Festeggiare la Liberazione con il fascismo che è in mezzo a noi
- Marco Travaglini
- 6 giorni fa
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Aggiornamento: 6 giorni fa
di Marco Travaglini

“Il mondo saprà dare giusto valore alle nostre azioni?” “Una volta tornati alla normalità, sapremo adattarci alla vita, a un mondo fatto di menzogne e ipocrisie oppure saremo degli spostati?”. Queste domande hanno tormentato a lungo la partigiana Marisa Sacco, unica donna a far parte della III divisione Giustizia e Libertà nelle Langhe, al comando di Giorgio Agosti. Nella lotta partigiana aveva visto morire Romolo, il suo amore di gioventù. Un ragazzo come lei entrato in banda, catturato a seguito di un’imboscata e ucciso dai fascisti il 4 novembre 1944 a pochi chilometri da Pinerolo, con un colpo di pistola in bocca. “Ogni tanto la notte sogno che sono in un bosco e smuovo le foglie d’autunno e non voglio vedere i morti che ci sono sotto. Io ero dalla parte sbagliata perché ero ancora viva, io che avrei continuato tutta la vita a cercarli sotto le foglie cadute dagli alberi, che non sarei mai più riuscita a ricordarli con i loro visi”.
Queste parole chiudono Processo alla Resistenza, un libro di Michela Ponzani dedicato a un tema complesso e più che mai attuale: l’eredità della Resistenza nella storia della Repubblica, nella vita di tutti i giorni, nella coscienza democratica di un popolo e di una nazione. Tema decisivo alla vigilia dell'Ottantesimo anniversario della Liberazione, da quel giorno di primavera del 1945 quando i partigiani festeggiarono, dopo venti lunghi mesi di lotta senza quartiere, la liberazione dal nazifascismo. Cos'è rimasto di quel giorno e di quella lotta? Il 25 aprile è la festa della libertà sempre attuale?
Per una fase troppo lunga abbiamo dato per scontato che i valori dell’antifascismo e della Resistenza fossero acquisiti. Ed invece il fascismo è ancora in mezzo a noi. Il razzismo e la violenza abbondano, e insieme a loro chi ne desidera la dittatura, l’ideologia discriminante del nazionalismo estremo e di un populismo sciovinista. Come sostiene lo storico Luciano Canfora, il fascismo non è mai morto. E per altri versi lo ha ribadito anche oggi, 24 aprile, in un suo articolo il politologo Gianfranco Pasquino. Alligna e prospera anche senza camicie nere e busti, che pure conserva. Ma non ne ha alcun bisogno. È già qui. E quindi, a maggior ragione, occorre riprendere in mano il filo della storia e riproporre, nella quotidianità e nel mondo di oggi, significato e valore di una lotta che fu trasversale, coinvolgendo forze che rappresentavano e rappresentano tutti gli italiani. Tranne, appunto, i fascisti, sicuramente tra i principali suggeritori del richiamo a festeggiare la Festa della Liberazione con sobrietà...
La Resistenza fu la scelta consapevole di chi la visse come il momento in cui prevalse l’esigenza di non doversi più vergognare di sé stessi, di riscattare, con quel gesto, venti anni di passività e di ignavia, trasformando l’umiliazione in desiderio di riscatto. Tra le macerie dell’Italia fascista nacque un senso di appartenenza nazionale in cui si era chiamati a testimoniare, come scrisse Eugenio Colorni, “il bisogno di non avere niente da rimproverarti, di essere in pace con la tua coscienza, presentabile di fronte a qualsiasi istanza giudicante”.
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