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PUNTURE DI SPILLO: AAA... cercasi prospettive per Torino

a cura di Pietro Terna


Nella calda estate di quest’anno, il Corriere della Sera ha ospitato alcune prese di posizione sul futuro di Torino. Il sociologo Arnaldo Bagnasco, in una intervista pubblica il 23 agosto,[1] alla domanda se le divisioni partitiche siano un freno, risponde: «No, nel periodo in cui lavoravo alla programmazione la Regione era retta dal centrodestra e il Comune dalla sinistra. Eppure, per il mio lavoro tecnico non c’è mai stato un blocco politico perché si partiva dalla concretezza dei problemi e da soluzioni possibili e realiste». Giustissimo, con due annotazioni: il giusto sforzo di Cirio e Lo Russo per evitare inutili divergenze è visto con disappunto da entrambe le parti; seconda annotazione, quali parti? Vorrei essere all’opposizione da sinistra in Regione e da destra in Comune, per pungolare con proposte continue ben documentate le due Giunte. Non vedo niente di tutto questo: mancano critiche costruttive, mancano proposte.

Quest’estate, molti interventi comparsi sul Corriere hanno richiamato, come è noiosamente inevitabile, il paragone tra Torino e Milano. Sono due città molto diverse, ciascuna con il proprio percorso, quasi con il proprio destino. Filippo Barbera e Antonio De Rossi, il 25 agosto, sullo stesso giornale, ci ricordano che ragionare per megatrend non è più possibile, tutto sta mutando, e che un dato purtroppo certo è che al 2040, vicinissimo, il 45% della popolazione di Torino sarà anziana.

Aggiungo io: popolazione anziana e, nella straordinaria maggioranza, con reddito al di sotto dei valori di normale benessere se non addirittura al di sotto della soglia di povertà. La città, come sistema di aggregazione per facilitare la produzione, lo scambio e le relazioni, nel nostro caso rischia di soccombere.

Torino ha di fronte a sé l’occasione del nuovo Piano Regolatore Generale che deve andare ben al di là degli aspetti territoriali e regolamentari, trasformandosi in un atto globale di programmazione della Città. Deve riuscire a produrre innovazione urbana, con la prospettiva di una Torino di anziani che chiedono di poter vivere in un ambiente che abbia caratteristiche economiche e sociali che possano sostenerli. L’azione di rigenerazione urbana, che il Comune caparbiamente conduce, è molto importante, e sarebbe gravissimo se i fondi PNRR ci fossero effettivamente negati proprio in questo campo. Il livello della reazione ai problemi aperti deve però essere tutto un altro.

Torino è una città di grande qualità, collocata in un contesto paesistico straordinario. Dobbiamo sfruttare queste caratteristiche, con un grande appello a tutte le forze, cittadine ma soprattutto internazionali, capaci di portarci idee.

In questi giorni il sindaco Stefano Lo Russo ha lungamente riferito, in occasione dell’audizione promossa da due Commissioni consiliari, dei rapporti[2] con Stellantis. La sintesi è mia: piccole speranze per la ricaduta positiva dell’attività legata alla tecnologia e grandi delusioni per le scelte produttive, con l’immensa area di Mirafiori che pesa come un buco nero nella città. La consigliera comunale, e capogruppo PD, Conticelli ha scritto giustamente[3] che il Piano regolatore è una precondizione per il futuro occupazionale anche dell’auto e invoca il contributo di tutti, ma c’è un convitato di pietra, che non è il Commendatore che nel Don Giovanni di Mozart tenta di convertire il trasgressivo e impenitente protagonista, ma una multinazionale che vede la nostra area come un bruscolino sulla carta d’Europa, interessante solo se offre occasioni di valorizzazione delle proprietà immobiliari. Disegno tra l’altro quasi impossibile, data la condizione di città di anziani.

Il Piano Regolatore Generale in ogni caso deve parlare di Mirafiori, non fosse che per minacciarne l’esproprio per le parti in abbandono. In quel caso sarebbe il Commendatore a rispondere “verrò” all’invito del nostro sindaco.

Sul futuro di Torino ho provato a esercitare la fantasia a febbraio.[4] Non disconosco quelle riflessioni, ma confesso di aver perso gran parte del (poco) ottimismo che avevo immesso in quel testo. Una mazzata è venuta dalla vicenda dell’intelligenza artificiale: eravamo arrivati vicinissimi ad avere qui l’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale, I3A, con promesse, delibere, bozze di statuti, regolamenti, commissioni svanite nella nebbia che incredibilmente a Roma può avvolgere tutto, nonostante il ponentino. Ora si ha persino imbarazzo a parlare della vicenda e tutto questo è accaduto proprio nel momento in cui l’IA, dopo decenni di incubazione, è sulla bocca di tutti.

In effetti a Torino facciamo di tutto per affossare ogni cosa, dal Parco della salute al rinnovo degli alberi in corso Belgio, approdato in tribunale immagino non senza qualche imbarazzo del giudice.

Annota il nostro Maestro di musica che ognuno ha la sua soluzione e soprattutto ognuno ha almeno una obiezione da sollevare di fronte alle soluzioni altrui. Le soluzioni invece dovrebbero venire dal dialogo e dalla sintesi delle opinioni. Questo vale per tutti, con l'eccezione di Sonny Rollins che, da una serie di esibizioni in completa solitudine, ricavò The solo album,[5] un concentrato di creatività, con un suono robusto, la capacità di inventare continuamente melodie, il gioco di (auto)citazioni, la varietà del mood: come se in un dipinto si trovassero Giotto, Picasso e Pollock!

Aggiungo, sottraendo la conclusione alla musica: quel meraviglioso solista ci lascia in ogni momento con il fiato sospeso, mentre immaginiamo via via come possa essere il seguito. Cerchiamo tutti insieme di regalarci la stessa sensazione mentre riflettiamo collettivamente sul nostro futuro.


Note

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