top of page

Unità dei lavoratori nella latitanza Cisl

di Adriano Serafino


Poche ore di sciopero per dividere. Quanto tempo per riunire? Hanno certamente più ragione Landini e Bombardieri, rispettivamente segretari generali Cgil e Uil, e non Sbarra, segretario generale Cisl, nel valutare negativamente “a occhi aperti” il merito delle risposte ricevute dal governo delle tre destre. Luigi Sbarra si presenta con l’immagine di un “mastino”, determinato nel difendere le buone ragioni sindacali, nel contempo è l’interprete del “il peggior sordo è chi non vuole sentire” essendo ben chiari i tanti "no" e i “non possumus” della premier Meloni alle più importanti richieste sindacali, con in cima il cuneo fiscale e il lavoro per i giovani.


I troppi "no" del governo ai sindacati

Sbarra e la Cisl hanno probabilmente più argomenti di Landini e Bombardieri nel ritenere, al momento, ricorrere a mobilitazioni con scioperi regionali, sostenendo che “uno sciopero generale oggi, non sarebbe compreso da tanti lavoratori e farebbe un danno al sistema produttivo in un momento già caratterizzato da una forte fibrillazione delle filiere...”. Già..., ma, perché allora la Cisl non avanza pubblicamente la proposta di una grande manifestazione pubblica?

Guadagni per il capitale! Il governo ha sentenziato tanti "no" alle richieste sindacali, nel contempo ha dato via libera alla riduzione delle tasse (al 14% !) per i guadagni da capitale. Eppure servono più soldi (entrate) pubblici per finanziare (e non tagliare) i servizi sociali universali, in primis la salute e l’istruzione. Chissà se i tre segretari generali Cgil, Cisl, Uil hanno ben presente quanto sta scritto negli art.26 e 27 della Legge di Bilancio? Su quanto commenta Federico Fubini in "Pochi, maledetti e subito – Giù le tasse sui patrimoni per fare cassa nel 2023“, su Corriere della Sera dell'8 dicembre. Per il significato di sfida che assume verso i lavoratori a reddito fisso o verso il precariato è un vero collante per rimanere uniti come sindacati e indire grandi manifestazione anche se senza sciopero.


Troppo poco si impara dalla storia

Massimo Mascini su Il Diario del Lavoro, alla vigilia dell’incontro del 7 dicembre, in “Corsi e ricorsi” così inizia «Corsi e ricorsi storici. Un anno fa Cgil e Uil scendevano in piazza contro il governo Draghi, reo di aver portato in Parlamento una legge di bilancio che a loro avviso non affrontava e risolveva i problemi del Paese. Adesso si sta per ripresentare la stessa situazione (…) Ma, come l’anno scorso, Cgil e Uil non trovano accanto a loro la Cisl (…) .

Le divisioni sindacali sono meno difficili da “ricucire” se di mezzo non s’includono scioperi separati, perché con essi si va oltre il confine dell’espressione del pluralismo di idee e di proposte. Lo sciopero crea sempre una linea di demarcazione, oltre la quale l’immaginario di chi indice lo sciopero e vi partecipa colloca chi non vi partecipa come collaboratori o collaborazionisti (termine più grave) della controparte, del governo o dei padroni, al meglio si etichetta come “calabraghe” e via discorrendo. Si creano solchi, rotture tra dirigenti sindacali e Rsu, tra lavoratori, per il quali ci vuole lungo tempo a ricoprirli.


Ricercare sempre l’unità sindacale, si può e si deve!

Per come vanno le cose nella Cisl, per come opera il “mastino” Sbarra - nelle relazioni interne all’organizzazione, in quelle verso partiti delle destre - l’organizzazione sconta un pesante deficit di autonomia sindacale (nel senso di quella teorizzata e praticata dalla Cisl nel secolo della sua nascita) che di fatto colloca la strategia confederale nel solco della “rivendicazione e conquista di tavoli governativi” con una vocazione apertamente filogovernativa (e molti dirigenti sindacali pensano o dicono apertamente “...non si può non essere governativi”) che degrada a volte nel profilo di un ruolo di sottogoverno.

Fare pressing sul governo con una grande manifestazione nazionale unitaria, al sabato, oppure con due ore di assemblee pubbliche nelle più grandi stazioni ferroviarie con diffusione di volantini mettendo al centro dell’attenzione pubblica due punti: primo, una riduzione del 5% del cuneo fiscale; secondo, un perentorio rifiuto della riduzione al 14% della tassazione dei guadagni da capitale. Un segnale per una svolta alla linea governativa sulla legge di bilancio, che probabilmente sarebbe sostenuto da larga parte delle associazioni datoriali. Possibile? Serve una scelta per l’unità dei tre segretari generali e un passo indietro rispetto le identità che si vogliono “ricucire” per le rispettive confederazioni.


56 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page