Di strage in strage, muore anche il valore del lavoro
Aggiornamento: 27 mag
Cinque operai morti a Casteldaccia, un comune di 11mila abitanti, della Città metropolitana di Palermo. A ucciderli le esalazioni di idrogeno solforato, dieci volte sopra il limite consentito. Erano scesi all'interno della stazione di sollevamento delle acque di scarico per aspirare i liquami, senza maschere antigas. Un'altra ecatombe in nome del lavoro, dopo quelle avvenute a Suviana, nel Bolognese, che ha fatto sette morti, e a Firenze, nel cantiere della Esselunga con cinque morti. Nei primi tre mesi dell'anno gli infortuni mortali sul lavoro sono già stati 191; nel 2023 sono stati oltre mille. Un elenco che si allunga di giorno in giorno con foga incontenibile, quasi a prendere le distanze da una soluzione concreta, percorribile.
Perché il mondo del lavoro sembra precipitato in un girone dantesco? Domanda che non ha risposta se guardiamo alle normative vigenti che pongono il nostro Paese all'avanguardia. Ma le normative, ovviamente, non sono l'ombrello migliore se non si applicano o se non si attivano i necessari controlli per renderle esplicite. L'assenza di controlli - ispettori del lavoro, in particolare - concorre a dare l'impressione di un "laissez faire" naturale e acritico nel sistema produttivo, soprattutto nell'edilizia, settore più falcidiato dagli infortuni mortali e non, che a sua volta suscita a lungo andare una sottovalutazione del rischio. La sottovalutazione diventa così la causa prima degli infortuni, destinata a trasformarsi anche nell'anticamera di una mentalità che si affida al fatalismo. Il pensiero dominante diventa sinonimo di sicurezza: "a me non accadrà nulla". Non accadrà nulla anche se non si indossa dalle imbracature al caschetto, alle scarpe antinfortunistiche, agli occhiali e guanti protettivi nei cantieri. O se non si mettono le maschere antigas per proteggere le vie respiratorie. La realtà afferma cose opposte. Morale: lo Stato non contribuisce a tutelare efficacemente i lavoratori. E non li tutela su più piani. Innanzitutto, non li tutela sul piano fiscale, permettendo un'evasione astronomica che di conseguenza riduce le disponibilità finanziarie da investire sui controlli. Non li tutela con leggi adeguate sui subappalti, le stesse da cui si origina una frantumazione del ciclo produttivo selvaggio, sul controllo del lavoro sommerso e sulle responsabilità degli imprenditori. Queste e altre inadempienze hanno costruito un sistema che non ha costi aggiuntivi a spendere periodicamente lacrime sulle vittime del lavoro, quindi più che remunerativo se ci si limita a ordinare i morti in tabelle e a contabilizzarli in un pallottoliere, anche se da brivido.
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