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Stefano E. Rossi

A chi il cerino della destra estrema?

Aggiornamento: 13 lug

di Stefano E. Rossi


In un sistema a trazione maggioritaria, l’Italia voterà sempre metà a destra e metà a sinistra. “Anomalie” trasversali, come il M5S, non hanno vita lunga, perché prima o poi perdono i voti da un lato e devono riposizionarsi scegliendo in base a quello che resta: o stare di qua o di là. Allora, qualcosa non torna nel giudizio complessivo della politica, quando solo uno schieramento scivola verso l’intolleranza e la prevaricazione. C’è sicuramente un primo responsabile dell’oggettiva deriva a destra e, di conseguenza, non può che esserci una fetta dell’arco parlamentare, più dell’altra, che dovrebbe realisticamente farsi carico della sua ricomposizione. E, avendone la forza e la volontà, valutando anche una profonda rivisitazione interna. Benché sia chiaro che non può essere un elettore di sinistra a decidere chi deve votare uno di destra (e viceversa), passano per la mente parecchie domande.

È in crisi l’intero sistema dei partiti e della rappresentanza, come si dice da tempo, perché è percepito distante dal vissuto quotidiano delle persone comuni? Oppure l’esame di coscienza deve impattare essenzialmente su una destra che, addormentata sul facile consenso televisivo, ha ceduto pezzi della sua credibilità, è scesa a patti con l’anti-Stato, ha depotenziato le autorità istituzionali, ha cavalcato i peggiori miti di un passato dittatoriale con il quale, ci accorgiamo, non abbiamo mai fatto bene i conti? È la democrazia che si deve interrogare o dobbiamo pretendere un’assunzione di responsabilità e un cambio di passo deontologico a chi ora, nel centro-destra, è schiacciato nei consensi dall’estremismo?

A tv spenta i nodi, i più nefasti, vengono al pettine. In sintesi, e per concludere, se adesso la destra più votata è quella estrema, la colpa potrebbe essere ricercata esclusivamente all’interno di un’area politica che non è riuscita ad affermare la sua linea più moderata, ad affrontare e risolvere la questione morale, a proporre un modello sociale e culturale credibile? Una risposta, che abbracci tutte le complessità attuali della politica italiana ed il suo retaggio storico, non può rifarsi a ritriti cliché. Il recupero della fiducia degli elettori e l’abbandono della politica che parla alla pancia, a favore di una gestione pubblica stabilmente orientata all’interesse comune, potrebbe, ad esempio, passare da un nuovo patto costituente dei valori democratici inviolabili. 

Ma, in ogni caso, ora la palla sta nel campo del centro-destra e, per evitare che il cerino gli scotti le dita, com’è avvenuto ai conservatori inglesi con la Brexit, e non solo, ha l’onere di rinnovarsi intimamente, senza sperperare il poco tempo che gli rimane prima di toccare il fondo.


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