Mes: vittoria del Governo. Perde solo il populismo
di Daniele Viotti |
Settimane fa scrivevo che il “no” di Conte al MES non aveva nulla di ideologico, ma era uno dei punti della sua strategia.
Un pezzo della partita si è giocata su un doppio e speculare trucchetto tattico. L’Italia diceva “prima vogliamo vedere il pacchetto completo e poi scegliere quel che ci serve” e i frugali rispondevano: “se non prendete il MES a queste condizioni vuol dire che non avete bisogno di soldi”. Ed è andata proprio così. Oggi abbiamo Lo scenario completo e i governi nazionali sanno su che basi muoversi.
Ma come è andata alla fine? Beh, sapete quando dicono “alla fine hanno vinto tutti”, “il bicchiere è sempre mezzo pieno o mezzo vuoto…” Beh, stavolta no. Il bicchiere è quasi colmo e non hanno vinto tutti. Ha vinto un’idea di Europa su un’altra. Ha vinto, deve ammetterlo, anche chi non sostiene questo Governo, l’idea soprattutto di Giuseppe Conte, di Enzo Amendola e di Roberto Gualtieri di fare un lavoro certosino per convincere prima Germania e Francia e poi con il loro aiuto portare la stragrande parte degli Stati Membri sulla proposta italiana di un enorme piano di investimenti.
I dettagli sono già sui giornali e li analizzeremo quando potremo leggere il documento finale, ma la sostanza è che in pochi mesi – e normalmente i tempi dell’Europa sono pachidermici – le istituzioni tutte hanno approvato nell’ordine: 100 miliardi di euro per SURE, a garanzia della cassa integrazione, 240 miliardi sul cosiddetto MES sanitario, 200 miliardi di garanzie BEI, 1350 miliardi di acquisti di titoli di stato da BCE e ora 750 miliardi di “new fresh money” da parte di Commissione, Consiglio e Parlamento. Cifre e investimenti mai visti. Ma d’altronde non si era mai vista una crisi di questa portata. Quindi tutto bene? No, c’è ancora quella parte di bicchiere che è ancora vuota.
Il famoso “freno a mano”, che a tutti i costi il premier olandese Rutte voleva per dare un potere di veto a ogni singolo paese sul percorso di riforme dei beneficiari, è stato inserito, anche se leggermente attenuato. I “rebate”, le restituzioni che vengono assegnate ad alcuni paesi rimangono nonostante l’opposizione del Parlamento Europeo. Il prossimo bilancio pluriennale, dunque, avrà una serie di sforbiciate su temi strategici come ricerca, innovazione e impresa. Quindi a maggior ragione si tratterà di usare al meglio i fondi che arriveranno e che saranno moltissimi in termini di sussidi, di prestiti e di garanzie della BCE.
Si apre una sfida, come si usa dire in queste situazioni. Ma le sfide sono per loro natura eccitanti.
Due riflessioni conclusive. Anzitutto un plauso al Parlamento Europeo e al suo Presidente David Sassoli che non ha mai fatto mancare la sua voce, anche nelle ore cruciali e finali della trattativa. E una parola sul vero sconfitto: Matteo Salvini. Come sempre Salvini ha provato a fare l’all in puntando tutto sul fallimento per l’Italia. Ha persino dichiarato che Conte si presentava a Bruxelles con il cappello in mano. Un altro assist per chi gli sta erodendo consensi su consensi, cioè la sua “alleata” Giorgia Meloni. Avvertita dal fatto che l’Italia poteva strappare un buon accordo, la leader di Fratelli d’Italia ha scritto con senso tattico: “prima la Nazione della fazione”. Ma Salvini no: lui ha scommesso e ha perso.
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