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L'EDITORIALE DELLA DOMENICA. La malattia umana di Francesco, Papa amato, ma solo

di Luca Rolandi


La notizia si diffonde in fretta in tutto il mondo. Papa Francesco è ricoverato all’ospedale Gemelli di Roma, dove già furono curati i suoi predecessori. E’ marzo inoltrato, i dieci anni di pontificato già celebrati, ma Bergoglio non è persona che si ferma agli applausi, agli osanna, piuttosto si piega e condivide le sofferenze dei fratelli e delle sorelle che incontra sul suo cammino o di cui entra in contatto anche da lontano. Il suo ricovero è diventato non un evento mediatico ma ordinaria possibilità per un uomo di 86 anni. Certamente Papa, ma soprattutto uomo, figlio, fratello, con le fragilità, i suoi bisogni, il lento indebolirsi delle membra con all’orizzonte il tramonto della vita e la finitudine dell’esistenza terrena. Francesco ha avuto bisogno di cura e di amore da Dio e dall’uomo e lo ha ricevuto nella normalità di un paziente speciale. La paura per le condizioni di salute sono fortunatamente scongiurate dalle diagnosi delle prime ore.

Ma nei giorni del ricovero l’umanità del Papa, uomo solo in Vaticano, ma fedele al suo essere con e per la gente comune, il popolo che lo ha visitato e accompagnato, nelle preghiere e nell’incontro di tante sofferenze condivise. “Non ho avuto paura, sono ancora vivo. Ho sentito come un malessere, come quando uno ha mal di stomaco", queste le parole rientrando in Vaticano a Santa Marta. Al momento di lasciare l'ospedale, dove lo aveva trascinato suo malgrado una conclamata bronchite, si ferma. Si ferma con una coppia di genitori che hanno perso il figlio nel corso della notte, e prega con loro. Questo è Papa Francesco, la tenerezza di Dio nella normalità dell’umanità sofferente e felice nelle fasi di vite che sconosciute ma tutte degne, tutte profonde, tutte da considerare come uniche e irripetibili. E mentre Bergoglio rendeva ancora una volta la testimonianza della speranza che il Vangelo di Gesù dona al mondo, i suoi avversari, o gli osservatori in vena di scenari e conclavi anticipati ne cantavano già il de profundis, quasi fosse una liberazione per loro o un modo di ridefinire un papato o una chiesa come se si trattasse di un Regno o uno Stato.

Spettacolo incolore e opaco, avvilente e sconcertante, di un mondo, quello della comunicazione e della informazione, che troppo spesso dimentica la sua funzione di racconto della verità dei fatti e del valore della vita in tutte le sue dimensioni. Spettacolo malevolo nella sua latente ipocrisia, nel suo dire e non dire, nello stare a metà strada, pronti ad una giravolta o a una veronica, in attesa degli eventi. Perché sempre del Papa si tratta... Eppure Francesco non ha mai fatto mistero dei suoi acciacchi, tranne che nel 2021, per un intervento alla cataratta e poi uno al colon. Nel corso della sua vita Bergoglio ha avuto qualche problema di salute, la più grave l'operazione al polmone subita da ragazzo. Con l'età tutto diventa più difficile soprattutto per un Papa. Per Bergoglio una forte sciatalgia e poi una gonalgia che lo hanno costretto a muoversi in sedia a rotelle o con l'aiuto di un bastone. Tutto alla luce del sole, nella dimensione di quel dolore espresso da Giovanni Paolo II, Karol Wojtyla, negli anni duri della malattia e nel momento drammatico del suo attentato il 13 maggio del 1981. Ma un dolore vissuto nella dimensione della condivisione e del sentirci figlio e fratello, compagni di viaggio di una umanità ferita che intorno a lui si è ancora una volta stretta, osservandone però la solitudine rispetto al contesto della istituzione e di chiacchiere e invidie, molto umani, ma decisamente poco cristiani.

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