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Storia del Movimento5Stelle-11 Inizio e fine del governo Draghi, timone tutto a sinistra...

di Giorgio Bertola


Undicesima puntata della storia del Movimento 5 Stelle scritta da Giorgio Bertola, consigliere regionale del Piemonte (Gruppo misto-Europa Verde), uno dei fondatori di quest'esperienza a Torino, le cui vicende entrano a far parte della scena politica italiana nel 2009. Gli appuntamenti ogni martedì e venerdì della settimana.


Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 3 febbraio conferisce a Mario Draghi l’incarico di formare un nuovo governo. Il reggente Vito Crimi comunica che il M5S è disponibile a sostenere il nuovo esecutivo, e la votazione avvenuta su Rousseau l’11 febbraio conferma la decisione[1]. In occasione del voto di fiducia al Governo Draghi ventuno deputati e quindici senatori pentastellati si astengono o esprimono un voto contrario, e vengono espulsi sia dai gruppi parlamentari che dal M5S. Anche Di Battista, contrario al sostegno a Draghi, lascia il M5S. Ad aprile, dopo mesi di tensioni politiche e contenziosi di natura economica[2], avviene la rottura definitiva con Davide Casaleggio e la piattaforma Rousseau.

La riorganizzazione di Conte stenta a decollare, ma a luglio trova l’accordo con Beppe Grillo, e ad agosto gli iscritti ratificano il nuovo Statuto[3] e la nomina di Conte a presidente del M5S. Il partito di Conte, che affianca un nuovo simbolo e la denominazione “M5S 2050” a quella consueta, oltre a cambiare la denominazione del leader, che passa da capo politico a presidente, prevede la nomina di più vicepresidenti, di un Consiglio nazionale e di altri organismi interni.

La comunicazione del M5S si incentra sulla difesa all’interno del nuovo esecutivo degli obiettivi raggiunti dai governi guidati dall’avvocato pugliese: il “Superbonus 110%” sulla riqualificazione energetica degli edifici, ma soprattutto il reddito di cittadinanza, misura sempre più sotto attacco da parte delle altre forze di governo e dell’opposizione di destra, nonostante sia stato un supporto fondamentale per le fasce più deboli, soprattutto in epoca di pandemia. Questa linea politica sposta l’asse del M5S sempre più a sinistra, e punta soprattutto sull’elettorato del Sud.

Nelle elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre 2021 il M5S conferma il suo trend negativo, e perde la guida di Roma e Torino[4]. L’elezione di Conte non ha placato le polemiche interne: il conflitto più evidente è quello tra il nuovo leader e Luigi Di Maio. Il dualismo tra i due evidenzia il disagio del M5S all’interno del Governo Draghi, che si esplicita anche nella posizione sul sostegno all’Ucraina contro l’invasione russa attraverso l’invio di armi[5]. La rottura definitiva si consuma il 19 giugno, quando il M5S lavora ad una risoluzione contro un nuovo invio di armi all’Ucraina e Di Maio, che è ministro degli Esteri, se ne dissocia, accusando i suoi compagni di movimento di volersi disallineare dall’Unione Europea e dalla Nato[6]. L’ex capo politico il 21 giugno del 2022 lascia il M5S e fonda il gruppo parlamentare Insieme per il Futuro, al quale aderisce circa un terzo dei deputati ed una decina di senatori del M5S, tra i quali alcuni membri del governo.

L’avvenuta scissione nel M5S lo allontana sempre di più dal Governo Draghi. Nel luglio 2022 il Parlamento è impegnato nella conversione del Decreto Aiuti bis. Il M5S chiede delle modifiche, soprattutto sulle norme riguardanti il via ad un nuovo termovalorizzatore di rifiuti a Roma e sul Superbonus, per sbloccare i crediti e prorogare ulteriormente la misura. Non si raggiunge un accordo e il M5S annuncia la sua astensione. Per effetto di questo e dell’uscita dall’aula della componente di centrodestra dell’esecutivo guidato da Draghi si apre la crisi di governo. Il Presidente della Repubblica scioglie le Camere ed indice nuove elezioni politiche per il 25 settembre.

La fine del Governi Draghi determina anche la fine dell’asse col PD, che accusa il M5S di irresponsabilità. Il M5S dal canto suo, cerca di riconquistare il consenso della quota del suo elettorato che è sempre stata contraria alla partecipazione all’esecutivo guidato dall’ex Presidente della BCE, e si propone come forza di sinistra, contrapposta a chi, come il PD, intende proseguire con le misure dell’agenda Draghi, e ad un centrodestra che con FDI si è rafforzato con l’opposizione a Draghi, e con le altre forze politiche se ne è dissociato al primo accenno di crisi.

Il risultato del M5S alle elezioni politiche è leggermente superiore alle attese, ma la sua rappresentanza in Parlamento, anche per via della riforma costituzionale, si riduce drasticamente. Ai pentastellati, col 15,43% alla Camera e 15,55% al Senato vanno rispettivamente 52 e 28 seggi[7]. Il M5S si caratterizza sempre di più come partito del Sud: la campagna incentrata sul mantenimento del reddito di cittadinanza permette di ottenere buoni risultati nelle regioni meridionali[8]. A vincere le elezioni è la coalizione di centrodestra, e il 22 ottobre entra in carica il nuovo guidato da Giorgia Meloni, con il M5S all’opposizione.

 

Note

[7]https://elezionistorico.interno.gov.it/, consultato il 10 gennaio 2023.

[8] Qui un’analisi che mette in relazione il reddito di cittadinanza con i voti al M5S alle elezioni politiche del 2022: https://cise.luiss.it/cise/2022/09/27/tiene-la-correlazione-reddito-di-cittadinanza-voto-al-m5s/, consultato il 9 gennaio 2023.


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