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Lo sfregio alla Resistenza, l'offesa alla nostra storia

Aggiornamento: 14 set 2022

di Vice


Stanotte il fuoco per mano ignota ha annerito la lapide in Largo Montebello a Torino che ricorda i patrioti caduti nella lotta contro il nazifascismo. Nelle settimane scorse, si sono verificati i gesti vandalici contro la targa dedicata a Tina Anselmi, partigiana, prima donna ministro della Repubblica italiana, e la lapide dedicata alle operaie della Superga, una delle fabbriche simbolo di Borgo Vittoria. A dieci giorni dalle elezioni, la Torino democratica si interroga sulla valenza di questi episodi che tendono a disarmare la convivenza civile per favorire la provocazione e la violenza, quasi a voler adulterare una campagna elettorale che viaggia sui binari della competizione dura, aspra, ma comunque composta.

Cui prodest? A chi giova aumentare febbrilmente la tensione, è la domanda che ci si pone in queste circostanze. Sempre che sia oggi la domanda giusta e non sia piuttosto necessario rovesciare il ragionamento e domandarsi chi oggi si vuole realmente danneggiare con gesti di estremismo insano già sconfitti dalla storia. La democrazia? Dai tentativi di putsch degli anni Sessanta e Settanta, tutt'altro che da operetta, alla lunga, crudele e sanguinosa stagione del terrorismo, dell'eversione "nera" e "rossa", la democrazia italiana ha dato sempre prova di solidità e capacità di reazione concrete pur contagiata da zone di opacità pericolose (servizi segreti, condizionamenti e influenze esterni, massoneria della Loggia P2 di Licio Gelli) .

Questo non significa che le velleità di mettere indietro le lancette dell'orologio siano tramontate, anzi. La prepotenza è un fattore talmente radicato nell'animo umano, che mai si potrà chiedere, per esempio, ai fascisti di liberarsene, se non eliminando la prepotenza medesima. Il che è impossibile: sarebbe come si pretendesse di eliminare dalla terra i virus, sempre baldanzosi con le loro varianti; al massimo ci si può vaccinare, per limitare i danni. Con i fascisti più o meno è la stessa cosa, ma se per circostanze che sfuggono all'umana comprensione, c'è una quota di popolazione che rifiuta la vaccinazione, il contagio è sempre in agguato.

Tanto più che in questo 2022 si è formato un combinato disposto a conferma che la realtà non ha nulla da invidiare alla fantasia. Nel centenario della Marcia su Roma dei quadrumviri fascisti, infatti, la seduzione del passato si è ritrovata a che cibarsi di ritrovata prepotenza e vigoria, mentre crescevano le azioni e i consensi di Fratelli d'Italia, pronipote del Movimento sociale italiano, partito che ha interpretato dal 1946 lo spirito e gli ideali del fascismo e della sua figura chiave, Benito Mussolini.

Il momento giusto comunque è arrivato per Fratelli d'Italia, che si presenta con discrete credenziali democratiche per aspirare a palazzo Chigi, dopo una catarsi cominciata con la svolta di Fiuggi di Gianfranco Fini. Nel mezzo c'è anche un discreto fiuto politico che dall'ultima consultazione elettorale ha portato Fratelli d'Italia a rimanere all'opposizione e a cavalcare con sagacia l'ondata emotiva e irrazionale della protesta di pancia, raccogliendo per strada in questi quattro anni gli umori ribelli degli italiani arrabbiati in servizio permanente effettivo, orfani e delusi prima del Movimento cinque stelle, poi della Lega di Salvini. Un'eredità che i sondaggi hanno accredito con percentuali a doppia cifra cresciute di pari passo all'inflazione, ai disastri causati dalla pandemia e dalla guerra che si combatte in Ucraina.

Il che ci porta a concludere, al fondo del ragionamento, che i fascistoidi sfregi alla Resistenza e le conseguenti offese alla nostra storia democratica che si è data una moderna costituzione e ha reso possibile la nascita dell'Europa, possono creare soltanto imbarazzo a Giorgia Meloni e al suo partito. Cioè a chi ha dichiarato di volere, in caso di affermazione elettorale, modificare la costituzione in senso presidenzialista e ridiscutere i principi su cui si fonda l'Unione Europea, come se fosse un'operazione del tutto naturale per chi vince.

Ora, invece, la manovalanza fascista avverte che esiste anche un'altra e diversa storia da quella democratica, tutt'altro che morta e sepolta, e pronta a calcare la scena qualora la democrazia parlamentare dovesse intestardirsi in una nuova Resistenza al cambiamento. Gli italiani sono dunque avvertiti. E, in effetti, ciò si preannuncia come un problema aggiuntivo per la statista degli arrabbiati, perché potrebbe non essere una passeggiata resistere a chi sogna ancora di trasformare il Parlamento in un'aula "sorda e grigia", come di fatto fece meno di un secolo fa l'uomo della Provvidenza.

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