top of page

La “rabbia”, come la si gestisce nel mondo moderno?

di Giuseppina Viberti e Germana Zollesi


Ogni giorno si assiste ad un continuo crescere di esplosioni di violenza in tutti i settori della società, senza che si riesca a porre rimedio: da una partitella tra adolescenti, alle liti di condominio, non vi è più luogo dove sopravviva l'equilibrio nelle relazioni. Ma che cos’è la rabbia? Questa domanda sembra semplice, ma in realtà è molto complessa perché si manifesta di solito mescolata ad altre emozioni.


Una reazione distruttiva

Nel caso più tipico, l’essere umano percepisce qualcosa di sbagliato in una condotta scorretta che reputa ingiusta. Se un amico ti tradisce, lo puoi accettare come sbagliato e lo reputi un comportamento inammissibile. Se la strada è chiusa per lavori in corso e ritardi ad un appuntamento importante, è un fatto negativo, e fai fatica ad accettarlo. Ti arrabbi quando vivi ciò che ti accade come un’offesa morale o una frustrazione dolorosa. Fin qui, tutto normale, fa parte della vita e siamo consci che si tratta di condizioni che possono ripetersi. In linea teorica, l’ira potrebbe essere sana e costruttiva. Eppure, il più delle volte, la nostra rabbia emerge come una reazione ignobile e distruttiva, fatta di lamentele, scenate, freddezza, desiderio di “rivincita” e autocommiserazione fino alla violenza fisica. Questi sono tutti modi per rendere “male per male”, una risposta sicuramente naturale ma che è sbagliata per affrontare gli accadimenti della vita.

In molti casi, come vediamo nelle nostre città, la rabbia esplode in violenza ingiustificata soprattutto verso i più deboli (clochard, anziani, disabili, bambini e ragazzi, donne, ecc.) senza giustificazione alcuna per questi atteggiamenti. Naturalmente il problema presenta aspetti sociali ed educativi molto importanti da affrontare oltre alla responsabilità soggettiva che non è da sottovalutare.

Da sempre si dice che “se sei arrabbiato devi sfogarti” facendo sport (un giro in bicicletta o una bella corsa al parco serviranno a scaricarti i nervi!). Ma questa affermazione non è documentata da studi scientifici. Sembra quasi che la rabbia, sia una materia prima estremamente abbondante in natura e come tale utilizzata senza attenzione alcuna (e certamente senza alcuna forma di risparmio).


Una ricerca su un campione di 10 mila persone

Un recente studio curato da Brad Bushman e Sophie Kiaervik, della Ohio State University (USA) pubblicato da Clinical Psychology Review [1] ha analizzato oltre 150 studi che hanno coinvolto più di 10mila partecipanti, evidenziando come le attività che funzionano davvero per ridurre la rabbia siano quelle che abbassano l’eccitazione fisiologica, mentre le attività che la aumentano, come fare jogging o nuotare, non hanno alcun effetto, anzi rischiano di peggiorare lo stato di frustrazione.

La meta analisi si è concentrata sulla valutazione di attività sportive quali pugilato, jogging, andare in bicicletta o nuotare, che aumentano lo stato di eccitazione, e di attività che lo riducono, come la respirazione profonda, le tecniche di meditazione e lo yoga. Dai risultati è emerso che proprio le attività che riducono l’eccitazione sono efficaci nello gestire la rabbia. Queste attività, inoltre, si rivelano efficaci se svolte sia in sessioni di gruppo, sia individualmente. Lo status sociale è praticamente ininfluente: tutti, dagli studenti alle persone con precedenti penali, possono praticarle.

Anche andare a correre non è una strategia efficace, perché aumenta i livelli di eccitazione e finisce, sotto questo aspetto, per essere controproducente. Le attività fisiche fanno molto bene al cuore, al metabolismo, alla respirazione ma non costituiscono il modo migliore per ridurre la rabbia.


Diffusione delle tecniche di meditazione in Occidente

I concetti espressi in questa ricerca sono senza dubbio interessanti e dimostrano scientificamente l’utilità di tecniche molto diffuse in Oriente per ridurre la rabbia e prese in considerazione molto limitata nei nostri Paesi.

Visto il diffondersi della rabbia e della conseguente violenza nei giovani, potrebbe essere utile, oltre allo sport, affiancare tecniche di meditazione nelle scuole per sviluppare, fin dalla giovane età, la consapevolezza che corpo e mente sono indissolubili.

È quindi importante sfatare il mito che “se si è arrabbiati ci si deve sfogare” ma è molto meglio impegnarsi in attività che diminuiscono i livelli di eccitazione.

Il reagire in modo incontrollato genera a sua volta reazioni simili, e spesso l’orgoglio dei singoli impedisce una ricomposizione, con la conseguenza che la rabbia si autoalimenta. Non solo: se le esplosioni di rabbia rappresentano una reazione naturale, ancorché   sproporzionata, quando il soggetto non riesce a tenere a bada le sue reazioni rispetto a quelle che sono percepite come provocazioni interpersonali o rispetto a richieste che ritiene ingiuste, il problema diventa sociale.


I costi sociali

Oggi sono molti i fattori, dal modo di comunicare le notizie da parte dei mass media, alla mancanza di educazione che si palesa in un’infinità di situazioni (di cui la sporcizia che spesso si riscontra nelle strade e nei giardini pubblici ne sono un’esplicita manifestazione) che contribuiscono a creare violenza, mentre sono sempre meno quelli che tendono a indurre comportamenti razionali. Assodato che la rabbia non contribuisce a risolvere i problemi, la società, e noi in prima persona, dobbiamo cominciare a selezionare cosa produce rabbia e cosa la affievolisce in modo da stemperare i comportamenti eccessivi di cui gli unici a beneficiarne sono gli avvocati (che vedono aumentare esponenzialmente le cause), i giornalisti (che hanno così una gran quantità di notizie) e i frustrati (che, nelle esplosioni di rabbia altrui, trovano giustificazioni nel loro improduttivo comportamento).

 

Note

[1] Clinical Psychology Review 109 (2024) 1024j4. A meta-analytic review of anger management activities that increase or decrease arousal: What fuels or douses rage?

Sophie L. Kjærvik a,b, Brad J. Bushman a 

a The Ohio State University, USA, Virginia Commonwealth University, USA

 

 

 

66 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page