top of page

I "Fari di pace" di Weapon Watch

di Carlo Tombola*

Papa Francesco ogni tanto ci torna sopra: «Due o tre anni fa a Genova è arrivata una nave carica di armi che dovevano essere trasferite su un grande cargo per trasportarle nello Yemen. I lavoratori del porto non hanno voluto farlo. Hanno detto: pensiamo ai bambini dello Yemen. È una cosa piccola, ma un bel gesto. Ce ne dovrebbero essere tanti così».[1]

Per la cronaca, l’episodio fu simbolicamente importante. Nel maggio 2019 una ditta di Roma presentò all’imbarco, nel porto di Genova, una serie di grandi shelters (container abitabili) e generatori di energia. I portuali genovesi scoprirono che erano destinati alla Guardia nazionale saudita, un corpo militare d’élite che il Regno saudita ha impiegato anche nella lunga guerra in Yemen. La merce venne presentata come civile, ma la stessa azienda produttrice aveva chiesto e ottenuto l’autorizzazione all’esportazione secondo quanto dispone la legge 185 del 1990, che riguarda solo le merci militari, destinate alle forze armate dei paesi acquirenti. Quando l’inganno venne reso pubblico, e i camalli del porto dichiararono sciopero per non caricare quel materiale sulla nave (anch’essa saudita) che attendeva al molo, furono le stesse autorità a chiudere la questione e a rimandare quella merce al mittente.

L’episodio fece il giro del mondo, attirò le simpatie di movimenti e militanti da molti paesi e la solidarietà dei sindacati francesi, sudafricani, canadesi, statunitensi, scozzesi... Le “navi della morte” saudite smisero di toccare regolarmente i porti nordeuropei, ma non Genova, da cui passa ogni venti giorni circa, e sono sempre stracariche di armamenti pesanti (elicotteri, blindati, carri armati da combattimento, ecc.) e di munizioni (container di esplosivi sul ponte).

Così dagli stessi portuali nacque l’impulso a organizzare meglio la conoscenza e l’analisi del movimento navale al servizio degli eserciti in guerra. Cioè nacque the Weapon Watch, l’osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterranei con sede a Genova, fondato insieme a esperti di logistica, lavoratori, sindacalisti, che si diede subito un orizzonte internazionale, l’unico possibile per comprendere rotte e commerci gestiti dal sistema logistico marittimo.

In questi tre anni di attività, WW ha studiato, informato, denunciato, presentato esposti alle autorità, insomma ha tenuto accesi i riflettori sulle lucrose quanto opache attività di compagnie armatoriali, produttori di armi, agenti marittimi e intermediari vari. Si è preoccupata della sicurezza dei lavoratori e degli abitanti delle aree più prossime ai porti in cui fanno tappa navi cariche di ingenti quantità di esplosivi. E ha continuato a riprendere e pubblicare le prove che i lavoratori della logistica, nei porti e negli aeroporti italiani, raccoglievano per testimoniare il grado di implicazione del loro lavoro nell’economia di guerra. L’obiezione di coscienza dei lavoratori che rifiutano la complicità nelle “guerre degli altri” – prima lo Yemen, la Libia, la Siria, il Sudan; poi l’Ucraina; ora la Palestina – non è diventata più ampia, ma l’attenzione sta divenendo più acuta e l’azione esemplare sempre più necessaria.

WW si è anche assunta compiti ambiziosi, di coordinamento e sensibilizzazione.

Nel settembre 2021 una delegazione ha partecipato ad Amburgo alla Friedekonferenz (‘conferenza di pace’) organizzata dal sindacato Ver.di sul tema delle politiche di riarmo nel cambiamento climatico. E sempre ad Amburgo abbiamo sostenuto le ragioni del referendum popolare per un ziviler Hafen, un porto ‘civile’ in cui non si movimentino merci militari, iniziativa che è stata recentemente bloccata da un’eccezione di competenza costituzionale.

Nel giugno 2022 WW ha presentato il suo progetto al Parlamento europeo a Bruxelles, grazie al sostegno del gruppo parlamentare The Left/die Linke, e tenuto una conferenza internazionale intitolata significativamente “Civil Harbours & Airports - No Arms for War and Oppression” a cui hanno partecipato delegazioni sindacali e lavoratori da una decina di paesi.

Insieme Pax Christi, WW organizza un tour di sensibilizzazione e mobilitazione nelle città portuali italiane. Lo abbiamo chiamato i “Fari di pace”, che abbiamo via via acceso – per rimanere nella metafora – a Savona, Genova, La Spezia, Napoli, Bari e in un vicino futuro anche a Monfalcone e a Ravenna, sempre cercando e raccogliendo il sostegno ampio della società civile locale e delle associazioni laiche, religiose, sindacali, giovanili ecc.

Infine c’è l’attività editoriale. Oltre ad aggiornare la pagina web (www.weaponwatch.net) e il blog su FB, il gruppo di lavoro di WW ha messo a punto due importanti pubblicazioni. La prima è il Manuale per weapon watcher, edito in tre lingue e scaricabile dal sito web, strumento pensato per diffondere le tecniche di osservazione che ogni cittadino può mettere in campo per individuare il movimento di armamenti nel quotidiano flusso logistico, in tutte le sue modalità (stradale, ferroviaria, aerea e marittima).

La seconda pubblicazione è quella dell’Atlante dell’industria militare in Italia, un atlante interattivo consultabile on line in cui compaiono un migliaio di aziende operanti nel nostro paese e connesse con il sistema militar-industriale. Strumento che per ora è aperto solo alla consultazione dei ricercatori indipendenti, ma che in prospettiva sarà rivolto alla consultazione libera, senza escludere che possa avere anche una versione cartacea ed e-book.


* Presidente di The Weapon Watch


Note

[1]Luciano Fontana, “Intervista a Papa Francesco: «Putin non si ferma, voglio incontrarlo a Mosca. Ora non vado a Kiev»”, Corsera, 3.5.2022

20 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page