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La condanna di Francesco: razzismo peccato grave ma non si combatte con la violenza

di Luca Rolandi |

Papa Francesco resta il leader più lungimirante e profetico del nostro tempo. Non è un politico, non lo dovrebbe essere e non lo vuole essere. Ma in un clima, post pandemia, infuocato dal rigurgito di razzismo accompagnato da una folle battaglia iconoclasta, resta la mente più lucida, coraggiosa e con un orizzonte lungo del panorama internazionale. Nei giorni scorsi il suo monito è stato durissimo come non si è alzato o ascoltato da leader di paesi democratici. Lo hanno riportato tutti i media del mondo ma soprattutto l’organo ufficiale del Vaticano, “L’Osservatore Romano. Il razzismo è un «peccato» che “non possiamo tollerare” ha ricordato Francesco. Preoccupato per «i dolorosi disordini sociali» che in questi giorni infiammano gli Stati Uniti dopo l’uccisione a Minneapolis dell’afroamericano George Floyd, Bergoglio ha lanciato un monito contro ogni forma di discriminazione a sfondo razziale. Ma ha anche condannato le manifestazioni di violenza, invitando tutti a intraprendere la strada della pacificazione. Ancora una volta la lezione della storia non insegna nulla e la memoria del passato sembra essere un pallido ricordo per molti presidenti e politici di oggi, così come la condanna netta e senza distinzioni della violenza come mezzo per la risoluzione dei conflitti. Parole forti, chiare, un urlo all’umanità che non comprende o fa finta di non comprendere. “Non possiamo tollerare né chiudere gli occhi su qualsiasi tipo di razzismo o di esclusione e pretendere di difendere la sacralità di ogni vita umana. Nello stesso tempo dobbiamo riconoscere che la violenza delle ultime notti è autodistruttiva e autolesionista. Nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde”. Papa Francesco non ha fatto altro che contestualizzare lo scenario di razzismo e violenza che si è scatenata negli Stati Uniti del presidente Donald Trump, riproponendo una lunga e articolata riflessione che aveva compiuto lo scorso novembre. “Vigilare” sulla “cultura dello scarto e dell’odio”, perché i fantasmi del passato, come il nazismo e il razzismo, ma anche le derive dell’oggi – come la legittima difesa utilizzata come arma impropria o il “peccato ecologico” – scompaiono dall’orizzonte. Queste erano state le parole rivolte ai rappresentati del XXX Congresso mondiale dell’Associazione internazionale di diritto penale, ricevuti in udienza, è un discorso a 360 gradi, ampio e dettagliato. Alla fine, un appello: “ripensare sul serio l’ergastolo”. “La prima cosa che dovrebbero chiedersi i giuristi oggi è che cosa poter fare con il proprio sapere per contrastare” il fenomeno dell’idolatria del mercato, “che mette a rischio le istituzioni democratiche e lo stesso sviluppo dell’umanità”, esordisce Francesco, secondo il quale “la sfida presente per ogni penalista è quella di contenere l’irrazionalità punitiva, che si manifesta, tra l’altro, in reclusioni di massa, affollamento e torture nelle prigioni, arbitrio e abusi delle forze di sicurezza, espansione dell’ambito della penalità, la criminalizzazione della protesta sociale, l’abuso della reclusione preventiva e il ripudio delle più elementari garanzie penali e processuali”. “Il principio di massimizzazione del profitto, isolato da ogni altra considerazione, conduce a un modello di esclusione che infierisce con violenza su coloro che patiscono nel presente i suoi costi sociali ed economici, mentre si condannano le generazioni future a pagarne i costi ambientali”, il richiamo del Papa. Bergoglio prosegue il suo magistero, incurante degli attacchi interni e delle insofferenze esterne, mentre siamo sempre alla ricerca di leader che in modo laico e sappiano interpretare le sue parole e siano in grado di fare proposte politiche di lungo respiro per un mondo che si trova tra la morsa della pandemia e il ritorno di fantasmi del passato.

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