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"Pd: si superi la logica del contenitore politico per dare spazio all'iniziativa dal basso"

di Michele Sabatino


“Dallo scandalo alla rigenerazione, un’opportunità per il Pd”: quanto pubblicato con questo titolo domenica scorsa[1], è una lucida analisi più che condivisibile sullo stato comatoso del principale partito d'opposizione al governo Meloni e alla giunta di Alberto Cirio, che si ripropone alla guida della Regione Piemonte, e del sistema politico in generale. Inoltre, "in ciò che resta della Sinistra, con le inchieste giudiziarie in corso", si afferma che a tornare in prima fila "non è solo la questione morale, ma la stessa sopravvivenza di questa parte

politica". Si può dare torto? Anzi. Aggiungo, sulla scia del ragionamento, alcune considerazioni, nonostante la nebbiosa confusione che regna nel cosiddetto schieramento progressista.


Che cosa è rimasto del coraggio di Achille Occhetto?

Facciamo un passo indietro. Dopo la caduta del Muro di Berlino, l'allora segretario del Pci, Achille Occhetto, nell’ormai lontano 1991, aveva optato per una scelta coraggiosa: il superamento ai richiami al comunismo storico e, di conseguenza, il passaggio dal PCI al PDS, non dimenticando però di portare con sé, anche nel simbolo, la gloriosa storia che parte da Gramsci e che arriva fino a Berlinguer. Quelli erano momenti dolorosi, ma passaggi indispensabili per sperare in un futuro all’altezza della storia passata. Infatti, la decisione di Occhetto non voleva e non doveva rappresentare, nell’evoluzione futura, la fine di una cultura che riteneva la politica l’arte più nobile al servizio della “gente” e uniformare quel che di nobile restava del glorioso PCI al teatrino della politica domestica.

Invece, nel tempo, mettendo in crisi il condivisibile e anche vincente progetto dell’Ulivo, è iniziato un percorso che, tra scissioni e fusioni della componente ex Pci, di quella ex DC e dell’area definita Liberal portò, nel 2007, alla costituzione del PD. Nacque un Partito senza un piano ideale, senza un programma condiviso, senza una strategia, con storie differenti e spesso contrapposte; si costituì un banale contenitore politico con l’aritmetica sommatoria dei capicorrente per comporre gli organismi dirigenti. Si è scopiazzato il modello americano del bipartitismo, si sono inventate le primarie e si è giunti a sostenere il valore dell’autosufficienza per sfiancare e annullare il ruolo politico di “compromesso nobile” dei partiti, accompagnando queste scelte con gli stigmi delle “riforme elettorali”, “Porcellum” e “Rosatellum”, sponsorizzate dalla destra o dalla cosiddetta sinistra, ma mortificanti per il popolo che man mano si allontanava dal voto.


Il dovere storico della sinistra

A completare l’opera, sono nati partitini e gruppetti, anche con richiami personali nei simboli, che non fanno più distinzione tra “destra” e “sinistra”, quando, invece, la Sinistra ha il dovere storico e morale di continuare a rappresentare i valori da difendere, nella interpretazione della società e delle nuove classi, per l'alternanza di

governo tra schieramenti diversi. Insomma, è nato, sulle ceneri della Prima Repubblica, quanto di più avvilente ci si potesse immaginare. E, personalmente, in alcune occasioni, mi sono recato alle urne turandomi il naso e tappandomi le orecchie, per non sentire il niente che veniva detto, convinto però che non sempre si può esprimere il voto con la dimensione politica che si vorrebbe e rifiutandomi, per una mia visuale politica ed etica, di entrare nel vasto esercito dell’astensionismo, dove si sono rifugiati i tanti cittadini delusi per lo scenario che viene offerto dal Pd, precipitato in una lotta intestina tra correnti e sotto correnti, e dalla galassia politica italiana nella sua abborracciata esistenza. In questi anni è stato, purtroppo, dilapidato un patrimonio immenso di lotte, esperienze, ideali e speranze, tradendo spudoratamente il popolo in sofferenza. Si è rimasti nella totale assenza di una politica capace di parlare, nei luoghi del disagio, alla sofferenza sociale, al cuore di quella grande parte di popolo che si sente abbandonata. E di almeno combattere, visto le difficoltà che si frappongono a superarle, tutte le forme di ipocrisie che sono riconducibili alle ricerca del profitto esasperato di un capitalismo che non ha volto, se non quello dello sfruttamento intensivo e primitivo della forza lavoro, i cui effetti sono drammaticamente visibili nelle quotidiane morti sul lavoro, un'altra delle tante, troppe emergenze che affliggono il nostro Paese.

Emergenze "intramontabili". In un articolo del 9 giugno 1989 su La Stampa, Norberto Bobbio scriveva sotto il titolo “L’Utopia capovolta”, in merito al fallimento del comunismo storico, che i problemi restavano, "[...] proprio quegli stessi problemi, se mai ora e nel prossimo futuro su scala mondiale, che l’utopia comunista aveva additato e ritenuto fossero risolvibili [...]. Oh, illusi, credete proprio che la fine del comunismo storico (insisto sullo “storico”) abbia posto fine al bisogno e alla sete di giustizia? [...] La democrazia ha vinto la sfida del comunismo storico, ammettiamolo. Ma con quali mezzi e con quali ideali si dispone ad affrontare gli stessi problemi da cui era nata la sfida comunista?”. Ora che di barbari non ce ne sono più – dice il poeta (Costantino Kavafis) – che cosa sarà di noi senza barbari?".


Si prosegua nel segno del cambiamento, ma vero

In altri termini, depositando le parole di Bobbio sul presente, l'invito al Pd di Elly Schlein, e di riflesso a Gianna Pentenero che affronta la campagna elettorale in Piemonte, non può che essere uno: si prosegua nel cambiamento senza guardare in faccia nessuno e allontanando da sé personaggi discutibili e l'ansia da sondaggio se si vuole ritornare ad essere credibili. I soggetti da riunire insieme sotto l'idea di emancipazione, eguaglianza, progresso sono numerosi: gli sfruttati e gli emarginati, i lavoratori e le lavoratrici con il problema dei salari tra i più bassi d'Europa e un potere d'acquisto eroso dall'inflazione, le donne e gli uomini dal pensiero democratico, un ceto medio intellettuale e autonomo che si sta impoverendo sempre di più. Di pari passo, è necessario costruire una proposta politico-programmatica il cui elenco si è allungato in maniera direttamente proporzionale alle "distrazioni" accumulate negli ultimi decenni: la difesa sindacale, la protezione delle classi più deboli, la politica del lavoro, i temi della sicurezza, la scuola, la formazione, la sanità, l’ambiente e un moderno progetto industriale, l’emigrazione, i diritti civili, la tassazione degli ingenti patrimoni e, infine, anche la difesa del sistema delle piccole e medie imprese, delle partite Iva, che rappresentano una parte essenziale della nostra vera economia produttiva e dei servizi. È essenziale, poi, valorizzare il vasto popolo del volontariato e delle strutture associative non fittizie. Ultimo, ma non meno importante, è assolutamente necessario possedere una visuale geopolitica internazionale che riesca a riconoscere le ragioni dei popoli e i torti delle guerre per conquistare e mantenere la pace.

Questi sono i temi da cui partire per costruire un orizzonte con le necessarie alleanze sociali e le intese politiche vincenti. Il Partito dell’autosufficienza e delle comode sommatorie aritmetiche è fallito. Ora bisogna lavorare per ricostruire un’alleanza di vasto e giusto campo con forze progressiste che si riconoscono nella giustizia sociale. Il resto è solo chiacchiericcio.


Note




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