"Ex Ilva: solo una lenta agonia se il governo non si muove"
Aggiornamento: 24 lug
Sono sei le imprese, di cui due italiane, due indiane, una ucraina e una canadese, secondo quanto riportato dall'agenzai Ansa, interessate al rilancio delle Acciaierie ex Ilva. La conferma arriva dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Freddezza tra i sindacati che rifiutano la logica dello "spezzatino" dell'azienda e chiedono garanzia si occupazione e applicazione degli ammortizzatori sociali. L'intervento di Rocco Palombella, Segretario generale Uilm-Uil.
Dopo cinque mesi dall’avvio dell’Amministrazione straordinaria oggi stiamo parlando di un piano di discesa e non di risalita, con il raddoppio della cassa integrazione e una produzione minima con un solo altoforno. Nel progetto illustrato dal Governo e dai Commissari non vediamo garanzie, non ci sono certezze per i lavoratori né una prospettiva industriale solida. Si parla di una produzione a sei milioni tra non meno di un anno e mezzo, con i tre altoforni a fine vita, non ci sono scadenze precise sull’avvio della decarbonizzazione, sulla costruzione dei forni elettrici e dell’impianto di pre-ridotto. Stiamo parlando di una lenta e inesorabile agonia che, purtroppo, il Governo e i Commissari non stanno evitando. Vogliamo parlare di prospettive concrete, di rilancio reale, di sviluppo, di decarbonizzazione, di tutela occupazionale e ambientale e non solo di ammortizzatori sociali. Oggi abbiamo ascoltato solo progetti generici senza alcun impegno vincolante. Se non ci sarà una svolta chiara e immediata il destino è segnato” così Rocco Palombella al termine dell’incontro a Palazzo Chigi.
Cosa mette sul mercato il Governo Meloni? Abbiamo impianti fermi e in condizioni fatiscenti e una richiesta per 5mila lavoratori in cassa integrazione. Quale azienda si farà carico di questo? Nel bando di gara si metteranno delle garanzie anche per i 1.600 in Ilva AS e delle aziende dell’indotto? Per noi sono imprescindibili, come previsto dall’accordo del 2018 che non metteremo in discussione.
Sono dieci anni che si parla di forni elettrici, ma non si parte mai. Abbiamo una gara per il pre-ridotto bloccata da mesi, con fondi disponibili per oltre un miliardo di euro fermi. Ma qual è il progetto per il futuro dell’ex Ilva? Accompagnarla lentamente alla chiusura?.
Fino a oggi, grazie alla lotta dei lavoratori, abbiamo evitato una chiusura imminente degli stabilimenti. Quello che ci hanno detto oggi, 24 luglio, il Governo e i Commissari non ci tranquillizza, perché non abbiamo ottenuto garanzie. Di fatto siamo tornati indietro al 2017, al bando di gara, con la differenza che all'epoca gli impianti funzionavano.
Venerdì 12 luglio, l'approvazione da parte della Commissione europea del prestito ponte di 320 milioni di euro aveva creato, com'era prevedibile, aspettative più giustificate su una ferma iniziativa del governo, Non a caso, avevamo sottolineato la convinzione che dall'incontro con l'esecutivo sarebbe derivato un piano industriale e di ripartenza, perché i 320 milioni di euro, come più volte ribadito, non sono sufficienti per il rilancio della produzione, il riavvio degli impianti e il ritorno a lavoro di tutti i lavoratori. Una posizione condivisa anche dalle istituzioni locali con stabilimenti ex Ilva, per esempio il Piemonte, sul proprio territorio. Purtroppo, non è andata così e l'incontro ha dato spazio all'ennesima delusione. Quel che è certo è che non ci siamo arresi nel passato e non ci arrenderemo nemmeno questa volta.
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