla quotidianità di questo settembre appena cominciato.
Note
[1] A proposito di Alice Coltrane, custodisce e suona l’arpa che alla musicista era appartenuta, in una sorta di passaggio di testimone fra generazioni.
[2] Negli anni ‘60 fu la casa discografica dei capolavori di John Coltrane.
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