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L'EDITORIALE DELLA DOMENICA. Ucraina, dietro l'operazione "Pope-spioni"

di Germana Tappero Merlo

Il titolo dell’articolo Clergy or Spies? Churches Become Tools of war in Ukraine[1], del New York Times, del 31 dicembre scorso, ha fatto immaginare scenari da romanzo di Le Carrè, e persino molto oltre. In pratica, la notizia riguardava la caccia, a fine novembre, di spie al servizio di Putin fra i prelati e le suore della Chiesa ortodossa d’Ucraina legata al Patriarcato di Mosca (UOC-PM), con irruzioni delle forze del servizio di sicurezza ucraine, SBU, nel Monastero delle Grotte, a Kiev, un centro preminente del cristianesimo ortodosso perché vi conserva i resti dei santi più venerati nell’ortodossia slava, e nei conventi di Koretsky e di Volyn. Lo scopo era di verificare la presenza di armi e collaborazionisti di Mosca, e “impedire l’uso delle comunità religiose come cellule del Russkji Mir”, il mondo russo di putiniana concezione.


I forti legami con il Patriarca Kirill

Un fenomeno, quello dei pope spie pro-Russia, emerso negli ultimi mesi, con già arresti e condanne di sacerdoti ucraini, alcuni dei quali commerciati con Mosca in scambi di prigionieri. Attraverso il materiale sequestrato (denaro straniero, bandiere russe e opuscoli dell’esercito di Mosca da distribuire nei territori occupati)[2], Kiev avrebbe avuto ulteriore conferma dei suoi timori e di come la UOC-PM, nonostante la condanna all’invasione di Putin, abbia di fatto mantenuto, durante tutto il conflitto, forti legami con la Chiesa ortodossa russa, quella guidata dal Patriarca Kirill, il quasi “chierichetto di Putin”, come definito da Papa Francesco.

Patriarca Kirill

Peraltro, Zelensky aveva già bloccato, con sanzioni e chiusure mirate, organizzazioni religiose “appoggiate da Mosca” e le attività della UOC-PM, dedite per lo più all’assistenza alla popolazione e ai militari, e aveva segnato in una black list, oltre al vescovo di Crimea, dichiaratamente filo-Putin, anche il vicario proprio del Monastero delle Grotte, quel Pavlo Lebid, alias Pasha Mercedes, per la sua passione e uso di auto di lusso. In definitiva, dopo le irruzioni, oltre 30 prelati ucraini sono stati posti sotto inchiesta per “alto tradimento”.


Violenze e tentati omicidi di prelati ucraini

Oltre al materiale rinvenuto, pare che a rivelare la presenza di infiltrati russi siano state la giovane età di alcuni sacerdoti e soprattutto una loro prestanza fisica più da agente di corpi speciali che di pope ortodosso. Esagerazioni? Propaganda o paranoia di Kiev? Difficile capire fra le nebbie che solitamente avvolgono fatti e persone durante un conflitto, soprattutto quando così complesso come quello ucraino; se non fosse che, da inizio guerra, vi sono state violenze e tentati omicidi da parte di sconosciuti proprio di prelati ucraini della UOC-PM filorussa che, nonostante chiusure, sanzioni e attacchi personali, è sempre più filorussa. Ciò a dimostrazione che è difficile mettere al bando una Chiesa, fosse anche solo per i suoi decennali, secolari a volte, rapporti con i fedeli e il territorio.

Il timore di coinvolgimento di prelati in spionaggio pro-Russia può sembrare anche solo paranoia bellica, ma registra comunque dei precedenti: più recentemente, nel 2016, in Norvegia, la Chiesa ortodossa russa acquistava numerose proprietà in prossimità di installazioni militari, così come, nello stesso anno, apriva un “centro spirituale” nel cuore di Parigi, poi ampiamente sospettato di essere una base dell’intelligence di Mosca; lo stesso accadeva in Finlandia per una chiesa, sotto il Patriarcato russo, considerata “posto di ascolto” per gli spioni di Putin.


Le analogie con l'Urss di Stalin

Ma sorprende poi così tanto che la Chiesa ortodossa russa agisca in tandem con i servizi segreti di Mosca? Succedeva già durante l’era sovietica: nel 1943 Stalin aver dato vigore al rapporto fra URSS e Patriarcato, concedendogli lo status di organo di governo per gestire gli affari religiosi ortodossi. Dopo gli anni bui seguenti la rivoluzione del 1917 e poi quelli iniziali della Seconda guerra mondiale, proprio nel 1943, in virtù di questo accordo veniva finalmente eletto il nuovo Patriarca, Sergio I, e le chiese che nel 1941 erano 100, nel 1945 erano 25 mila, e dai 400 sacerdoti si era passati ai 33mila.

Il patto voluto da Stalin era che la Chiesa ortodossa di Mosca diventasse portavoce dello sforzo bellico e della propaganda patriottica. Salvo poi emergere, da documenti dell’archivista ex KGB, Vasili Mitrokhin - lo stesso di quell’altro più corposo dossier – che il Patriarcato era stato istituito anche come organizzazione di facciata dei servizi segreti russi, con i suoi pope utilizzati come “agenti di influenza” e addirittura per “missioni attive” e di spionaggio. Da qui, la convinzione ancora di molti commentatori e analisti, che la chiesa ortodossa russa di Kirill e la UOC-PM siano ora la stessa cosa, ossia parti dello Stato russo utilizzate in Ucraina e altrove come agenzie per i servizi di intelligence, strumenti di politica estera e, nel caso, anche di guerra ibrida.[3]


Chiese infiltrate e monitorate

D’altronde, quasi ad ammettere il loro ricorso ad un clero delatore, già i governanti sovietici vedevano in suore e sacerdoti cattolici probabili spie vaticane: non deve meravigliare quindi l’allarme, lanciato ad inizio di questo conflitto, da alcuni leader religiosi ucraini circa il rischio, per i prelati cattolici e quelli stranieri, di essere presi di mira dalle forze attaccanti russe come “spie della Nato”. Questo è comunque il clima di sospetto che domina in tutti gli ambienti di guerra o regimi, come ben descritto da Elisabeth Braw nel suo God’s Spies: The Stasi’s Cold war Espionage campaign inside the Church, (2019), dove analizza i motivi per cui tanti pastori, vescovi e teologi della Germania dell’Est lavorassero come collaboratori non ufficiali della Stasi (Inoffizieller Mitarbeiter, IM). Questo perché le chiese, a prescindere dal credo, rappresentavano per il regime un’ottima fonte di ascolto del popolo ma anche una potenziale minaccia, per cui erano necessarie infiltrazioni e monitoraggio, tanto da creare addirittura un “ufficio ecclesiastico” (il Dipartimento XX/4) all’interno della Stasi, considerata, dagli IM stessi, fra fervore religioso ed ideologico, e tanta ingenuità, una sorta di creatura dalla missione divina.

L’ attuale esperienza ucraina è simile, anche se va ancora oltre. Non sono rare le dichiarazioni di sacerdoti ucraini ortodossi sopravvissuti a quei ferimenti o al linciaggio della folla perché filorussi, che accusano ora il governo di Kiev di diffondere notizie false per scatenare così anche una guerra religiosa intra-ortodossa, all’interno di quella che viene concepita, da quel popolo, come una guerra civile.


Conflitto religioso, conflitto identitario

Gli argomenti di attrito ci sono e, oltre a scontri ormai decennali, quella fra la Chiesa ortodossa di Kiev e il Patriarcato di Mosca - considerato anche il terminale chiave per l’esportazione da parte della destra evangelica americana delle guerre di cultura che in Russia sono state recepite, re-inventate e nuovamente rispedite nel mondo - è ora la messa in gioco, appunto, di una differente visione del ruolo e per missione dello Stato stesso, che sia la Russia di Putin o l’Ucraina di Zelensky.

Epifanio I

La guerra in Ucraina è, quindi, anche guerra di Chiese e di Patriarchi, e non solo dal 2019, l’anno del c.d. tomos, ossia il documento che dichiarò la Chiesa Ortodossa Ucraina di Kiev (OCU-K), con l’attuale Patriarca Epifanio I, come autocefala, ossia indipendente da quella di Mosca del Patriarca Kirill. E', infatti, storia documentata che l’Ucraina religiosa lotti, e da tempo, per la totale indipendenza da Mosca, almeno dalla caduta dei Romanov, nel 1917: quella stessa discendenza, in cui già Caterina II La Grande e poi lo zar Nicola I avevano usato l’ortodossia come giustificazione ideologica dell’impero nel XVIII e XIX secolo.

La lotta per il processo di indipendenza dalla Russia si era poi accelerato nel 1991, ed ancora quando era diventata evidente la stretta alleanza fra il Patriarca Kirill e Putin. E poi perché da sempre, seppur con identica liturgia, l’ortodossia clericale della Russia e parte di quella Ucraina si distinguono per la politica e un diverso sentimento nazionalistico, tanto che il problema con la Russia sta, nelle parole di Epifanio I, “nella nostra identità, nella nostra esistenza stessa, non nel tomos del 2019”. E' il confronto, sempre nelle sue parole, con “l’impero del Male”, con “gli ideologi criminali del Russkji Mir”, per cui “il popolo è chiamato a scegliere: sei con Dio o con il diavolo?”. Parole dure quindi, ma che riflettono come in Ucraina le Chiese OCU-K e UOC-PM convivano, ma si confrontino per un conflitto che è anche identitario, e che su quello si contendano i fedeli.


Scontro tra "mondi" agli antipodi

E non è una questione di poco conto o limitato a quel mondo europeo orientale: le Chiese ortodosse, proprio per quella competizione interna tra teologia e giurisdizioni e, al contempo, per i legami con la tradizione locale e la loro peculiare diffusione in tutti quei Paesi e oltre, appaiono oggi come un laboratorio decisivo del rapporto fra religione, società e, manco a dirlo, libertà. E nella contrapposizione fra la Russia di Putin e l’Ucraina di Zelensky diventa evidente quella tra due mondi ora completamente agli antipodi, dove in questione non è soltanto l’indipendenza fra le Chiese ma, appunto, anche quella dallo Stato o essere al suo totale servizio. Se l’approccio dell’autocefala OCU-K è decisamente nazionalista, pro-occidentale e relativamente progressista, quello della UOC-PM, seppur a parole voglia staccarsi da Mosca, di fatto abbraccia in toto le tesi del suo Patriarca Kirill, che benedice l’invasione dell’Ucraina come una giusta difesa del nazionalismo russo e una crociata contro la diffusione delle ideologie liberali (aborto, eutanasia, matrimoni gay), con buona influenza della visione di Mosca come la Terza Roma, ossia quella di un impero etnico, quasi un Regno di Dio, creato da tutto il mondo russo (Russia, Bielorussia, Ucraina e Moldavia), e fatta propria dall’ideologo-teologo Aleksandr Dugin[4].

La visione di un fondamentalismo di Stato

L’influenza di costoro è tale da formare ora un grande partito slavofilo e reazionario, con continuità geografica da San Pietroburgo e Mosca, intese come capitali del potere e della politica, alle regioni ucraine orientali filorusse e alla Crimea, e dove Kiev avrebbe invece il ruolo di capitale spirituale. In pratica, Kirill e Dugin elevano il progetto di Putin per un totalitarismo chiamato a cambiare il mondo, come un tempo l’URSS, ma ponendo al suo centro non l’ateismo di Stato, ma un vero e proprio fondamentalismo di Stato. La Chiesa, quindi, con il suo controllo e utilizzo, sono così indispensabili a Putin per realizzare la nazionalizzazione delle masse, ossia il suo progetto totalitario sul mondo russo, fondato sul cristianesimo ridotto ad antica tradizione. E sebbene le chiese della UOC-PM, in Ucraina, i cui prelati condividono questa visione, si siano ridotte da inizio del conflitto dal 70 al 30%, il numero dei loro fedeli praticanti è aumentato notevolmente.

Sono certamente anche macchine di propaganda, su cui fa affidamento Mosca: quei suoi fedeli ucraini hanno infatti giustificato l’invasione russa del loro Paese dichiarandosi un “residuo perseguitato” che lotta per la verità, la moralità e il vero cristianesimo contro un Occidente decadente nei valori e nella fede. Ecco del perché delle preoccupazioni di Zelensky circa spie e collaborazionisti pro-Putin di quella che pare essere una minaccia sovversiva unica nel cuore dell’Ucraina. Inoltre, Zelensky è ebreo, e per costoro quindi il perfetto cattivo anticristiano, argomento che è poi manna dal cielo per una propaganda elementare ma efficace per una base ortodossa filorussa profondamente antisemita. Insomma, i presupposti per una guerra civile anche religiosa, oggi, in Ucraina, ci sono, e ben oltre i pope spie del Monastero delle Grotte e dei suoi conventi.

[1] https://www.nytimes.com/2022/12/31/world/europe/orthodox-church-ukraine-russia.html [2] Questo il documento ufficiale dell’SBU, https://ssu.gov.ua/en/novyny/sbu-vyiavyla-v-yeparkhiiakh-upts-mp-rosiiski-pasporty-sklady-propahandystskoi-literatury-ta-perepustky-okupantiv

[3] Sull'argomento si rimanda a Marco Bandioli, Dalle "minacce ibride" alla "guerra ibrida" versione Gerasimov, in https://www.laportadivetro.com/post/dalle-minacce-ibride-alla-guerra-ibrida-versione-gerasimov [4] Germana Tappero Merlo, Il volto prismatico di Aleksandr Dugin in https://www.laportadivetro.com/post/l-volto-prismatico-di-aleksandr-dugin




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