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L'ira di Israele contro Hamas: "Gaza non sarà più la stessa"

Aggiornamento: 8 ott 2023


Con la minaccia di distruggere la striscia di Gaza, insieme con i miliziani di Hamas (sostenuti dall'Iran), il ministro della Difesa israeliano Yoav Galant (nella foto) sta cercando di arginare a parole ciò che nei fatti si è rivelato il fallimento dei sistemi di sicurezza interni, culminato nel più grave attacco subito da Israele sul proprio territorio. Pesante, infatti, il pedaggio di vite umane che Tel Aviv ha pagato per il massiccio bombardamento di missili cominciato all'alba di sabato 7 ottobre, giorno dello Shabbat, la festa ebraica del riposo, e alle numerose incursioni in più aree del Paese.[1] Il numero delle vittime è salito a 150, mentre si contano oltre 1.100 feriti, una ventina in fin di vita e circa 200 in gravi condizioni. E a una nazione attonita e sgomenta, con il fanatismo degli estremisti di destra che reclama punizioni esemplari per Hamas e i palestinesi, Yoav Galant, ministro della Difesa del governo più a destra della storia di Israele, si ritrova in una situazione oggettivamente difficile e complicata anche sul piano personale, conscio di poter essere considerato il principale responsabile della catastrofe militare o comunque di fungere da capro espiatorio della somma di errori registrati nella catena di comando. Una delle ragioni, è lecito presumere, per cui ha fatto ricorso in queste ore a presunte debolezze del passato (con un governo laburista) con cui mettere anche al riparo l'esecutivo di Netanyahu. Dichiarazioni che promettono soltanto sangue e lacrime per il popolo palestinese: "Quindici anni fa, come capo del comando Sud, sono stato sul punto di distruggere Hamas, ma sono stato fermato dai vertici politici. Questo fenomeno non continuerà. Cambieremo la realtà sul campo a Gaza per i prossimi 50 anni. Ciò che fu prima, non ci sarà più. Opereremo a pieno regime". Gli effetti si sono già visti con i ripetuti attacchi a Gaza dell'IDF, le forze di difesa israeliane, che hanno provocato finora oltre 200 morti.

Per la cronaca, le elezioni del 2009 segnarono il ritorno dell'attuale premier Benjamin Netanyahu.


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