top of page
  • Menandro

Lite nazionale e lutto nazionale, ma per i morti sul lavoro

di Menandro


L'ultimo viaggio di Silvio Berlusconi sarà identico a quello della sua prima salita al Colle nel 1994 per ricevere l'incarico di presidente del Consiglio dall'allora Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, il presidente del "non ci sto!" alle prime avvisaglie di ricatto mediatico nei suoi confronti. Sarà un viaggio accompagnato, infatti, dall'eco dell'insofferenza e del fastidio che provano tutti coloro, e sono numerosi, che vedono nella proclamazione del lutto nazionale un'iniziativa inopportuna per una persona dalla fedina penale macchiata, non linda, come si richiede e si pretende da chi fa politica. Un condannato per frode fiscale, esattamente l'opposto che si attende da chi dovrebbe anteporre gli interessi della collettività ai propri. Perché non ricordarlo nei giusti termini e non circondato da quell'aura di vittima sacrificale, da perseguitato per chissà quali lotte per la libertà che i suoi pasdaran hanno continuato, continuano e continueranno anche nella tomba a cucirgli addosso?

Non un reato qualunque il suo, né tantomeno un reato di opinione nella ricerca della libertà, come accadde per molti dei nostri Padri costituenti il cui casellario giudiziario, come fece notare con un guizzo ironico il regista Elio Petri nell'indimenticabile Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, rimaneva segnato dalla "macchia" delle condanne dei tribunali fascisti scontate con il carcere duro, con l'isolamento e le umiliazioni e non con le allegre combriccole dell'affidamento ai servizi sociali. Dunque, più che lutto nazionale sarà lite nazionale. E lo sarà oggi, poi domani e a lungo: oggi per la cronaca, domani per l'immaginifica "beatificazione" del personaggio, a lungo per il giudizio storico che verrà. Non potrà essere altrimenti, in un contrasto che sarà alimentato e fomentato - facile profezia - anche dall'improvvido lutto nazionale, "prova provata" indiscussa e indiscutibile della grandezza del personaggio elevato a eroe della Patria, evento eternizzabile ai posteri da una parte, ripudiato con fermezza da quella avversa.

Ma con grande disappunto di chi vorrebbe un'Italia diversa, lo strascico di queste giornate monopolizzate da Berlusconi ha messo in ombra il vero lutto nazionale: l'ennesima ecatombe di infortuni mortali sul lavoro, sei morti, dalla Sicilia alla Lombardia, passando per la Puglia. Il nostro Paese vive in una cornice di strage permanente effettiva con la morte che si accanisce soprattutto lavoratori anziani e giovani, anche minorenni, estremi che si toccano. Nei giorni scorsi, l'Unicef ha ricordato che sono morti 74 giovani sul lavoro negli ultimi cinque anni. Lacrime e parole scorrono come l'acqua, le denunce pure, ma nulla lascia un segno incisivo d'inversione di tendenza, se questa vergogna nazionale che si somma a quella del precariato, che ne è una concausa, conquista la nostra quotidianità.


186 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page