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Sanità pubblica in crisi: siamo a rischio punto di non ritorno

Aggiornamento: 6 apr

di Giulio Fornero


Mercoledì scorso, 14 scienziati italiani, con alla testa il premio Nobel Giorgio Parisi, insieme con altri nomi di spicco tra cui il farmacologo Silvio Garattini, il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli e l'immunologo Alberto Mantovani, hanno dichiarato senza mezzi termini che il nostro Paese non può fare a meno del servizio sanitario pubblico. Più che un appello si è trattato di un allarme per la caduta che il sistema salute ha registrato negli ultimi anni. Non c'è da stupirsi: il governo Meloni stanzia meno della metà dei fondi di Stati omologhi come Germania e Francia. Ma con una vistosa pecca di prospettiva: tra 25 anni quasi 2 cittadini su 5, ricordano nel loro documento i 14 scienziati, avranno più di 65 anni e il sistema non sarà in grado di assisterli. Inoltre, il Servizio sanitario nazionale - sempre che si possa ancora definire nazionale - deve recuperare - aggiungono i firmatari, "il suo ruolo di luogo di ricerca e innovazione al servizio della salute. Parte delle nuove risorse deve essere impiegata per intervenire in profondità sull'edilizia sanitaria, in un Paese dove due ospedali su tre hanno più di 50 anni e uno su tre è stato costruito prima del 1940". L'ultima programmazione nell'edilizia sanitaria risale al 1988, quando l'allora ministro Carlo Donat-Cattin fece inserire nella legge finanziaria 20 mila miliardi di lire per l'edilizia e la tecnologia sanitaria. Sullo stato di salute della sanità pubblica interviene Giulio Fornero, direttore generale di più Asl del Piemonte negli anni passati.


E’ importante prima di tutto ricordare che il Servizio Sanitario Italiano può vantare risultati molto positivi: nei Rapporti internazionali più recenti (in particolare è molto dettagliata e attendibile le relazione OECD di fine 2023 sulla Salute nei Paesi Sviluppati), sono riportati indicatori di salute favorevoli per l’Italia, come la buona aspettativa di vita e la buona sopravvivenza per le persone ammalate di tumori o di infarto miocardico acuto, grazie al Servizio Sanitario Nazionale e a dimostrazione che deve essere difeso.

Il miglioramento della salute infatti dipende innanzitutto dalla qualità e dalla spesa dei sistemi sanitari universali (mentre, al contrario la spesa diretta “dalle tasche” delle famiglie incide negativamente sull’aspettativa di vita); il secondo determinante per importanza è l'istruzione; poi il reddito, il lavoro, gli stili di vita, l’ambiente.

D’altra parte, però, in Italia c’è stato un eccesso di mortalità durante la pandemia, gli ospedali sono tra i più vecchi in Europa, si investe troppo poco per gli sviluppi digitali della Sanità, per la formazione e la valorizzazione anche economica di chi lavora e di chi lavorerà in sanità (infermieri, medici, professionisti sanitari tutti, personale tecnico e amministrativo) e si consente una deriva verso la spesa sanitaria catastrofica a carico delle famiglie, per esigenze insoddisfatte di assistenza a lungo termine domiciliare, diurna e residenziale, per odontoiatria, farmaci, prestazioni ambulatoriali, ecc., anche perché la questione dei tempi di attesa per visite, esami e interventi chirurgici sta creando barriere insormontabili per l’accesso a questi servizi, pure nelle Regioni in cui l’assistenza sanitaria ambulatoriale è quasi totalmente devoluta al privato accreditato.

 

Alcuni dati sono particolarmente allarmanti per l’Italia:

-       La spesa in conto capitale (per nuovi ospedali e strutture sanitarie e per la manutenzione straordinaria di quelli esistenti) per la sanità in rapporto al PIL è poco più di un terzo di quella tedesca

-       L’età media dei medici è la più elevata al mondo

-       Il numero degli infermieri in rapporto alla popolazione è un terzo rispetto ai Paesi del Nord Europa e soprattutto siamo agli ultimi posti tra i paesi sviluppati per numero di nuovi laureati in Infermieristica ogni anno

-       L’Italia è agli ultimi posti tra i paesi sviluppati, quanto a bisogni sanitari non soddisfatti per le persone con più di 65 anni che vivono a casa e per quota di famiglie con spese sanitarie catastrofiche

 

Si può e si deve investire molto di più per la salute e per l’assistenza sanitaria degli Italiani, con l’impegno a correggere le pericolose tendenze attuali relative a qualità strutturale e impiantistica degli edifici sanitari, scarsa valorizzazione dei professionisti e del personale sanitario e spesa sanitaria direttamente a carico delle famiglie: è necessario un patto tra le Istituzioni, le Parti Sociali, le Associazioni di Volontariato, per lo sviluppo e la governance ambientale e sociale, per la salute e in particolare per il benessere mentale, per strategie di equità in sanità (a favore di tutte e di tutti, ma soprattutto delle persone più svantaggiate: malate polipatologiche non autosufficienti, portatrici di disabilità, indigenti, migranti, rifugiate, senza fissa dimora), per il controllo e l’utilizzo da parte di tutti della trasformazione digitale e dei progressi a ritmo rapido della scienza medica, per l’aggiornamento e il rafforzamento della sanità pubblica.   

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