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Si vis pacem para pacem: la guerra in Ucraina è al bivio

di Michele Corrado*



Notizie contraddittorie arrivano dal Teatro di guerra ucraino; pur con il rallentamento dovuto alle condizioni invernali, più indicatori "in chiaro" convergono sulla ripresa delle iniziative delle Forze armate russe.

Tendenzialmente, un ciclo di operazioni offensive, in questo caso la controffensiva ucraina che iniziata a giugno e si è “spenta” in autunno, porta ad una fisiologica pausa di riorganizzazione dopo un tale tipo di sforzo, indipendentemente dal raggiungimento degli obiettivi a suo tempo pianificati. Mentre, chi ha subito l’iniziativa, ed è riuscito a contenerla, può permettersi di cambiare atteggiamento e tentare di passare all’offensiva, dove ve ne sia la possibilità.

Ed è quello che che sta ora accadendo, in settori particolari della linea di contatto fra russi ed ucraini, come la cittadina di Marinka (circa 9000 abitanti prima dell'inizio del conflitto) ed ora completamente abbandonata e distrutta, ma conquistata dai russi sei giorni addietro.

Sembra che la capacità di contenere gli sforzi offensivi ucraini abbia dato morale alle truppe russe che ora cercano di ottenere successi locali approfittando dell'esaurimento della spinta offensiva avversaria, prima che le condizioni atmosferiche rendano oltremodo difficoltose la condotta di tali attività.

Di contro gli ucraini, avendo speso tutto quello che avevano nel tentativo di sfondare gli schieramenti difensivi russi ad est ed a sud, sono nel mezzo di una “pausa operativa” che consente alle unità russe, in limitati settori, di passare ad azioni offensive locali.

Ne consegue, che i mancati risultati della controffensiva ucraina bloccata in ogni settore ha rinvigorito i Comandi russi. Questi hanno atteso così la fine delle capacità offensive dell'avversario per tentare di riguadagnare terreno da sfruttare anche sul piano mediatico, oltre che a consolidare le loro linee difensive a livello tattico.

Ora è molto probabile che i Comandanti russi si siano convinti che vi sono le condizioni per condurre azioni offensive limitate con successo per rinvigorire la ripresa dell’iniziativa.

Questo è fondamentale per esercitare ulteriori pressioni sulle “stanche” opinioni pubbliche occidentali, il cui fine principale è quello di condizionare la capacità politica del governo e ridurre il morale delle truppe di Kiev dinanzi all'abbandono del sostegno militare incondizionato alla causa ucraina, in particolare quello sempre più evidente degli Usa e del presidente Biden bloccato dal Congresso e della campagna elettorale entrata nel suo anno decisivo, anche se da Washington è arrivato il segnale di verde per rafforzare il sistema di difesa aereo ucraino.

All'inedito - per alcuni versi - scenario, concorre anche la “distrazione” medio orientale in corso, che potrebbe portare a sottovalutare l’importanza del Teatro ucraino dove è in corso una vera e propria guerra ad alta intensità che non ha paragoni con l’Operazione Militare Speciale che gli israeliani conducono dal giorno dopo il 7 ottobre scorso nella Striscia di Gaza. Gli spazi in gioco sono diversi, anche se non si deve misurare con il bilancino il prezzo in termini di vite umane che continuano a pagare i due popoli, israeliano e palestinese, quest'ultimo in particolare, e non si può sottovalutare la destabilizzazione internazionale che sta producendo il conflitto, con tutte le implicazioni inerenti a un suo pericoloso allargamento. Ultimo, il raid israeliano su Beirut, la capitale del Libano, con un bombardamento sul quartiere periferico meridionale di Moucharrafié, in cui sarebbe stato ucciso Saleh al-Arouri, numero due dell’Ufficio politico di Hamas, altri esponenti del gruppo e due comandanti delle Brigate al-Qassam. Al-Arouri era il vice del capo dell’Ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh.

Atti e operazioni che si configurano come una violazione della sovranità di un paese, il cui impatto finirà per distrarre l'opinione pubblica dagli avvenimenti in Ucraina, così da favorire concretamente la solidità propagandistica del Cremlino e di Putin sulla certezza della vittoria finale.

Questi effetti non vanno sottovalutati considerando che storicamente in Russia l’appoggio popolare è direttamente proporzionale ai risultati che assicura il teatro di guerra, dove l'elemento positivo si misura unicamente sulla base delle conquiste territoriali.

Per gli ucraini, quindi, la crisi militare rischia di avere un riversamento anche politico a causa della loro intransigenza a voler ricacciare i russi oltre i confini conquistati con l'invasione del 24 febbraio 2022. Un obiettivo che oggi oggettivamente non è alla loro portata, ma con cui si deve confrontare l'Occidente. In quali termini e forme non è un certo punto interrogativo: l'impegno è di sostenere con aiuti economici e finanziari Kiev fino a quando deciderà di combattere. Ma sarà sufficiente o non è giunto il momento di far alzare dalla panchina un giocatore finora dimenticato, ossia la diplomazia? Troppi incendi in giro per il mondo sono difficili da domare anche per il miglior corpo dei pompieri. Forse è giunto il momento di riflettere sul significato si vis pacem para pacem.

 

*Col. in Ausiliaria Esercito Italiano

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