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Enrico Berlinguer nei ricordi di Palmiro Gonzato

Aggiornamento: 23 mar 2023


di Michele Ruggiero


"Gli piaceva giocare al pallone con lo stesso entusiasmo di un ragazzo. Un pomeriggio, caldo, si era nell'albergo che abitualmente lo ospitava a Torino, noi della "sorveglianza" ci accorgemmo che era sparito... Ci fu un attimo di preoccupazione, ma poi alcune grida dal cortile richiamarono la nostra attenzione: era Enrico che in maniche di camicia aveva improvvisato una partita di calcio, costringendo alcuni compagni della scorta, 'reclutando' l'autista e qualche dirigente della federazione torinese che era con lui...".


Chi parla è Palmiro Gonzato, partigiano nell'Alto Vicentino, per decenni responsabile del servizio d'ordine della Federazione torinese del Partito comunista italiano, memoria storica dell'Anpi di Torino. L'Enrico, il protagonista dei suoi racconti che ascoltiamo nella sua casa di San Francesco al Campo, non può che essere uno dei personaggi più carismatici e ammirati del movimento comunista e della politica in Italia di cui si celebra il centenario della nascita: Enrico Berlinguer.

Non è infrequente che si attinga (o saccheggi?) dalla memoria di Palmiro Gonzato per ricostruire frammenti e schegge del passato del Pci e dei suoi dirigenti, come lui li ha vissuti dall'autunno del 1948, quando decise di lasciare Montecchio Precalcino, in provincia di Vicenza, dov'è nato nel 1926, per puntare su Torino. Alle spalle si lasciava l'amara esperienza nel dopoguerra di giovanissimo partigiano (si era dato alla macchia nel 1944) accusato e condannato per banda armata, mentre fascisti e torturatori venivano liberati da giudici compiacenti della neonata Repubblica. Ingiustizie note, ma dimenticate, della mancata discontinuità con il regime fascista.[1]A Torino, al convitto scuola della "Rinascita Partigiani e reduci", Gonzato pose la prima pietra di un nuovo capitolo della sua vita: si guadagnò la qualifica di disegnatore meccanico. Un traguardo che qualche anno dopo, gli valse l'assunzione in una solida azienda di carpenteria meccanica.

Date, luoghi, persone: con Palmiro (nome impegnativo nel Pci) Gonzato è un continuo gioco d'incastri per ricostruire quel puzzle che ci dovrebbe restituire i momenti di Enrico Berlinguer a Torino. E chi se non a lui chiedere di rimettere insieme pezzi di una storia spoglia di aggettivi, tanta e tale è l'intensità della passione politica che sprigiona quel passato? Un bisogno catartico per sottrarsi alla mediocrità del presente?

L'album dei ricordi, che non è soltanto una metafora per Palmiro Gonzato, che ha sistematizzato con meticolosa precisione nei suoi quaderni documenti, appunti, foto, memorie personali, si apre ad una pagina di oltre mezzo secolo fa: “Ho conosciuto di persona Enrico Berlinguer al festival del 1971. Insieme a lui c'era Luigi Longo, all'epoca segretario generale del Pci, il mitico 'Gallo', vice comandante del Corpo volontari della Libertà, comandante generale delle formazioni Garibaldi durante la Resistenza. Ero quasi intimidito per quei compagni di rilievo da scortare, da difendere”.




Difendere, da che cosa? Sulle tracce di Berlinguer, Palmiro Gonzato ti riporta alle vicende del Pci di Torino e non solo. Sono istantanee che corrono veloci in parallelo ai tragici e drammatici momenti vissuti dal nostro Paese dalla seconda metà del Novecento. Momenti che trovano una ricca corrispondenza in nomi e ruoli di rilievo, in dirigenti di ingegno e di grande cultura destinati a prestigiosi incarichi, come quello che Adalberto Minucci, negli anni Sessanta segretario della federazione del Pci di Torino, voluto proprio da Enrico Berlinguer nella segreteria nazionale del Pci.

Fu Minucci, di cui il 21 settembre ricorrono dieci anni dalla scomparsa, ad allertare Palmiro Gonzato (nella foto in seconda fila a destra alle spalle di Enrico Berlinguer per un incarico delicato e riservato: “Ho stabilito un rapporto di collaborazione e di amicizia con Palmiro Gonzato in un periodo difficile del mio impegno [...] Il capoluogo piemontese era particolarmente preso di mira dai terroristi delle brigate nere e di quelle rosse [...] Il clima di tensione che venne così a crearsi ci indusse a rafforzare le normali misure di vigilanza. Un gruppo di compagni che avevano avuto esperienze personali nel corso della Resistenza antifascista si assunse questo incarico, da esercitare con la massima discrezione, evitando con cura ogni preoccupazione, ogni atteggiamento per cosi dire 'militare' [...l Palmiro Gonzato fu un animatore e un protagonista di questa esperienza, insieme a compagni come Vito Damico, Piero Cordone e alcuni altri quadri operai delle grandi fabbriche”.[2]

Racconta in proposito Gonzato: "Si era formato un gruppo di volontari, con auto proprie, per la maggior parte di estrazione operaia che vivevano l'esperienza in maniera totalizzante. Nel 1975, per le celebrazioni del Trentennale della Resistenza, si mise in piedi un servizio d'ordine formato da 441 militanti per seguire la cerimonia con le forze armate. Nella terribile fase del terrorismo, fu sempre attivo un nucleo di "pronto intervento" formato da compagni delle sezioni, lo stesso che era incaricato di vigilare sulle delegazioni dei partiti comunisti di altri paesi, sugli esponenti palestinesi e che si incaricò di seguire la sicurezza degli ospiti che furono numerosi durante il festival nazionale de l'Unità ospitato da Torino nel settembre del 1981".

Dai ricordi di Berlinguer a Torino, Palmiro Gonzato ritaglia l'immagine di un uomo con una grande voglia di vivere, tutt'altro che fragile, allegro, con venature di simpatica indisciplina nel seguire norme di sicurezza, capace di produrre con la sua gioiosa energia un effetto di trascinamento collettivo.

"Un pomeriggio propose di fare una camminata... Non disse per dove. Si limitò a prendere la strada che dall'albergo proseguiva per la collina e ci ritrovammo al parco della Rimembranza. I poliziotti non si erano accorti di nulla. Fu così che fummo rimbrottati dai funzionari della Questura per il mancato avviso. In un'altra occasione, in una festa per il "I maggio", si era nella seconda metà degli anni Settanta, espresse il desiderio di vedere il corteo che sfilava da via Po verso piazza San Carlo. In quella circostanza, vi fu la regia del compianto Ugo Pecchioli, una delle persone cui sono stato più legato, che ho seguito e accompagnato in ogni occasione dei suoi ritorni a Torino e in Piemonte per manifestazioni e iniziative politiche. Pecchioli, noto come "il ministro dell'Interno ombra" del Pci, aveva predisposto l'organizzazione di sorveglianza e controllo nei punti critici del tragitto. Berlinguer si mosse a piedi da un albergo del centro. Era visibilmente contento di incontrare i compagni in piazza. Noi lo circondavamo, eravamo almeno una ventina, cercando di attenuare l'impatto con la folla, ma l'affetto della gente era impressionante. Abbiamo provato a fare schermo, ma era davvero complicato. Alla fine filò davvero tutto liscio".

Memorabile fu la sera del 7 giugno 1976 in piazza San Carlo, in piena campagna elettorale, quella del Pci issatosi al 34 per cento con la Dc al 38 per cento, campagna funestata il giorno dopo dall'omicidio del procuratore della Repubblica di Genova Francesco Coco e dagli uomini della sua scorta Giovanna Saponara e Antioco Dejana. La serata si prolungò oltre mezzanotte, con Enrico Berlinguer che dialogò per quasi quattro ore con cittadini e militanti, insieme all'allora sindaco Diego Novelli e ad altri parlamentari del Pci.

“L'impegno più difficile rimane quello del 26 settembre del 1980 con Berlinguer al mattino davanti ai cancelli della Fiat, prima allo stabilimento del Lingotto, poi alla palazzina di Mirafiori, in corso Giovanni Agnelli; in serata, la conclusione con il comizio in piazza San Carlo. La sera precedente si era discusso il piano operativo, assegnando ad ognuno un compito preciso che si raccordava all'obiettivo generale di contenere l'entusiasmo che si sarebbe sviluppato attorno a Berlinguer. Ma eravamo altrettanto consapevoli che la tensione non era soltanto esterna, perché correva su linee interne e tutte politiche per l'attesa di ciò che Berlinguer avrebbe detto, delle parole di solidarietà e di impegno concreto che avrebbe portato ai lavoratori in lotta. Quella mattina è passata poi alla storia con la distorsione della risposta di Berlinguer alla domanda di un delegato della Cisl su una eventuale occupazione della fabbrica”.

La testimonianza si ferma qui. A Palmiro Gonzato brillano gli occhi. Non è emozione. Neppure nostalgia. Si è propensi a credere che sia ammirazione per la dirittura morale e la statura politica di Enrico Berlinguer associata alla convinzione che il suo personale impegno sia servito a difendere la democrazia e a combattere le ingiustizie. Che ne sia comunque valsa la pena.


Note


[1]Un libro per voi: “Il fascismo è finito il 25 aprile 1945” in https://www.laportadivetro.org/wp-content/uploads/2022/08/model_ruggiero3.pdf [2]Prefazione di Adalberto Minucci in Palmiro Gonzato, Una mattina ci hanno svegliati, Testimonianza raccolta da Stefano Tallia e Lucrezia Fiorelli, Lupieri Editori, 2006

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