top of page

"Tolleranza zero" all'italiana: come si aggirano le legge sui pesticidi

di Giuseppe Altieri*


Domenica scorsa, in "Indovina chi viene a cena" su Rai3, è andato in onda un esemplare esempio di giornalismo al servizio del cittadino firmato da Sabrina Giannini che ha messo nel mirino l'uso dei pesticidi in agricoltura e l'alternativa agro-ecologica. Inutile aggiungere che il servizio meriterebbe di essere visto da chi non ha potuto seguirlo in diretta e di essere rivisto per accrescere il livello di consapevolezza di quanta "liberalità" discutibile, molto discutibile si spenda nell'agricoltura italiana. Da parte mia, aggiungo alcuni spunti, integrativi.

Le norme sulla produzione integrata - linee guida del Pan nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (D.lgs 150/2012) - prevedono esplicitamente l'impiego prioritario e obbligatorio di tutte le tecniche alternative ai prodotti fitosanitari sintetici detti pesticidi. E per legge esiste l'obbligo di produzione integrata in tutta Italia, vigente dal 2014. Per tutti gli agricoltori. Solo in caso di superamento delle soglie di danno, dopo aver usato i mezzi biologici, in caso di loro insufficienza, un consulente fitosanitario può autorizzare l'impiego di prodotti fitosanitari chimici sintetici, dacché le tecniche alternative biologiche sono a disposizione, molto spesso più efficaci e vige il principio giuridico "in primis non nuocere". Ma ciò non viene applicato e, "fuori della legge", si continua a usare prodotti chimici in priorità, secondo un fuorilegge" 'integrated pesticide management" regolato dal far west dei venditori della chimica che mandano dagli agricoltori i loro tecnici nonostante il chiaro conflitto d'interesse. Così decine di residui chimici indistruttibili e tossici si ritrovano sugli alimenti che ingeriamo ogni giorno con soglie di in "tolleranza" vergognose, in barba al referendum che nel 1990 ha visto il 93,77 degli italiani chiederne l' eliminazione.

A Malles, in Alto Adige, dopo la prima sentenza italiana del Tribunale di Pistoia che nel 2011 stabilì che un privato biologico o un giardino familiare ha diritto a non essere contaminato da pesticidi con "tolleranza zero" (causa Michelacci contro cantina Bonacchi), fui invitato a preparare un modello di ordinanza di divieto dei pesticidi e diritto delle aziende biologiche a tolleranza zero. Il modello di ordinanza diffusa in rete in moltissimi canali si basa anche sul fatto che dal 1992 i produttori biologici hanno diritto al pagamento agroambientale europeo dei mancati ricavi e maggiori costi, più il 30 trenta per cento per azioni collettive bio-territoriali. Un preciso invito ai produttori bio a diffidare i vicini "integrati nella chimica" e a non contaminare i prodotti biologici. Pagamenti che socializzano i costi della riconversione agroecologica, rendendola conveniente per gli agricoltori. Si calcola, infatti, che per ogni miliardo investito nelle produzioni biologica, benessere animale vero a misure agroclimatico-ambientali agroecologiche ne ritornano almeno 10 in sanità e prevenzione del dissesto idrogeologico.

Ma, per quanto guidati dal "faro di Malles ", invece di applicare la tolleranza "zero pesticidi" nei prodotti biologici, l'Italia ha moltiplicato per dieci il limite europeo di contaminazione. E ciò, come si può immaginare, consente anche di mischiare prodotto biologici con convenzionali. Un'altra beffa per l'onestà e il buon senso.

*Agroecologo

93 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page