Torino, passato e presente letti con gli anni delle Giunte rosse
- La Porta di Vetro
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Aggiornamento: 38 minuti fa
Domani pomeriggio un convegno in Municipio, Sala delle Colonne

Qual era lo stato di salute della Torino che attendeva il 1975? Guardato retrospettivamente non era brillante. La città, come spiegava La Stampa in un articolo di Renato Romanelli del 10 gennaio 1975, si lasciava alle spalle uno degli anni più sciagurati della sua storia. E si affacciava con un bagaglio di grandi punti interrogativi. Ne erano consapevoli industriali e operai, i primi costretti a un costante ricorso alla cassa integrazione guadagni, i secondi a subirla confidando di non ritrovarsi con la lettera di licenziamento in mano; i sempre più numerosi commercianti costretti a chiudere per fallimento; le concessionarie d'auto costrette a segnare il passo con le immatricolazioni d'auto, sullo sfondo di una popolazione rimasta pressoché stazionaria, sul milione e duecentomila abitanti, ma costretta a misurarsi con una inflazione del 23,50 per cento sull'anno precedente, che non era stato peraltro dei migliori.
E mezzo secolo fa come oggi, il giornalista si ritrovava a scrivere che "il problema casa non era risolto, così quello delle scuole e degli ospedali". A ciò si aggiunge, denunciava Romanelli, "la sporcizia della città, il chiasso e l'indisciplina del traffico, la prostituzione, la delinquenza, il malcostume e la disonestà". Abbastanza insomma per rivendicare un cambio politico, che evidentemente premeva anche a chi controllava il quotidiano di Famiglia, all'epoca in via Marenco.
Questa era Torino a sei mesi dal voto che il 15 giugno avrebbe dato vita all'era delle "Giunte rosse" in numerosi capoluoghi italiani. Quel sisma politico, perché di questo si trattava, si registrò a Torino 24 anni dopo l'ultima amministrazione di sinistra che aveva avuto sindaco il comunista Coggiola. Insomma, con quelle premesse, fu una sfida da fare tremare i polsi per chiunque destinato a salire i gradini di Palazzo di Città e a indossare la fascia tricolore.
Quel chiunque fu Diego Novelli, classe 1931, che in Sala Rossa era entrato per la prima volta nel 1960, dopo aver ereditato da Adalberto Minucci, diventato segretario della federazione del Pci di Torino, il ruolo di capo cronista dell'edizione piemontese de l'Unità.
Di questo, di ciò che ha rappresentato quell'esperienza e di quanto l'esperienza possa essere traslato oggi su una città profondamente cambiata si parlerà domani, 27 novembre, nella Sala Colonne del Municipio di Torino. L'iniziativa (promossa dall'Associazione consiglieri emeriti di Torino), dopo i saluti di Elide Tisi, presidente dell'associazione, punta a discutere su ciò che è stato fatto, sulle vie che la città è riuscita ad aprire e a consolidare anche nell'immagine, e sulle prospettive future attorno alle quali ruoto la domanda se l’obiettivo rimanga quello di integrare una vocazione e una storia, complicate da abbandonare, o concentrare gli sforzi nel costruire “in toto” una vera e propria alternativa.
I lavori cominceranno con una sequenza che alterna passato e presente. Alle 15,15 il giornalista Luciano Borghesan, cronista politico dagli anni Settanta a Stampa Sera, poi a La Stampa, intervisterà alcuni protagonisti di quell'epoca direttamente coinvolti in Sala Rossa, da Eleonora Artesio a Giuseppe Accattino, Marziano Marzano, Giancarlo Quagliotti e Aldo Ravaioli, e al sociologo Sergio Scamuzzi, ripercorrendo le trame di quel decennio sul titolo La città fordista e le giunte rosse.
Alle 16,45, Il cambiamento di Torino: verso la città delle opportunità sarà il filo rosso affidato alla giornalista
Stefania Aoi, giornalista che intervisterà il sociologo Luca Davico, Giovanni Durbiano, docente Politecnico di Torino e l'economista Pietro Garibaldi. Le conclusione sono affidate al sindaco di Torino Stefano Lo Russo.













































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