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L'Europa ordina di recuperare le esenzioni Ici: che farà l'Italia?

di Anna Paschero

Il 3 marzo scorso la Commissione Europea ha chiuso, in via definitiva il “caso”(SA 20829) riguardante le esenzioni dall’ICI (Imposta Comunale sugli Immobili) a favore degli immobili utilizzati da Enti ecclesiastici e da società sportive dilettantistiche negli anni dal 2006 al 2011. Tale decisione ingiunge all’Italia di recuperare i benefici economici concessi in quanto rappresentano aiuti di Stato illegali, ai sensi dell’art. 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.


Dal 2006 indagini al rallentatore

Il caso nato nel 2006 per iniziativa di soggetti denuncianti, si è risolto con una prima decisione di avviare il procedimento di indagine formale da parte della Commissione solo a ottobre del 2010 e con la successiva decisione di incompatibilità con il mercato interno ai sensi delle norme dell’Unione europea a dicembre del 2012; decisione che sanciva l’illegalità degli aiuti, ma non ne ordinava il recupero per la dichiarata impossibilità da parte dell’Italia di farlo in quanto le banche dati catastali e fiscali non consentivano l’individuazione dei beneficiari.

Il 6 novembre 2018 la Corte di Giustizia Europea ha annullato la suddetta decisione nella parte in cui la Commissione ha rinunciato a ordinare il recupero di aiuti illegali concessi dall’Italia, ricordando, nella propria sentenza che “l’ordine di recupero di un aiuto illegale è la logica e normale conseguenza dell’accertamento della sua illegalità” aggiungendo che la Commissione “avrebbe dovuto anche esaminare l’esistenza di modalità alternative che consentissero un recupero, anche solo parziale degli aiuti”.

La Commissione con la decisione degli ultimi giorni, pur riconoscendo l’esistenza di difficoltà tecniche espresse dall’Italia, ma in ossequio alle decisioni della Corte, si è premurata anche di suggerire al nostro Paese come procedere al recupero, ad esempio utilizzando i dati delle dichiarazioni presentate per l’applicazione dell’imposta sugli immobili o le autodichiarazioni, cercando tuttavia di riprendere, almeno in parte, l’aiuto economico corrisposto illegalmente.


6 miliardi di evasione Imu e affitti in nero all'anno

Quelli sopra esposti sono i fatti e quelle che seguono alcune considerazioni. Chi ha denunciato l’illecito ha dovuto attendere 17 anni per vedere soddisfatta la propria aspettativa di giustizia e di legalità, sempre che essa si concretizzi anche nei fatti, ovvero nel rientro nelle casse dello Stato delle mancate entrate fiscali. Operazione non scontata in quanto tali entrate ai sensi di legge sono già prescritte da anni. Occorrerebbe quindi l’intervento di un provvedimento legislativo che riapra eccezionalmente i termini della riscossione a cui dovrebbe provvedere il Governo, perché la decisione è rivolta a quest’ultimo organo.

La dichiarazione da parte dell’Italia, della impossibilità di rintracciare i beneficiari dell’aiuto illegalmente concesso è di assoluta gravità perché ammette una situazione di confusione e di mancato controllo del prelievo fiscale sugli immobili, denunciando uno strumento catastale inadeguato e la presenza di banche dati che continuano a non comunicare tra di loro.

E questa situazione non riguarda solo questa fattispecie di tributo ma è purtroppo generalizzata, altrimenti non si giustifica un livello di evasione fiscale nel nostro Paese così elevato. L’evasione, tra IMU (Imposta municipale propria) e affitti in nero supera i 6 miliardi all’anno su un totale di 86,5 miliardi di euro di imposte e tasse. Risorse che, se riscosse, potrebbero allineare l’Italia ai principali paesi europei per risorse da destinare a sviluppo, ricerca e ambiente, recuperando il divario esistente con l’Europa.






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