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La Porta di Vetro

Festival dell'Accoglienza. La tragedia di Cutro vista con gli occhi di Mimmo Calopresti

Stasera alle 20, nella sala del Cinema Romano di Torino (piazza Castello) il Festival dell'Accoglienza 2024, promosso dalla Pastorale Migranti, ospita il regista Mimmo Calopresti, presente alla proiezione del suo docufilm "Cutro, Calabria, Italia". La pellicola è uno sferzante atto di accusa verso le politiche migratorie che continuano a far moltiplicare drammi e tragedie nel Mediterraneo, fossa comune di speranze e d'illusioni.

Il Mare nostrum è diventato così anche l'emblema del cinismo e della spregiudicatezza con cui l'Occidente attua i respingimenti di disperati e diseredati, lucrando e tenendo aperta lo spauracchio della questione sicurezza da spendersi a ogni campagna elettorale, mentre produce con il suo colonialismo di ritorno guerre e sfruttamento nelle più ricche regioni del continente africano, alimentando l'esodo e la migrazione di persone che cercano di sfuggire alla fame e alla morte certe.

Una fotografia cruda, documentata e denunciata dagli organi di stampa, dalle chiese, dalle organizzazioni umanitarie, che l'informazione dominante però tiene sotto il livello di guardia, annacqua, distorce, trucca, contando in fondo sull'egoismo e sull'ipocrisia della natura umana che sa sempre come far quadrare straordinariamente bene i conti della propria coscienza.

"Cutro, Calabria, Italia" è il racconto di ciò che avvenne nella notte tra il 25 e 26 febbraio dello scorso anno. E i fotogrammi di Calopresti fissano quella tragedia, quando il caicco Summer Love, partito da Izmir, in Turchia, con oltre 180 persone a bordo, si schiantò contro una secca tra le alte onde della tempesta e naufragò davanti alla spiaggia di Steccato di Cutro, in provincia di Crotone: persero la vita 94 migranti, tra cui 34 minori. Imprecisato fu il numero dei dispersi.

Secondo i rapporti ufficiali 34 vittime sono uomini, 26 sono donne e 34 minori; di questi 21 sono maschi e 13 femmine (31 sotto i 14 anni e 3 sopra i 14 anni). Tra le vittime, Shahida Raza, un'ex giocatrice di hockey su prato pakistana, e la giornalista afgana Torpekai Amarkhel, attivista dei diritti umani per l'Onu.


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