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Dal reddito di cittadinanza all'assegno di inclusione, Torino aspetta i decreti attuativi

di Vice

Dal primo agosto, giorno di arrivo degli SMS dell'INPS[1], non è l'unica preoccupazione, ma sembra quella più diffusa e stringente tra gli amministratori comunali di Torino: l'assenza, e dunque l'attesa, dei decreti attuativi che definiranno la transizione dal Reddito di Cittadinanza all'assegno di inclusione e all'altro strumento istituito dal governo Meloni, il Supporto per la formazione e il lavoro, rivolto a quei nuclei familiari con una persona che può lavorare, con . E' quanto emerso ieri pomeriggio dalla lunga riunione congiunta a palazzo Civico delle commissioni consiliari 3a (Commercio e Lavoro) e 4a (Politiche sociali) presieduta dal consigliere Pierino Crema, presenti l'assessora al Lavoro Gianna Pentenero e l'assessore alle politiche sociali Jacopo Rosatelli. Una discussione che riprenderà ai primi di settembre coinvolgendo i Consigli di Circoscrizione.

I decreti attuativi, infatti, non sono un dettaglio marginale, ma la bussola d'orientamento con cui il governo dovrà dare concretezza e soprattutto completezza alla sua politica sociale. Una politica che se non saprà coniugare nel suo cammino i suoi due elementi prioritari - lavoro e assistenza sociale - diventerà monca, esattamente come lo è diventato il Reddito di Cittadinanza, al di là delle opinioni ideologiche, con l'introduzione dei Navigator.

Ma c'è una differenza sostanziale rispetto al passato che preoccupa gli amministratori pubblici: un eventuale fallimento si scaricherà sui Comuni che dall'intervento dello Stato con il REI (Reddito di inclusione del 2018, che sostituiva il SIA, sostegno per l'inclusione attiva) al Decreto legge del 28 gennaio 2019 del governo Conte I hanno dirottato una parte consistente delle loro risorse finanziarie dal sociale ad altri voci settoriali.


Il rischio "bomba sociale"

Di qui, la necessità di coordinare l'intervento locale con la Regione Piemonte e di incrociare i dati con l'Inps con lo sguardo rivolto alla scadenza del 1° settembre, termine entro il quale si dovrà rendere operativa, come ha spiegato ieri la ministra del Lavoro e della Politiche sociali Marina Elvira Calderone, la piattaforma Siisl che schiude la possibilità di richiedere l'assegno di inclusione. Comunque, si tratta di un'operazione che non potrà andare in automatico, perché pretenderà dagli uffici comunali una corsa a cronometro per dare ad un tempo risposte agli utenti mentre si smantella la precedente piattaforma per fare spazio alla nuova...

Dunque, ritardi nell'attuazione e nella predisposizione dei nuovi strumenti statali potrebbero rivelarsi una "bomba sociale", soprattutto nelle aree più vulnerabili e depresse economicamente del Paese. A Torino lo è già nei numeri: si calcola - per difetto - che almeno 40 mila persone siano in stato di bisogno, cioè pari al 5 per cento della popolazione. Il Comune oggi si occupa di oltre 6 mila persone in condizione di fragilità che saranno assistite fino al 31 dicembre con il Reddito di Cittadinanza e, successivamente, attraverso l'assegno di inclusione. A queste si devono aggiungere 10 mila persone disoccupate che si sono rivolte ai Centro per l'Impiego.

A questo punto, però, rimane sospesa anche un'altra domanda: quali iniziative intende prendere la ministra Calderone per dare credibilità alla sua lapalissiana affermazione che "è il lavoro il vero rimedio alla povertà"? Il governo Meloni presume di dare vita a un piano di "piena occupazione", riprendendo il rapporto delle Nazioni Unite del 1949? Come si sa si rivelò un fallimento negli anni Cinquanta. Ma, extrema ratio, potrebbe sempre attingere dall'esperienza e dalla storia dei Paesi del socialismo reale, se non è offuscato da pregiudizi ideologici.


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