Il taccuino politico della settimana: da Sanremo un messaggio anche alla politica
a cura di Claudio Artusi|
Mi permetto un accostamento ardito fra i due grandi eventi che hanno caratterizzato la settimana: il Festival di San Remo e la rielezione dell’on. Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica. Vi è stato un “incontro ravvicinato del terzo tipo” che si è manifestato con la standing ovation del teatro Ariston in occasione del giuramento del Presidente e la telefonata, pare commossa, di ringraziamento e di apprezzamento fatta dallo stesso presidente ai conduttori del Festival. Mi sono chiesto e mi chiedo di quali valori è specchio il Paese che si identifica con queste manifestazioni.
E lo faccio senza la spocchia di chi in nome della sacralità delle istituzioni si scandalizza che queste siano contaminate dalle canzonette.
Non ho visto il Festival e non ne sono un cultore, ma la straordinaria copertura mediatica mi ha fornito diversi elementi.
Sembrerebbe che l’Italia abbia superato antiche fratture fra vecchi nostalgici e giovani avanguardie: vedere Orietta Berti e Mahmood, Iva Zanicchi e Drusilla, pur nell’abisso delle loro diversità, coesistere e, per certi versi, accettarsi, è un segno di una ricomposizione pacificata degli ultimi sessant’anni, che non riguarda solo la musica, ma i costumi. Può piacere o no, ma a Sanremo si è manifestata una forma di rispetto fra un passato ed un futuro, dimostrando che si può vivere la contemporaneità senza disprezzare la tradizione, che competere non equivale necessariamente a combattere.
Di qui l’accostamento ardito di cui sopra: vedere che questo clima del festival ha cooptato la figura e la storia del presidente Mattarella, fa emergere in tutta la sua meschinità il clima che si è vissuto in Parlamento nei giorni che hanno preceduto la rielezione. Non è forse vero che sarebbe normale considerare chi ha posizioni diverse non un nemico da combattere, ma una opportunità di arricchimento per se stessi e la democrazia?
Di qui una immagine che mi sembra consona a ciò che abbiamo visto: la classica piramide con in punta i leaders rappresentati dai galli manzoniani; in mezzo i grandi elettori schiacciati dagli ordini di scuderia e lanciati in un applauso liberatorio al momento della rielezione; alla base le persone, il Paese, rappresentato per l’occasione dal 56% di share della manifestazione canora alla sua settantaduesima edizione.
È chiaro che è una iperbole, che però dà un’idea della volontà più profonda della nostra comunità: assumersi la responsabilità di scegliere direttamente i propri governanti, indirizzarli e stimolarli con continuità per operare per il bene comune, valutarli per il loro operato e la loro coerenza. Ci proviamo? Abbiamo un anno davanti a noi!
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