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Marocco-Francia: non è la partita della rivalsa, ma solo una partita di calcio

Aggiornamento: 11 dic 2022


di Menandro

Marocco versus Francia ed è già la partita della rivalsa, la gara dei colonizzati contro i vecchi colonizzatori, degli emarginati delle banlieues delle metropoli francesi contro le istituzioni alto borghesi, ovvero è il tormentone di una semifinale che ci accompagnerà fino a mercoledì 14 prossimo, giorno della sfida tra le due nazionali ai campionato del mondo di calcio in Qatar. Banale e scontato. Ed anche miseramente stucchevole per una partita di calcio di cui ora ci tocca sopportare gli effetti collaterali pruriginosi, da orticaria, a causa di chi cerca reconditi significati affondando a piene mani nella storia, neppure fosse una partita giocata dagli italiani, gli unici titolati - lo ricordiamo urbi et orbi - che secondo il famoso aforisma di Winston Churchill "fanno la guerra come fosse una partita di calcio e vanno alle partite di calcio come alla guerra".

Dunque, Marocco-Francia (in ordine di accesso temporale alla semifinale), è un incontro di calcio che merita semmai un inno alla convivenza civile proprio nel segno della storia che si ripresenta sotto forme e sostanze ludiche e non violente. E se proprio non ci si vuole sbracciare a definirla un momento di pace nello spirito sportivo, almeno si eviti che tracimi dai suoi naturali confini.

Invece, a quanto pare, c'è un partito che vuole che la partita sia altro. Così da ieri, dalla vittoria del Marocco sul Portogallo e dall'analogo risultato della Francia a spese dell'Inghilterra, il calcio ha dovuto cedere il passo alla Storia recente e passata, mettendo nel mirino di dotti commentatori naturalmente l'indipendenza raggiunta dal Marocco soltanto nel 1956 dopo il periodo di Protettorato (eufemismo da salotto per non parlare di dominazione) definito per Francia e Spagna con il trattato di Fès del 1912 e i trascorsi coloniali della grandeur francese (peraltro viva e vegeta in Africa sotto altre forme).

Storia parallela e non dissimile da quella che è stata giorni fa Marocco-Spagna, gli ottavi di finale in cui la stella marocchina ha brillato ai calci di rigore. Ma il rapporto tra Marocco e Spagna, per la verità, è stato meno eclatante. Eppure anche in quei 90 minuti c'erano tante, tantissime e crudeli pagine di storia coloniale che raccontavano decenni di "protettorato" della parte occidentale del Marocco sotto la bandiera del Re di Spagna, Alfonso XIII. E altre pagine che avevano segnato la storia con il sangue della Spagna e dello stesso Marocco, "messo in riga" negli anni Trenta del Novecento dalle campagne crudeli contro i ribelli marocchini con la quale aveva cominciato a brillare la stella del generale Francisco Franco, il promotore dell'Alzamiento (ribellione militare). Il generale traditore che con la sua legione di tagliagole del Tercio (la Legione straniera spagnola) era partito proprio dal Marocco per rovesciare la legittima Repubblica spagnola. Impresa che gli sarebbe riuscita soltanto con gli aiuti di Benito Mussolini e della Germania di Hitler che diedero truppe, armi e sostegno per vincere la guerra civile costata agli spagnoli un milione di morti.

Insomma, per quanto autentici, i richiami storici sono divisivi e distanti dalla globalizzazione del calcio che ha nella partecipazione di calciatori, soprattutto nordafricani, nei campionati di club europei, una sua costante e una ricchezza oramai da decenni. Che si sono tradotti in apprendimenti ben remunerati, in cui lo sport, e non solo il calcio, restituisce agli ultimi di ieri, le conoscenze e i talenti di oggi che hanno determinato nuovi equilibri nel mondo dello sport.

Allora perché si scomoda la Storia? Sensi di colpa? Perché sappiamo che gli ultimi di ieri continuano ad essere i primi sfruttati di oggi? Se è così, perché assegnare ad una partita una quota di rivalsa (dannosa e inutile), quasi a voler gettare benzina sul fuoco, quando sarebbe altresì moralmente più giusto lottare quotidianamente contro le ingiustizie sociali e gli squilibri economici e per l'affermazione dei diritti? Chiedere ad una partita di calcio di limitarsi a divertire, è davvero troppo poco?

In fondo, "il calcio unisce", come dice la FIFA; addirittura avvinghia, è cronaca di oggi, se rimane un po' troppo denaro appiccicato alle mani... Ma questa è davvero un'altra storia.






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