Scuola: evitiamo che il Decreto sostegno bis diventi un’occasione mancata
di Teresa Olivieri |
La scuola italiana si appresta alle sue ennesime fatiche di Sisifo. Il richiamo alla mitologia greca non deve apparire un furbo escamotage per denunciare i vuoti di organici che si prospettano di qui al prossimo 1° settembre, quando le scuole dovrebbero riaprire con tutti gli insegnanti al loro posto. Ma tutti noi, allievi, famiglie, corpo docente, amministratori pubblici e sindacalisti sappiamo che tali propositi saranno puntualmente disattesi. E non è necessario riandare indietro nel tempo di decenni, usare il passato remoto.
È sufficiente confrontarsi con il passato prossimo: le cattedre dell’attuale anno scolastico in alcune scuole sono state coperte solo in pieno inverno. Un risultato avvilente, anche in tempo di Covid-19. E non è finita. Perché se qualcuno crede di tirare un sospiro di sollievo, a breve sarà costretto a ritornare in apnea: il 1° settembre, infatti, ai precedenti vuoti di organico, colmati con le supplenze annuali, temporanee e in molti casi occasionalmente casuali, non lo si dimentichi, si dovrà aggiungere l’abbandono di circa 4 mila posti di insegnanti prossimi alla pensione. Per non parlare del sostegno agli alunni disabili che solo nella provincia di Torino necessita di almeno 7000 insegnanti.
Chi e come sarà chiamato a sostituirli? Domanda tutt’altro che retorica se si dà uno sguardo ai concorsi ordinari inevasi (già decretati in aprile 2019 e banditi nel 2020). Anzi. Il decreto sostegni bis, che avrebbe potuto essere la grande opportunità per dare un segnale, se non il punto zero, almeno per “ricominciare da tre”, perde una grande occasione! Il decreto prevede la stabilizzazione dei “precari storici”, ma solo per gli inseriti in prima fascia della graduatoria che per la provincia di Torino potrebbe riguardare una platea ridicola: qualche decina, a fronte di un enorme bisogno di insegnanti stabili.
Mali antichi dunque che si sono incancreniti, che ruotano attorno alla disomogeneità della scuola italiana rispetto alla distribuzione di numero di precari per aree territoriali (l’eterna vexata quaestio nord e sud: al nord molti posti vuoti coperti da precari e al sud grandi livelli di disoccupazione, graduatorie esaurite, insegnanti di ruolo che chiedono legittimamente di ritornare alle loro regioni di origine). La soluzione? Non è nel decreto sostegni bis, cui manca soprattutto la cultura della prospettiva per la scuola, che ha bisogno di certezze e non dell’ennesimo “taccone” che la farà precipitare ancora nel vortice di un precariato nel precariato: un sistema contrario ai principi costituzionali.
Che fare? La soluzione passa da un doppio canale di reclutamento: da una parte i concorsi ordinari e dall’altra assunzione da graduatoria ma considerando anche la seconda fascia con il vincolo del servizio triennale. Per quest’ultimi si agisca seriamente sul pedale della formazione con periodo di prova in coincidenza al servizio di incarico annuale, al termine del quale vengano seriamente valutati e confermati in ruolo in caso di esito positivo. Infine, ma non meno importante: tutti i patti, gli accordi, i decreti e le leggi prospettano concorsi da bandire e svolgersi regolarmente (ogni anno o ogni due anni). La storia ci dice che ogni concorso richiede almeno tre anni per lo svolgimento più almeno due dal decreto: quando si fanno in fretta!
Semplificare e formare è necessario, altrimenti in classe per anni ci saranno gli stessi insegnanti precari, saltuari e mai formati per “essere insegnante”.
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