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"L'impegno di Torino per mantenere viva la solidarietà istituzionale"

di Gianna Pentenero*


Dopo l'approvazione del Decreto che ridefinisce il Reddito di Cittadinanza (RdC) con il passaggio al reddito di inclusione[1], i rappresentanti delle istituzioni, in un’ottica di sussidiarietà e competenza - fattori non proprio marginali della politica amministrativa sul piano locale - hanno il dovere di portare avanti le loro attività per salvaguardare in primo luogo quei cittadini, donne e uomini, che oggi denunciano situazioni di estrema difficoltà dopo la sua approvazione. Dunque, sarebbe più che mai opportuno liberarsi tutti quei retropensieri che derivano dall’appartenenza politica per la difesa d'ufficio del governo di turno e studiare le soluzioni migliori e più idonee percorrere a tutela delle persone.


La proficua attività di controllo sul RdC

Del resto, in qualunque caso, sarà necessario attendere i decreti attuativi ed elaborare gli atti di indirizzo prima di procedere a qualsiasi avvio di trasformazione. Peraltro, l'assenza di procedure al momento produce l'unico risultato (negativo) di porre in seria difficoltà alcune migliaia di persone in condizione di fragilità o marginalità.

Vale la pena ricordare che, prima di stravolgere i sistemi di sostegno al reddito al grido di "truffe e malversazioni", sarebbe senz'altro più ragionevole e meno qualunquistico valorizzare, e porre all'attenzione dei cittadini, anche l'attività svolta di controllo e indagine sull'assegnazione del RdC. In proposito, è doveroso riportare alla memoria che la città di Torino, attraverso la polizia locale, a suo tempo effettuò una serie di controlli che portò alla scoperta di assegnazioni illegittime per una somma pari a 6 milioni di euro.

Noi tutti conveniamo che abusi, frodi, imbrogli vadano perseguiti se collegati, e facilitati in un certo qual modo, a interventi di politiche sociali, ma questo non deve equivalere a "gettare il bambino con l'acqua sporca". Al contrario, dovrebbe essere l'occasione per migliore lo strumento perché in nome della solidarietà - la fraternité della Rivoluzione francese - è universalmente riconosciuto l'impegno a sostenere economicamente le fasce più vulnerabili al fine di non aumentare la povertà, peggiorare le condizioni sociali e, ultimo ma non meno importante, scardinare il sistema di welfare. Tant'è, se allarghiamo orizzonti e spazi di confronto e di discussione, in Germania e Spagna, a grandi linee paesi equivalenti per numero di abitanti, il sostegno al reddito è stato introdotto con il precipuo obiettivo di migliorare lo strumento a disposizione e non di deprimerlo.


Rivitalizzare i Centri per l'Impiego

Tornando al merito della questione, dobbiamo far sì che accanto a una politica di sostegno al reddito si accompagni una politica attiva efficace che garantisca occasioni vere di inserimento o reinserimento nel mondo del lavoro per quelle persone e i luoghi per farlo sono i Centri per l'Impiego e la formazione professionale.

Nei Centri per l’Impiego troviamo esperienze importanti, ma la loro riorganizzazione non è ancora completata: è necessario, per esempio, che questi centri dispongano di banche dati efficienti, in grado di dialogare con gli altri sistemi per poter consentire gli abbinamenti impresa-persona, ovvero, mi si passi l'anglicismo, favorire il cosiddetto matching. A oggi, purtroppo, non possiamo contare ancora su una piattaforma tale per svolgere questo compito con un semplice click. Occorre lavorare con intensità maggiore sulla presa in carico, sulle competenze, sulla conoscenza delle necessità delle imprese e sulla capacità di risposte rapide, ma efficaci.

Per quanto concerne i processi formativi, sappiamo che sono utili e preziosi strumenti che nel nostro sistema piemontese trovano un utile supporto ed importanti percorsi. Un po' come se avessimo una tastiera di un pianoforte capace di suonare numerosi tasti quindi maggiori opportunità. Ma possiamo davvero pensare che basti un semplice accompagnamento per i più fragili ritenuti occupabili e 350 euro al mese per consentire un percorso formativo e un inserimento lavorativo, e quindi una trasformazione del proprio contesto di vita?

A costo si aggiungono i percettori di reddito con ISEE compreso tra 6mila e 9.360 euro considerati occupabili, perché con età inferiore ai 60 anni, senza minori o persone con disabilità nel nucleo famigliare, che non avranno più la possibilità di accedere ad un programma di integrazione del reddito. Allora, come può essere ipotizzabile pagare le bollette, l’affitto, in tre parole, "diritto alla sopravvivenza"? È evidente che cercheranno nei servizi sociali e quindi nel Comune della propria città, non certo bussando alle porte del Ministero e della Regione, le risposte che garantiscano di sopravvivere con dignità.


L'effetto degli SMS

Il grido d'allarme lanciato dalla città di Torino nel pomeriggio di giovedì scorso, nell'incontro delle commissioni congiunte "Lavoro e Politiche sociali" presieduto da Pierino Crema, e dopo un confronto con le nostre strutture, ci ha indotti l'assessore Rosatelli ed io a richiedere un incontro urgente con la Regione per affrontare una situazione così complessa. Come detto all’inizio, chi opera nelle istituzioni ha - o dovrebbe avere - come unico obiettivo trovare soluzioni chiare e precise per tutelare le persone più fragili. Il rischio altrimenti, come paventato in questi giorni sui quotidiani dall'ex magistrato Gian Carlo Caselli, è che si rivolgano alle mafie: “Senza gli aiuti ai poveri c’è il welfare dei clan”. Peccato che la campagna elettorale, del tutto legittima, avanzi celere e con essa altrettanto rapidamente i toni alti e argomenti speciosi.

La nostra città, attraverso i servizi sociali ed il settore lavoro, ha cercato un dialogo con i centri per l'impiego, si è preparata già dal mese di giugno ad affrontare la situazione, prendendo in carico centinaia di nuclei familiari e permettendo loro di continuare a prendere il Reddito di cittadinanza fino a dicembre in regime transitorio. Come è noto, a fine luglio, migliaia di persone hanno ricevuto dall’Inps un SMS che comunicava loro la sospensione del RdC, un messaggio che per la forma e i contenuti la stessa Ministra del lavoro e delle politiche sociali Marina Elvira Calderone ha ammesso essere fuorviante, e rivolto a persone che non possono rivolgersi ai servizi per mancanza di requisiti.

A causa di questo comunicato dall'effetto inevitabilmente ambiguo e destabilizzante, centinaia di persone che hanno ricevuto l’SMS, ma che erano prive dei requisiti per accedere ai servizi sociali, si sono rivolte comunque alle strutture della nostra città, vanificando così il lavoro precedente svolto a giugno dai nostri servizi sociali. A fine riflessione, rimane una sola domanda dominante: come risolvere questa emergenza sociale improcrastinabile nel rispetto del valore fondamentale della sussidiarietà istituzionale.



Note


*Assessore alle politiche attive del Lavoro della Città di Torino

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