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Ancora bombe su Kiev: ma Putin come immagina il suo futuro prossimo?


di Mercedes Bresso e Claude Raffestin


Come tutti i dittatori Vladimir Putin avrà certamente il desiderio di passare alla storia. Ma come si immagina il giudizio che questa darà di lui nel futuro? Come pensa di potere sfuggire al giudizio della storia, ma anche delle persone semplici, dopo l’incredibile vicenda della guerra all’Ucraina?

Se persino Cristoforo Colombo viene messo in discussione per lo sterminio dei Nativi americani, avvenuto dopo la sua scoperta e di cui lui ha una modesta responsabilità?

Ormai è certo che alla storia passerà il suo antagonista Volodymyr Zelensky come l’artefice e l’eroe della resistenza del suo popolo e Putin sarà ricordato come un assassino che ha condotto una guerra criminale e assurda contro un paese fratello e che, probabilmente, l’avrà anche persa.

C’è da chiedersi perché dopo la rovinosa caduta dell’Unione Sovietica, Putin, che è a capo del paese più grande del mondo e non aveva quindi bisogno di più territorio ma ne aveva certamente bisogno in termini di ruolo e di prestigio internazionale, che ormai ha definitivamente perduti, non ha invece scelto una politica di alleanza e aiuto ai paesi vicini, fossero o no ex URSS, spingendoli a una volontaria cooperazione con la Russia. Avrebbe così inaugurato una politica russa veramente innovativa.

La competizione con il capitalismo poteva essere spostata su un piano diverso, economico ma anche sociale, magari proponendo un modello meno aggressivo del capitalismo duro imposto dalla globalizzazione incontrollata di questi anni.

In particolare con l’Unione Europea avrebbe potuto cercare occasioni di dialogo e di cooperazione, che avrebbero certo garantito di più e meglio le frontiere del suo paese, che in ogni caso non erano certo minacciate dall’Occidente.

Non dimentichiamo che, poco prima dello scoppio della guerra in Ucraina, la Nato era stata definita dal presidente francese Emmanuel Macron “in condizioni di morte cerebrale”. Il paradosso è che ora è invece il “cervello” è stato riattivato e torna ad essere centrale nella politica estera dell’Unione Europea e degli Stati Uniti. E i tanti paesi neutrali del nostro continente si sono precipitati ad aderirvi.

Che cosa avrà potuto spingerlo a scatenare e prolungare un conflitto che nelle sue motivazioni assomiglia a quelli neo-coloniali, che non hanno mai potuto raggiungere i risultati in cui speravano le potenze imperialiste? Gli esempi sono troppo numerosi per citarli.

Avrebbe potuto imparare dai tanti conflitti recenti in cui spesso sono i paesi più grandi a doversi ritirare.

Pensava probabilmente di poter fare, come per la Crimea, un’invasione rapida e la sostituzione del governo legittimo con uno fantoccio: contava sul fatto che le proteste internazionali sarebbero finite con una accettazione del fatto compiuto.

E invece fra lui e la storia si è eretto un popolo intero che ha costretto il mondo a prendere posizione. E nulla sarà più come prima, la storia sarà scritta da questo popolo e sarà la condanna del dittatore.

Vorremmo finire proponendovi la definizione che il Dizionario geografico di Rudoni (erre emme, 1996) dà della Crimea:

“Crimea (penisola Ucraina): in russo Krym e Krym in tartaro significa “fossa”.”

Sarà quella in cui cadrà il nostro dittatore?

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