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L’Educatore sociale al microscopio

di Amelia Andreasi


E' partito il conto alla rovescia per l'Agorà delle Educatrici e degli Educatori promossa da Animazione Sociale che per tre giorni, da giovedì 25 a sabato 27 maggio, discuterà sulle prospettive della professione presso la Sala del cinema Massimo di Torino. L'Agorà partirà con una plenaria collettiva per poi dividersi in tre "piazze" dove confrontarsi su questioni specifiche.


Ad ogni alluvione, ad ogni terremoto o altro evento naturale riscopriamo il senso del termine “comunità”.

Come sempre anche in quest’ultima devastante alluvione che ha colpito le terre romagnole è l’enorme partecipazione di giovani e meno giovani al lavoro di ripristino, di riparazione, di ricostruzione, di sostegno, che abbiamo visto in azione in modo immediato e spontaneo, a commuovere gli animi. Ma questo afflato che spinge anche questa volta le persone alla solidarietà e che documenta il legame tra i membri di una comunità non nasce nel momento in cui si esprime né è dato una volta sempre. Ha bisogno a monte di un contesto culturale e sociale in grado di creare le condizioni perché questo senso “del noi” possa affermarsi e vivere.


Il confronto dal 25 al 27 maggio al cinema Massimo di Torino

Arrivando da decenni di dismissione culturale dei temi dei diritti e delle politiche di welfare, di enfatizzazione dell’individualità libera da vincoli ed onnipotente, di incremento delle ingiustizie sociali, la corsa di questi giorni “a dare una mano” quasi sorprende e porta a pensare che coltivare quel senso di appartenenza alla collettività, quel legame sociale che consente a ciascuno e ciascuna di sentirsi parte è ancora possibile nonostante le devastazioni neoliberiste.

La rivista Animazione Sociale promuove in questi giorni a Torino una discussione a carattere nazionale proprio sul tema del lavoro educativo che sembra ben interpretare la necessità di “rammendare le nostre comunità” come scrive Marco Rossi Doria, chiamando tutti ad un’opera di sutura delle fratture prodotte dalle disuguaglianze.

Gli educatori sociali sono coloro che, dagli anni ’50, attraverso specifica preparazione mettono in gioco esperienza, autoformazione, cooperazione e capacità progettuale al servizio di una visione di società che persegua il proprio sviluppo senza lasciar fuori dal proprio orizzonte troppi suoi cittadini, prestando loro ascolto, chiamandoli in causa.


Una professione cruciale per lo sviluppo della società

La norma giuridica colloca oggi la professione dell’educatore tra le professioni tecniche della riabilitazione ma la sua storia e la sua funzione sociale, quotidianamente sviluppata al fianco delle più diverse fragilità ed esclusioni nelle molte periferie, non solo fisiche, del nostro Paese, la racconta come professione ben più complessa e cruciale per lo sviluppo delle nostre comunità. Sono i professionisti della vicinanza, dentro ad un movimento costante teso ad accorciare le distanze verso il prossimo con la forza del dialogo tra diversi, dello sconfinamento tra situazioni, approcci e convinzioni. La loro è la delicata e faticosa arte di costruire consonanze, un’arte difficile perché richiede attenzione a salvaguardare tutti gli spazi, quelli interni di ognuno, quelli necessari alle relazioni umane e quelle proprie dei contesti nei quali queste vivono, compresi quelli istituzionali e politici.

Di fronte alle derive in atto da tempo che trasformano le persone differenti in categorie privandole di umanità, che propongono un’idea di comunità che non prevede differenti o cura per chi resta indietro, che considerano le politiche sociali come politiche deboli perché finalizzate solo ai deboli e non come pre-condizione per il benessere di tutti e tutte, il valore del lavoro educativo professionale risulta evidente in tutta la sua necessità sociale.

La tre giorni di Animazione Sociale ha l’occasione di renderlo altrettanto chiaro alle istituzioni, alla politica e ai decisori che in questi mesi hanno ancora l’occasione di dare un’anima al PNRR o a quel che ne resterà.

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