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L'Editoriale della Domenica. L'eterna lotta tra bene e male

di Giancarlo Rapetti


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La Bella e la Bestia è una fiaba europea di incerta origine, divulgata a stampa in francese nel XVIII secolo. È stata oggetto di numerose trascrizioni cinematografiche, l’ultima è una produzione Disney del 2017, per la regia di Bill Condon, trasmessa ancora su Rai 2 la sera del 26 dicembre. In questa versione, la protagonista femminile Belle, interpretata da una giovane e magistrale Emma Watson (l'Hermione Granger nell'Harry Potter cinematografico), è una ragazza moderna, intelligente, orientata al futuro, dal carattere forte ma anche umile quando necessario, devota al padre. Gli abitanti del suo villaggio la apprezzano e la stimano, ma non la amano, perché non si identificano con la sua visione del mondo e della vita, troppo avanti per loro. Infatti, al dunque, non si schiereranno con lei, ma contro di lei. La caratteristica principale di Belle, a ben vedere, è la sua capacità di essere sensibile al dolore altrui, e scoprire il bene nascosto dietro le contrastanti apparenze.

Il vero confronto, però, è tra i due protagonisti maschili, paradigmi di due opposte concezioni dell’amore. Per la Bestia, interpretato da Dan Stevens, personaggio infelice e tormentato, l’amore è desiderio, aspirazione al bene, via di riscatto e redenzione. Gaston, a cui dà vita Luke Evans, è il tipico capobranco, simile ai suoi accoliti, ma più forte e più furbo di loro. Per lui, l’amore è prevaricazione e possesso. Inevitabile lo scontro tra i due, sul piano della pura violenza, il terreno scelto da Gaston. Nell’episodio culminante del film, sembra che alla fine la Bestia, a cui il ritorno di Belle ha moltiplicato le forze, possa aver ragione del suo avversario, ma lo risparmia, con una dichiarazione di affermata superiorità morale: “non sono una bestia”. Per tutta ricompensa, Gaston, appena salvato, cerca di ucciderlo.

L’immancabile lieto fine del film (in fin dei conti è una fiaba per bambini, raccontata con una qualità straordinaria), non incrina il messaggio che l’episodio clou trasmette forte e chiaro: il male è ontologico, e non sarà certo l’esempio del bene a debellarlo. Anzi, l’esercizio del bene è il momento di debolezza di cui il male approfitta. Il bene e il male convivono nel mondo in precario equilibrio e quando il bene prevale lo fa con fatica, con la forza della disperazione, superando i limiti autoimposti al proprio agire, in sostanza rinunciando al fardello ingombrante della superiorità morale, in nome del principio di sopravvivenza.  

Naturalmente, non può essere lasciato all’arbitrio del singolo decidere che cosa è bene e che cosa è male. Per questo si sono sviluppate le società organizzate, che in una parte non grande del mondo hanno costruito quella cosa complicata che chiamiamo democrazia, fondata su di una cultura comune.

Così, l’immagine più suggestiva di Bella e la Bestia è la grande biblioteca del castello, tempio del sapere tramandato, dove si sente la battuta migliore: Belle dice: “quanti libri, li ha letti tutti?” E la Bestia risponde: “no, non tutti, alcuni sono scritti in greco”. Libri e ironia, un cocktail perfetto. Di questi tempi, ancora di più.


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