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Niger: a chi giova il colpo di Stato militare?

di Germana Tappero Merlo



I militari hanno preso il potere in Niger, deponendo il presidente Mohamed Bazoum, classe 1960, già leader del Partito Nigerino per la Democrazia e il Socialismo, ex professore di filosofia. In una dichiarazione letta dagli studi della televisione nazionale nella capitale Niamey, a nome del Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria (Cnsp), il colonnello Amadou Abdramane, affiancato da altri nove soldati in divisa, ha affermato: “Noi, le forze di difesa e di sicurezza riunite all’interno del Cnsp, abbiamo deciso di porre fine al regime che conoscete”. I militari al potere hanno poi annunciato il coprifuoco dalle 22 alle 5, la sospensione di tutte le istituzioni e la chiusura delle frontiere.

Il putsch militare appare al momento indolore, anche se l'Onu, attraverso una dichiarazione del suo Segretario Generale Antonio Guterres ha affermato di temere per la sorte di Bazoum e della sua famiglia, mentre non è ancora chiaro il rapporto tra una parte dell'esercito nigerino che si è dichiarato leale all'istituzione eletta nel 2020, e l'ala dei pretoriani che gli si è rivoltata contro. Ma nel pomeriggio di oggi, giovedì 17 luglio, secondo RFI (Radio France Internationale), lo Stato Maggiore delle Forze Armate del Niger ha affermato di "sottoscrivere la dichiarazione delle forze di difesa e di sicurezza che nella notte hanno annunciato di aver deciso di porre fine al regime del presidente Mohamed Bazoum". Nello stesso comunicato, il comando militare delle Forze Armate nigerine afferma di aver preso la decisione per "preservare l'integrità fisica del presidente della Repubblica e della sua famiglia, per evitare uno scontro mortale tra forze diverse".

Nel dicembre del 2022 Mohamed Bazoum è stato nominato presidente dell'Unione economica e monetaria dell'Africa occidentale (UEMOA), durante il 23° vertice ordinario dei capi di stato e di governo dell'organizzazione ad Abidjan. In quello stesso mese, Bazoum era stato descritto, in un articolo de La Repubblica, come "seduto su un vulcano. Nel Sahel infestato da gruppi jihadisti, mercenari russi e trafficanti di uomini il Niger è uno dei pochi partner con cui l'Europa può lavorare per promuovere stabilità e sviluppo". La stessa Nato, nel summit di Madrid del 29-30 giugno, aveva guardato al presidente nigerino come un baluardo nella lotta al jihadismo.


Ci sono tantissime cose in ballo in Niger ed anche con la vicina Nigeria. Parigi nel colpo di mano in Niger vede vacillare il principale partner strategico e militare nel Sahel, considerato un'area di crisi del Mediterraneo. La Francia, dopo la rottura dei rapporti con il Mali, vi ha trasferito una parte dell’operazione Barkhane e schiera sul territorio nigerino forza di 1.500 uomini in funzione anti-jihadista. E certamente qualche soprassalto c’è stato anche a Bruxelles che in Niger ha basi militari (una anche italiana) a difesa delle “frontiere esterne” europee. Infatti Niamey in questi anni è stata sponsorizzata dall’Unione europea perché svolgesse il compito di gendarme delle migrazioni: 320 milioni di euro gli ultimi finanziamenti europei all’esercito, annunciati solo poche settimane fa in seguito a una visita di Joseph Borrel che nell’occasione aveva definito il Niger «un’ancora di stabilità».

Potrebbe anche essere l’ennesimo tentativo di bloccare ulteriori aperture di alcuni di quei paesi con la Cina. Il governo del Benin, Paese confinante con il Niger, è particolarmente interessato alla stabilità del Paese per la costruzione dell’oleodotto Zidane-Cotonou, opera finanziata e realizzata da Pechino tramite la West African Oil Pipeline Company-Bénin (WAPCO-BENIN), filiale del gruppo cinese China National Petroleum Company (CNPC).

I cinesi, tra l'altro, sono presenti con una flotta in Nigeria, una delle rare presenza militari del dragone rosso nella costa atlantica. In questi giorni a San Pietroburgo vi è il vertice Russia-Africa per il grano, e sicuramente si parlerà anche di sostegno a Mosca sull'Ucraina e il ruolo della Brigata Wagner. Segnalando l'importanza del Niger nella regione in cui opera anche la Wagner, il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha visitato il paese nel marzo scorso per rafforzare i legami e annunciare 150 milioni di dollari in assistenza diretta, definendo il paese "un modello di democrazia". Vero è che la questione nigerina potrebbe avere più di un riflesso nei rapporti Wagner-Russia e di conseguenza sul controllo esercitato su questa parte di Africa da Putin negli ultimi anni.

Così, in uno scenario estremamente complesso, la domanda centrale è se il Niger potrebbe ruotare e coinvolgere Wagner come partner antiterrorismo come i suoi vicini Mali e Burkina Faso, che hanno cacciato le forze francesi. Legittima dunque la preoccupazione dell'Europa e dell'Italia, in particolare: il Niger è fondamentale per bloccare le migrazioni illegali e il terrorismo locale promosso dai jihadisti. In qualunque caso, l’instabilità di un altro paese africano, dopo il Sudan, non promette nulla di buono.

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