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Putin e Dugin, la banalizzazione dei ruoli


di Vice


Nella banalità, come sottolinea Germana Tappero Merlo nel suo articolo (Uccisa in un attentato a Mosca la figlia di Aleksandr Dugin in https://www.laportadivetro.org/wp-content/uploads/2022/08/model_gtm2-copia.pdf), e soprattutto nella superficialità, rischiano di precipitare i commenti su Aleksandr Dugin, colpito negli affetti per la morte della figlia Darya, vittima di un attentato alla periferia di Mosca, nelle vicinanze del villaggio di Velyki Vyazomi. Le informazioni, tutte risucchiate dall'ipotesi che l'attentato fosse diretto ad Aleksandr Dugin, scampato alla morte per una fortunata combinazione del destino nel decidere all'ultimo momento di usare un'altra vettura per il rientro nella capitale russa, fanno baricentro sul considerare il filosofo russo l'ideologo di Putin.


In effetti, si tratta di una forzatura, anche se sono numerosi i punti di contatto tra la costruzione ideologica (estremamente affascinante) di Dugin e il pragmatismo dell'autocrate del Cremlino. Un esempio arriva da Michel Eltchaninoff, 53 anni, francese di origine russa, docente alla Sorbona, ora caporedattore di Philosophie Magazine, che nel suo libro "Nella testa di Putin" (edizioni e/o) pur destrutturando pezzo dopo pezzo la tesi dell'influenza di Dugin sul presidente russo, offre al contempo un ritratto esemplare della complessità della società russa e di conseguenza degli uomini al potere e sulla evoluzione del sistema russo e della sua collocazione sullo scacchiere mondiale.


Una complessità politica, economica e soprattutto ideologica, oscurata per decenni dall'informazione di un Occidente proteso a denunciare (e a cullarsi) con estrema soddisfazione limiti e deficit della società russa seguiti al crollo del regime sovietico, per poi annacquare sempre o nel gossip o nella svalutazione la formazione dei nuovi gruppi dirigenti (oligarchi inclusi) del Cremlino. Un disegno che si poneva di raggiungere il doppio fine di ridimensionare da un lato il presente (Eltsin, poi Putin), dall'altro di eternizzare la Russia nel girone delle potenze di serie B, retrocessa dal rango di superpotenza assunto in quasi mezzo secolo di Guerra fredda.


Un errore di valutazione e di prospettiva grave, con effetti deleteri sotto gli occhi di chiunque, a cominciare dagli accordi internazionali ed economici sulle forniture di gas che oggi strozzano l'Europa e che conferiscono una valenza dichiaratamente ideologica, attraverso il potere nella gestione e distribuzione delle fonti di energia, alla strategia geopolitica del Cremlino.


In tutto questo, i vari Dugin russi sono complementari, una sorta di supporto teorico, alla visione putiniana del mondo che nella sostanza è un'ideologia in essere, agita e operativa, da almeno un decennio.




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