Lotteria degli scontrini: odissea della “Not@FiscalPaulista” made in Italy
di Anna Paschero |
Non è stato il defunto governo giallo verde a inventare il cashback e la lotteria degli scontrini, né tantomeno la Lega Nord e Fratelli d’Italia, che ne stanno boicottando l’applicazione, non immune da problemi di ordine tecnico, da parte dell’attuale governo. L’idea ha origini più lontane nel tempo e nello spazio.
Nell’ottobre 2007 il Tax Citizenship Program del Governo dello Stato di San Paolo (Brasile), al fine di ridurre la forte evasione della ICMS (imposta analoga alla nostra IVA), varò la “Not@FiscalPaulista”. Si tratta di un programma in cui il cittadino, una volta registratosi e comunicato il proprio codice fiscale all’atto dell’acquisto di beni, riceve fino al 30% dell’imposta dovuta dall’esercente. Una sorta di “third – party reporting” che rende meccanicamente difficile l’evasione. In altri termini: se ogni transazione che genera reddito imponibile venisse riportata al fisco non da chi deve pagarci le imposte, ma dalla controparte che non deve farlo, l’incentivo a dichiarare il falso sarebbe sostanzialmente ridotto.
La somma accreditata può essere usata dal contribuente in compensazione delle proprie imposte o bonificata direttamente sul suo conto corrente. Gli esercenti hanno l’obbligo di aderire al programma, che invece resta una facoltà per i cittadini. Il tutto è gestito via web con un software fornito gratuitamente dalla Secretaria da Fazenda (Ministero Finanze) del governo dello Stato di San Paolo (nella foto, uno scorcio della capitale San Paolo del Brasile). E il consumatore non ha nessun obbligo di conservazione di documenti fiscali emessi nei suoi confronti, che saranno inviati dall’esercente e accessibili on-line in ogni momento. Infatti, per accumulare il credito il consumatore deve solo comunicare il suo codice fiscale al momento dell’acquisto, previa registrazione (online in pochi minuti, utilizzando l’app da scaricare da Google play) che serve unicamente a consultare il credito accumulato e utilizzarlo. Ultimo, ma non meno importante, il consumatore può anche donare il proprio credito o parte di esso ad enti di assistenza sociale, salute, istruzione, difesa e cultura, se lo desidera. È una sua decisione personale ed esclusiva.
Il programma prevede un ulteriore incentivo che si affianca alla restituzione di parte dell’imposta incassata: la distribuzione di premi sorteggiati tra i contribuenti registrati, che oggi sono 21,1 milioni su una popolazione di 41,1 milioni di abitanti. Dal suo inizio ad oggi il programma ha processato 79,2 miliardi di documenti fiscali e ha restituito 16,7 miliardi di imposta (in REAIS$ valuta locale), di cui 14,9 miliardi in crediti e 1,8 miliardi in premi nelle 145 estrazioni già effettuate. Circa l’1,20 per cento del gettito complessivo dell’imposta riscosso dal 2008 al 2019. La 146esima estrazione avverrà il 15 gennaio prossimo. L’effetto combinato degli incentivi previsti dal programma ha portato ad un incremento del gettito, nel primo triennio di applicazione, del 23,3% con punte di oltre il 40% nei settori più a rischio. Si comprenderà facilmente che si è di fronte ad un incremento notevole se si considera che anche il Brasile ha sofferto, seppur meno di altri Paesi, per la crisi economica esplosa nel 2008. Al cambio attuale il beneficio netto per le casse dello Stato è stato pari a circa 3 miliardi di Euro. Per la cronaca, il confronto con lo Stato paulista non è peregrino, poiché esso ha un’estensione territoriale quasi pari all’Italia con una popolazione di 45 milioni di abitanti, contro i nostri 60 milioni, che genera un PIL di 350 miliardi di Euro, contro i 1800 (2019) del nostro Paese, il che si è tradotto in un gettito aggiuntivo dello 0,1% del ricchezza interna. Si è così calcolato che in Italia un sistema analogo può raccogliere un gettito aggiuntivo (al netto di rimborsi e premi) di circa 1,6 miliardi di Euro.
Il modello brasiliano ha trasformato radicalmente il rapporto fisco-cittadino creando un controllo capillare esercitato da 21 milioni di cittadini volontari, che si applica, ogni giorno, in milioni di transazioni. Del resto, se in un Paese si evade poco non è perché non si vuole evadere a causa di una speciale moralità, ma perché è più difficile farlo. E il motivo per cui è più difficile deriva dal fatto che la vasta maggioranza dei contribuenti è soggetta a un regime per cui il reddito tassabile di Tizio non è dichiarato al fisco direttamente dallo stesso, ma da Caio; quello che nel nostro Paese si chiama regime del “sostituto d’imposta” che vige solo per i lavoratori dipendenti e per i pensionati. Sembra tuttavia che in Italia, l’ampliamento del regime del “sostituto d’imposta” rispetto allo stato attuale sia cosa difficile da realizzare, viste le resistenze che incontra l’applicazione del modello all’italiana della Not@FiscalPaulista, non solo per ragioni tecniche, ma anche per la condiscendenza del governo che da tre anni sta rinviandone l’applicazione. Ciò dimostra che combattere l’evasione fiscale non è un’operazione impossibile, ma si può fare, solo se si vuole fare.
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