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Correlazioni tra influenza dei social e disturbi alimentari

di Giuseppina Viberti e Germana Zollesi

Il Coronavirus, per la dirompenza che ha avuto sul nostro modo di vivere, ha per un certo periodo catalizzato l’attenzione su tutti i problemi connessi alla salute: tutto era colpa del virus. Oggi si cominciano a rilevare problemi che sicuramente la pandemia ha, direttamente o indirettamente, aggravato, ma che necessitano di una disamina globale prendendo in considerazione tutti gli elementi costituenti la problematica.

Da più studi emerge che ad influenzare i comportamenti sono più variabili tra loro interconnesse da analizzare singolarmente e nei loro effetti associati. È il caso dell’influenza dei social network sui disturbi alimentari che ovviamente sono conseguenza dell’evolversi dei comportamenti sociali, ma per i quali i media ricoprono un ruolo determinante.


Il D.C.A, disturbi del comportamento alimentare

Due ricercatrici dell’Istituto per la salute globale dello University College di Londra, hanno pubblicato su PLOS Global Public Health una metanalisi di 50 studi condotti tra il 2016 e il 2021 su ragazzi di entrambi i sessi di età compresa tra i 10 e i 24 anni, provenienti da 17 Paesi (oltre Stati Uniti, Australia e diversi Paesi europei ed asiatici). Oggetto delle diverse analisi erano i rapporti tra utilizzo dei social, l’immagine corporea e i Disturbi del Comportamento Alimentare (D.C.A.). Questi ultimi sono disturbi psichiatrici invalidanti, caratterizzati da un rapporto patologico con l'alimentazione e con il proprio corpo (il cosiddetto dismorfismo corporeo caratterizzato da eccessive preoccupazioni per difetti percepiti nell'aspetto fisico) che, nelle loro forme estreme, possono risultare anche mortali, e che sicuramente possono compromettere la salute e le relazioni sociali di un soggetto. Fenomeno particolarmente manifesto nell’adolescenza, quando si costruisce l’immagine corporea a seguito dei cambiamenti cognitivi, biologici e psicosociali, allorché si tende a sviluppare un’insoddisfazione causata dai disturbi dell’immagine (da cui l’anoressia e la bulimia Nervosa o il disturbo da dismorfismo corporeo).

La gravità della patologia è testimoniata dalla crescita del 30% dell’incidenza di queste malattie, accompagnato da un abbassamento dell’età delle prime manifestazioni, che raggiunge ormai i bambini delle scuole elementari.

L’esaltare i prodotti alimentari nell’arte non è certo un fenomeno solo dei giorni nostri: se si ripercorre la storia dell’arte, dal Rinascimento ad oggi, si può notare come le pietanze vengono rappresentate accentuando la loro desiderabilità e presentate in forme scenografiche esteticamente accattivanti, fino all’apogeo delle "Teste Composte" di Arcimboldo che si divertiva a combinare tra loro frutti di vario genere, formando composizioni che ricordano i volti di una persona (tra i più famosi: L’Ortolano, Summer, Vertumno, Testa delle quattro stagioni).

Il fenomeno dell’inclusività

I social media, la TV, i giornali e la moda tendono sempre di più a sviluppare il concetto dell’inclusività delle persone magre e in sovrappeso, “diverse” dall’immaginario collettivo che vuole, soprattutto le donne, simili a modelli pressoché irraggiungibili (attrici, modelle, influencer).

Se da un lato è assolutamente necessario educare i giovani e anche gli adulti a considerare uguali tutti gli esseri umani, è però fondamentale fare attenzione a non cadere nell’errore di considerare l’obesità come una condizione “normale” perché non è così. I costi sociali e in termini di salute dell’obesità sono noti a tutti e quindi è indispensabile mantenere un giusto equilibrio quando si affrontano questi temi soprattutto con i giovani che sono più facilmente influenzabili.

Età, livello culturale, condizioni sociali e reddito, sono tra i principali, ma non unici, fattori che condizionano le nostre scelte alimentari e, di conseguenza, non analizzarle solo per dar corso a polemiche di parte, sarebbe un grave errore.

Il fascino dell’abbondante, il foodporn

Dopo secoli di fame e scarsità di cibo, appare quasi una rivalsa storica potersi concedere qualche piatto, solo per il piacere della degustazione, ben ricordando che Dante poneva i Golosi nel VI Canto dell’Inferno. Se in vita non riuscivano a contenere gli eccessi, i golosi nell’Aldilà veniva sottoposti ad una pena avvilente: giacciono nella sporcizia, esposti alle intemperie e scorticati da Cerbero.

Quello che però accade ai giorni nostri è che, chi è già propenso (o è spinto) a considerarsi poco piacente a causa del proprio aspetto, ricerca nei social una soluzione correttiva immediata a queste sue apprensioni con un’intensità che trova uguali solo nella decadente Bisanzio (dove la cura del corpo e la cosmesi assunsero un ruolo centrale, sia a livello sociale che economico). Ne consegue che sempre più spazi vengono dedicati all’alimentazione, generando un circolo vizioso che si auto-amplifica, tanto da parlare di foodporn (coniato dalla critica femminista Rosalind Coward nel suo libro del 1984 Female Desire) prendendo a prestito il concetto di esaltazione visiva e spettacolare di preparazioni alimentari (in genere ad alto contenuto di grassi e calorie) che suscitano il desiderio di mangiare con un meccanismo simile a quello raggiunto dalle rappresentazioni pornografiche.


I "like" sulle esperienze gastronomiche

Quanta importanza abbiano oggi i social sul comportamento alimentare è difficile da quantificare oggettivamente (anche perché ognuno di noi è condizionabile in modo diverso), ma lo spazio acquisito dall’argomento sui social, sui canali televisivi e sui mass media più in generale sono la testimonianza di una rapida e crescente evoluzione del fenomeno. La stessa Meta Platforms, Inc. (impresa statunitense che controlla i servizi di rete sociale Facebook e Instagram, i servizi di messaggistica istantanea WhatsApp e Messenger) ha messo in guardia dal rischio di disturbi del comportamento alimentare, soprattutto tra le ragazze più giovani, nel girovagare nel web.

Su un altro versante, nell’evolversi dei comportamenti sociali, il piacere per gli occhi sta diventando appagante tanto quanto le sensazioni provocate dalle papille gustative: tendenza amplificata dai social che trasformano l’esperienza gastronomica in un momento collettivo da condividere con gli altri, come testimoniano i “like” appuntati (solo su Instagram l’hashtag vanta oltre 300 milioni di foto, mentre su Twitter è identificato oltre 100 milioni di volte).

Occorre ricordare come i social media (Instagram compreso) possano fornire informazioni corrette ed utili alla divulgazione scientifica, favorendo il recupero (i profili recovery) e presentando immagini corporee positive, ma i comportamenti positivi suscitano meno appeal e attraggono sempre meno il grande pubblico. Nel mentre le scienze in oggetto sviluppino nuove conoscenze, si consiglia di effettuare un minor numero di scatti con il cellulare e degustare il piatto, splendidamente presentato, alla temperatura ottimale.

E buon appetito.

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