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Pasqua tra mistero e abisso

Aggiornamento: 23 nov 2023

di Luca Rolandi


È una Pasqua strana ed eccezionale insieme quella del 2020. Per i credenti e i non credenti. La pandemia riporta la coscienza di ognuno ad una introspezione profondissima, dolorosa, misteriosa, ma anche ad un senso di liberazione e di affidamento a Dio, al mondo. Non siamo in guerra, non siamo negli ultimi giorni dell’apocalisse, siamo in cura e in battaglia, senza armi e senza odio, contro un virus, una malattia, un male naturale che ci colpisce, fa ammalare e uccide. L’umanità riemerge nella sua fragilità e nella sua dimensione di finitudine con una reazione coraggiosa, saggia e fraterna, quando viene colpita al cuore. O fa così oppure perisce. E nella sua nudità assoluta, togliendo tutte le maschere, le strutture, le impalcature culturali che pure fanno l’uomo, trova nell’ultima chiamata l’abisso del nulla o l’approdo alla salvezza. La Pasqua cristiana dunque è questo ed è ciò che porta a “rendere ragione della propria fede”, secondo San Paolo, perché passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, è la Parola finale di un mistero, la vita. E allora la Via Crucis di Papa Francesco, nella piazza San Pietro vuota, con i soli fedeli che attraversano il deserto delle angosce dell’umanità ferita, attraverso le 14 stazioni, la contemplazione della Sindone nel Duomo di San Giovanni a Torino dell’Arcivescovo Cesare Nosiglia, di fronte al telo dell’Uomo dei dolori, le tante preghiere solitarie e disperate, l’umanità e la spiritualità religiosa e laica dei tanti medici che salutano i moribondi, o i becchini in tuta bianca che ricoprono con la terra le casse dei dimenticati di New York sono segni, immagini, impronte dell’umano che raccontano come il confine tra vita e morte, realtà e mistero, l’essere e il nulla, sole e abisso siano impalpabili e fragili. Per la Pasqua cristiana il messaggio sconvolgente rimane la risposta inattesa e assoluta del Vangelo a “Chi cercate donne quaggiù? Quello che era morto non è qui”. Un messaggio che rimbomba nel tempo sospeso, nel silenzio rotto dalla ambulanze nel sorriso di una vita salvata. Liberazione, salvezza, vita eterna, ne parlano solo i teologi, la indagano i filosofi? E della vita, quale vita, fragile, unica, brevissima e lunghissima la studiano la scienza medica e fisica? Siamo solo un impasto biologico o c’è qualcosa di oltre? Un’aspirazione, una nostalgia di infinito, religioso, cristiano o di altra fede, che ci precede e ci segue? Tutte queste domande tornano, pesanti e vere, come il sole che splende. Ci eravamo allontanati da tutto ciò, pensando ad un passaggio naturale di stagioni, tempi, maturazioni, senza provare a farne più i conti prima, quando si era in salute e con la mente lucida. Non siamo più usciti dal nostro immanente, dal presente fugace e futile di cui, spesso, fortunatamente non sempre, caratterizzano le nostre vite, dalle certezze materiale, ma anche dai sogni e dagli ideali. Dove andiamo a Pasqua? Da nessuna parte, restiamo in noi stessi, cerchiamo di stringere le relazioni più prossime, proviamo a costruire legami di amore, meditiamo, anche solo una volta come i monaci tibetani, sufi o cristiani, sul senso della vita, la nostra e quella dell’altro. Un amico, Claudio Torrero, mi ha inviato un messaggio di don Luigi Berzano che parla di Pasqua secondo il verbo ebraico pèsach, passaggio, mettersi in cammino, ricominciare; del popolo d’Israele che esce dalla schiavitù in Egitto e per affidarsi oltre la vita mortale all’abbraccio con il Risorto. Ma tutto è dentro il cammino, nel passaggio nel deserto e nel buio per giungere alla luce. Adamo dove sei? Uomo dove sei? Oggi come ieri, nei passaggi più tragici della storia dell’umanità che scorre e si sedimenta come un processo mai lineare, ci ricorda il nostro impegno di donne e uomini. La Pasqua è dunque un dono per tutti per coloro che credono, che contemplano il mistero e la speranza oltre ogni speranza della resurrezione di Cristo, primizia di coloro che sono morti e muoiono, e per coloro che sono in ricerca o credono nell’uomo e nella sua più piena dignità. Tutti sono compresi, nessuno è escluso, tutti camminano per diventare tutti insieme più umani e fraterni.


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