Vent'anni dopo: Wojtyla, il Papa che amava Cristo e il mondo
- Luca Rolandi
- 3 apr
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di Luca Rolandi

In un mondo che brucia tutto in totale frenesia rischia di passare inosservato un anniversario non marginale nella storia della chiesa e dell’umanità il ventennale della morte di Karol Wojtyla, Papa Giovanni Paolo II. Se riavvolgiamo il nastro della storia e della memoria collettiva, sempre più tiepida e offuscata, e ritorniamo a quei giorni di venti anni fa, ricordiamo nitidamente come tutto il mondo avesse seguito con ansia, trepidazione e in preghiera l’agonia del Papa polacco. Tutto si era bloccato per giorni. Truppe televisive da tutto il mondo incollate alla finestra dei palazzi apostolici, i giovani e gli adulti in preghiera in una piazza San Pietro gremita con la Basilica tutta esaurita. I palinsesti televisivi stravolti, il campionato di calcio sospeso, le priorità rimandate a dopo ciò che sarebbe dovuto accadere. Poi nella notte tra il 2 e il 3 di aprile l’annuncio del cardinale Comastri e poi giorni e giorni di lutto, una fiumana di donne e uomini di tutto il mondo in pellegrinaggio per rendere omaggio al Papa della speranza e funerali che a stento Roma riuscì a contenere.
Di tutto questo cosa rimane? Intanto storicamente si deve ripercorrere uno dei pontificati più lunghi della storia perché dal 22 ottobre 1978 al 2 aprile 2005 sono trascorsi ventisette anni, un tempo brevissimo nel computo e nella visione religiosa, lunghissimo per ciò che hanno rappresentato quei passaggi storici. Karol Wojtyla da Katowiche, leva 1920, era un cattolico polacco cresciuto negli anni bui della Seconda guerra mondiale, dei totalitarismi di destra e di sinistra, in un tempo di abominio dell’umano e di conquiste inattese e straordinarie nel campo della libertà, della democrazia, dei diritti e dell’emancipazione. Dentro a quel cattolicesimo devoto, ma anche sociale nella chiesa dei martiri contro il nazismo prima e lo stalinismo poi, don Karol aveva maturato un coraggio e una forza nella fede e nell’uomo uniti da una vena poetica e artistica, azione e pensiero, preghiera e convivialità.
Da cardinale lo sguardo alla Sindone
Dentro la temperie del mondo diviso in blocchi contrapporti Wojtyla lottava nella parte del Patto di Varsavia con le “armi della fede” con l’aiuto della sua comunità di grandi uomini come l’arcivescovo e cardinale Stefan Wyszyński, il leader sindacale di Solidarnosc Lech Walesa e politici illuminati come Tadeusz Mazowiecki e Bronislaw Geremek. Il giovane Karol per un certo periodo lavorò come operaio, venendo così a contatto con i problemi del mondo del lavoro. Scrisse poesie e opere teatrali e recitò come attore. Fu ordinato sacerdote nel 1946 e insegnò per alcuni anni filosofia morale. Nominato arcivescovo di Cracovia (1964) e poi creato cardinale (1967), partecipò al Concilio Vaticano II, interessandosi soprattutto al tema della libertà religiosa, che incontrava molti ostacoli nei regimi comunisti dell'Est europeo. Il suo nome inizia a essere noto non solo nell’ambito nazionale e emerge negli anni Settanta tra i giovani cardinali.
Il cardinale Karol Wojtyla passa da Torino in visita alla Sindone prima che il 26 agosto in Conclave venga eletto papa Luciani Giovanni Paolo I. Poi dopo 33 giorni la morte improvvisa e il 22 ottobre 1978 il cardinale Pericle Felici pronuncia quel nome che ai più fa pensare ad un africano, ma è europeo, 500 anni dopo l’olandese Adriano VI, e il suo nome è Karol Wojtila, Giovanni Paolo II in onore del suo predecessore e dei due giganti del Concilio Vaticano II, Roncalli e Montini (nella foto Paolo VI ordina cardinale Karol Wojtyla).

Papa straniero, chiesa universale, Giovanni Paolo II è innamorato di Gesù Cristo, “considerava il mistero dell’Incarnazione come il centro della storia universale”, tanto da esclamare, nella prima omelia del pontificato: “Spalancate le porte a Cristo!... Solo Cristo sa che cosa è nell’uomo”. E questa era la solida convinzione gli permetteva di rivolgersi non solo ai fedeli cattolici, ma anche ai popoli e ai governanti, “perché fossero consapevoli delle loro responsabilità per la difesa della giustizia, della dignità delle persone umane, della pace”.
Ad Assisi sulla tomba di Francesco
Ventisette anni lunghissimi, i primi in piena salute, in viaggio in ogni angolo della terra, tra contraddizioni e paradossi, quelli del cristiano che è nel mondo ma non è del mondo. Le grandi encicliche, i molti santi noti e anonimi portati agli altari, non senza polemiche e critiche. La difesa dei conservatori e gli attacchi dei progressisti, che a loro volta furono in più occasioni spiazzati dall’imprevedibile Papa polacco. La battaglia per la libertà, la caduta del Muro di Berlino, la richiesta di perdono per lo schiavismo, il ruolo della donna tra le luci, poi le cadute con la critica profondissima alla teologia della liberazione di Gutierrez e Boff, passando per Puebla 1979. Le giornate mondiali dei Giovani, le difficoltà degli ultimi anni con la macchia della pedofilia, gli scandali finanziari in Vaticano e nel mondo. Un gigante della fede in un mondo pieno di conflitti interiori ed esteriori, Giovanni Paolo II sfidando i tradizionalisti più agguerriti proseguì il dialogo ecumenico e quello interreligioso partendo dal primo grande raduno di Assisi del 1986, sulla tomba di Francesco, il messaggero di pace per conto di Gesù e sulle orme del Vangelo.
Un papato combattuto e osannato, lodato e avversato, la pistola di Mehmet Ali Ağca del 13 maggio 1981 che avrebbe potuto mettere la parola fine alla vita del futuro santo, il segreto di Fatima e la devozione mariana con l’apoteosi del ritorno in Polonia in adorazione della Madonna nera di Czestochowa nei viaggi apostolici. Africa, Asia, Stati Uniti, tutto l’Europa, solo Russia e Cina non riuscì a toccare. La croce sulla quale si sorreggeva e gli abbracci e le lacrime con gli ultimi della Terra. Il vento che apre e sfoglia il Vangelo posto sulla sua bara il giorno dei solenni funerali con le lacrime di tutti e il pianto dirotto dei fratelli e sorelle polacchi. Enigma Wojtyla fu scritto da molti. “Santo subito” gridarono al suo commiato da questa terra. E beato e santo fu fatto dalla chiesa in tempo record. La storia si fa con i documenti e nel tempo e quello segnato da Giovanni Paolo II tra luci e ombre rimarrà indelebile agli occhi del mondo, anche se don Karol desiderava solo, negli ultimi anni, vedere quella luce che aveva testimoniato nella sua lunga e appassionata esistenza.
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