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Non tutti i mali vengono per nuocere, pensieri ed aforismi sulla nave errante

Aggiornamento: 19 mag 2023

di Mercedes Bresso in dialogo con Claude Raffestin


È quanto mai evidente e comprensibile che molti dei passeggeri della nostra nave errante siano delusi dai cambiamenti di itinerario prima e dall’impossibilità poi di sbarcare nei porti al largo dei quali passiamo da ormai tre settimane. Eppure, anche se la cosa è sgradevole, occorre ricordare che siamo senza contagiati a bordo e che se ne avessimo avuti, ci saremmo trovati in una situazione più o meno analoga a quella del Pio Albergo Trivulzio, perché in un ambiente chiuso e senza strutture adatte per i malati, la diffusione del virus a passeggeri e personale sarebbe stata inevitabile, con conseguenze fatali per molti, tenuto anche conto dell’età media elevata a bordo. Cosa che è d’altronde successa ad altre navi. E se fossimo stati nei nostri paesi rispettivi, avremmo dovuto affrontare l’epidemia con le restrizioni di movimento o il confinamento, in condizioni probabilmente meno gradevoli e forse più pericolose. Qui a bordo sperimentiamo la giustezza dell’osservazione del filosofo e matematico Blaise Pascal, che affermava che l’infelicità delle persone, cito a memoria, proviene dalla loro incapacità a restare soli in una camera. Questa affermazione è verificabile ogni giorno qui a bordo: un certo numero di passeggeri si è organizzato e aspetta con calma di arrivare, leggendo, scrivendo, facendo un po’ di sport, partecipando ad attività varie, ma moltissimi si aggirano come leoni in gabbia e organizzano dei “focolai di rivolta”. La rabbia di vedere sfumare il sogno di una vita come un giro del mondo è comprensibile, ma dalle diversità delle reazioni si ottiene uno splendido spaccato della natura umana. L’osservazione della realtà a bordo fornisce, infatti, una visione dei comportamenti e delle emozioni che sorgono di fronte a un drastico cambiamento di progetto. Alcuni sono delusi perché avevano fatto un investimento importante dal quale si aspettavano una grande flusso di immagini e di ricordi; altri patiscono la reclusione, mentre altri covano la rabbia e stilano richieste di rimborsi e compensazioni. Altri ancora si aggirano come anime in pena o passano tutta la giornata a ballare o a partecipare ai corsi di ginnastica e ai giochi di bordo. Ma tutti, invariabilmente, sono attaccati ai loro telefonini, che spesso funzionano male, per ricevere e dare notizie a casa e agli amici. Notizie che si sostanziano nel racconto di quello che non si può fare. Un dialogo fra nomadi e sedentari con il paradosso che anche i nomadi sono in un certo senso stanziali. Noi abbiamo iniziato queste nostre note con un dialogo fra il geografo e l’economista ambientale. Anche in questa nuova versione del nostro viaggio, continuiamo a osservare quello che ci circonda e ci ritorna alla memoria l’osservazione di un amico che ci domandava, prima della nostra partenza, se non ci saremmo annoiati, nei lunghi percorsi in navigazione, alla vista incessante del mare e al quale abbiamo risposto che il mare, nella sua immensità, è il paesaggio assoluto perché sempre diverso. Lo sperimentiamo in questa crociera che è diventata essenzialmente un giro del mondo per mare, durante la quale alle foto delle località visitate, abbiamo progressivamente sostituito un’infinità di foto di albe, tramonti, temporali, sul mare: ognuna di esse è al tempo stesso uguale e diversa. Il mare può essere un immenso tappeto di velluto srotolato fino all’orizzonte, o un insieme di piccole onde orlate d’argento, per non citare che due esempi fra mille altri. Oppure può essere oppressivo, come nei lunghi tempi della traversata del Pacifico, quando per giorni e giorni immensi nuvoloni si riversavano su un mare minaccioso le cui onde inquietanti arrivavano ad aggredire le vetrate del piano degli spazi collettivi. E che in molte notti ci ha fatto alzare per ammirare e temere la sua incredibile potenza.


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