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"L'umiltà di chi scelse di camminare, mentre aveva le ali per volare"

di Stefano Capello*


Un articolo recente che ha puntato i fari sul concetto di umiltà, pubblicato su questo sito[1], ha sollecitato una riflessione che mi pare quanto mai opportuna nei giorni di vigilia di questo Santo Natale 2023. Una festa che sta cercando con la fede un posto solido e spirituale nelle coscienze dei credenti, e non solo, per le tragedie che l'umanità vive al cospetto della "terza guerra mondiale combattuta a pezzi", come ha ricordato papa Francesco, anziché l'abituale posto a tavola che si configura come l'anticamera del consumismo più trito.

Umile era un uomo di nome Gesù. Lui che aveva le ali per volare scelse di camminare invece che sorvolare il mondo. Gli avessero chiesto il motivo dell’umiltà, a conti fatti avrebbe potuto rispondere con il cuore:  è molto più bello quando gli altri scoprono le nostre buone qualità senza il nostro aiuto: “Quando sei invitato, va a metterti all’ultimo posto, è il suggerimento del miglior Ultimo della storia , perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti! Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali”.

Non che se io mi siedo all’ultimo posto penso di valere meno degli altri, tantomeno vuole dire che io abbia poca stima di me stesso: significa, piuttosto, che sono totalmente libero dal non pensare a me stesso bensì al motivo della festa. E’ l’umiltà delle cose: si dispongono tranquille là dove le posi, modeste, silenziose. In attesa d’essere riutilizzate, spostate, riprese.

“Io ritrovo, passando, l’infinito nell’umiltà” scrisse il poeta Umberto Saba. Per vedere cose mai viste, è necessario fare cose che nessuno ha ancora fatto sinora. Del tipo: far saltare il banco ad una festa mettendosi all’ultimo posto, evitando di sgomitare per star in prima fila. Per poi scoprire che, quando arriva il festeggiato, prima di sedersi viene in cerca di te, ti prende per mano e ti accompagna vicino a lui come su un tappeto rosso. Un passo indietro, certi giorni, è il più grande passo in avanti: se potessimo dire un giorno “quest’ultimo anno son cambiato moltissimo, ho fatto un grosso passo indietro. All’inizio pensavo fosse una resa, ma oggi mi accorgo che, invece, mi ha aperto la mente ed il cuore come mai prima”. S’indietreggia, a volte, non per lasciarsi sfilare, ma semplicemente per prendere la rincorsa.

L’umiltà è libertà, non deve essere il paravento della nostra inadeguatezza, bensì la libertà dell’agire senza ricompensa. A lavare piedi puliti, d’altronde, sono capaci tutti: l’umiltà, in quel primo Giovedì Santo, fu di lavare i piedi sporchi, sapendo di avere puliti i propri. Divenne, in un battito d’ali, il brand dell’umiltà, della salvezza: “Quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti”. Il che, val bene sottolinearlo, è impopolare: nella logica del mondo, nessuno fa niente per niente. Così, però, il mondo resta immobile e superbo, si passa la vita a ricambiarsi favori. Per avere cose mai avute, invece, occorre fare cose mai fatte.

Umile è chi ha moltissimi doni e qualità, ma è consapevole di non averne merito e quindi è talmente libero da essere umile perché gratuito.


*Delegato arcivescovile della Diocesi di Torino per l’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC).


Note

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