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Cala il sipario su Berlusconi, artista nell'arte della seduzione

di Vice

Morto un Papa se ne fa un altro. Ma per Silvio Berlusconi non sarà così. Lui rimarrà unico nella sua unicità, nel suo essere tutto e nell'essere niente. Perché se è stato tutto sul piano politico e imprenditoriale a livello strettamente personale, oltre all'indiscutibile capacità d'influenzare il costume e la vita sociale di noi italiani, è stato anche il nulla a tutto tondo sul piano ideologico. E Forza Italia, che fin dagli esordi si è configurato come una sorta di ufficio di collocamento attraverso cui assegnare prebende, cariche e facili carriere, ha assolto in toto alla funzione di cancellare qualunque forma di nesso ideologico ingombrante nel suo agire politico. A meno che non si consideri tale quello gettonatissimo in Italia di mettere a esclusivo profitto i propri interessi con il massimo della demagogia e del populismo, usando anche il vecchio armamentario dell'anticomunismo. Banale nell'idea, almeno nel paese di Pulcinella e delle maschere, ma straordinaria - riconosciamolo - nella sua traduzione elettorale da consenso di massa di un partito nato con il proposito di cambiare tutto affinché non cambiasse nulla, proprio nulla, se non in peggio, per il vantaggio di pochi a scapito di molti. Uno spirito puramente egoistico che Berlusconi ha saputo vendere come spirito di servizio nell'esclusivo interesse collettivo con cui ha intercettato il gradimento di una parte rilevante del Paese, che in essa si è specchiata con estrema lucidità e su cui è stata costruito una longeva posizione di rendita economica e politica.

Si provi a riportare alla memoria gli innumerevoli e discutibili, se non stucchevoli episodi di cronaca giudiziaria e non che lo hanno investito negli ultimi trent'anni, e per ognuno di essi troverete la corrispondente tessera nel decadimento morale ed etico della politica, dello scadimento della cultura, della scuola e delle università, dell'impoverimento della sanità pubblica, dell'educazione civica, dell'economia, del lavoro, dei rapporti interpersonali ed altro ancora. Una contaminazione a 360 gradi che non ha risparmiato niente e nessuno, facilitata anche da chi, soprattutto all'inizio della sua tutt'altro che irresistibile ascesa, avrebbe dovuto contrastarlo per ciò che rappresentava e ciò che non avrebbe dovuto rappresentare nel rispetto di leggi dello Stato. Purtroppo, i cortigiani proliferano anche in campo avverso e, nel caso di Berlusconi, la sinistra si è rivelata in determinati momenti un soggetto politico davvero troppo compiacente.

Un artista nel suo genere, Berlusconi, capace di sedurre e attrarre tanto per le sue capacità di imbonitore, come scrisse in maniera efficace Giuseppe Fiori nel suo libro "Il venditore", quanto per la sua determinata spietatezza, agita sempre sottotraccia e dietro le quinte, di agit-prop delle masse, come quando schierò casalinghe e mammine in piazza contro quei magistrati (tra cui il napoletano di adozione torinese Giuseppe Casalbore), rappresentanti della giustizia tutt'altro che ingenui, che osarono spegnere i suoi canali televisivi dell'allora Fininvest. E chi non ricorda la promessa del "un milione di posti di lavoro", avanzata con il candore di chi sa di mentire, ma con l'intima e suadente convinzione che anche la menzogna può diventare la migliore ricchezza da redistribuire, perché si fonda sull'illusione, piccola o grande che sia, della quale ognuno di noi è tributario per proseguire con un minimo di ottimismo il cammino nella vita o inseguire i propri sogni.

Pugno di ferro nel privato, maschera vivificata da un sorriso a 32 carati per il pubblico, potere e fascino: giano bifronte, il sembiante migliore per chi ama la condizione di suddito, nel Paese come nel partito, quest'ultimo con l'insuperato primato di non aver mai discusso la linea politica in un congresso. Del resto, a che pro, se l'unica linea politica, dalla sua discesa in campo, ufficiosa nel 1993, ufficiale nel 1994 ad oggi, è rimasta sempre quella inossidabile del potere per il potere?

"Cavaliere", "Sua Emittenza", "Il caimano", da qualunque etichetta fosse preceduto, cerimoniosa, svalutante, irridente o prodromi di piaggeria, il nome scolpito nell'immaginario collettivo rimaneva sempre e soltanto Silvio Berlusconi. Un marchio di fabbrica che ci auguriamo non sia riciclabile. Lo si consegni alla storia che saprà esprimere con i dovuti tempi il suo giudizio. Oggi a prevalere devono essere la pietà umana e il tributo di vicinanza nella morte che si deve alla figura di Silvio Berlusconi. Ma, come come per chiunque, ciò non deve scadere nell'ipocrisia.

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