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Boots on the ground: è l'ora di truppe europee in Ucraina?

Aggiornamento: 4 mar

di Michele Corrado*


In questi ultimi giorni si stanno moltiplicando le “voci” di un maggiore coinvolgimento dei Paesi europei nel conflitto ucraino insieme con la “scoperta” di personale appartenente alla Nato operante su quel territorio. Lo stupore non è però giustificabile, perché si tralascia il particolare non secondario che il conflitto attuale va retrodatato al 2014, dopo la presa incruenta della Crimea da parte delle Forze armate del Cremlino. Da quel magistrale colpo di mano (Sun Tzu lo classifica come esempio perfetto di Arte Militare, "vincere senza combattere"), la Nato ha offerto supporto alle autorità ucraine per elevare il livello delle loro Forze Armate a uno standard minimo che consentisse un futuro loro ingresso nell’Alleanza. Intervento che non è stato accolto quietamente da Mosca, né sotto silenzio, ma che il presidente Putin ha derubricato per opportunità come il male minore, in attesa di nuovi sviluppi nello scenario geopolitico, in cambio della presa indolore della Crimea.

Ora, pur essendo tutti a conoscenza di questa situazione, l'Occidente non si è preoccupato dell'evolversi della situazione. Anzi. Da allora, i rapporti commerciali con l'Unione Europea si sono intensificati e fino a metà 2019, non si aveva sentore di tensioni o di crisi con la Russia. Dopodiché, lo Stato maggiore russo ha cominciato a dispiegare (ammassare) le sue truppe ai confini ucraini in vista di una Operazione Militare Speciale che doveva portare a replicare, su scala definitiva, il controllo dell'intero territorio ucraino nel volgere di alcuni giorni e di ripristinare lo status ante "rivoluzione di Maidan" (febbraio 2014), culminata nella fuga in Russia del presidente Viktor Janukovyč. Purtroppo (per Putin), l'apparato militare ucraino (leggerezza dell'intelligence russa o tentativo voluto di destabilizzare il vertice del Cremlino?) non era lo stesso di otto anni prima e l'Operazione speciale si è rivelata un autentico flop con vistose e non contemplate perdite. Così da due anni, ma non abbiamo nel quotidiano questa percezione, siamo rientrati in una situazione di belligeranza ad alta intensità in Europa, come non si vedeva dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. La Guerra fredda è stata tale proprio per l'assenza di consumo di mezzi e materiali bellici, se non quelli derivati dai periodici ammodernamenti.

Sotto il profilo geopolitico, è più che evidente che la Russia, anche per ragioni di sicurezza, percepisce l’Ucraina come parte integrante del Paese, insieme alla Moldavia ed alle Repubbliche Baltiche. Ne deriva che per il Cremlino - fautore della Grande Russia - sia nell’ordine naturale delle cose procedere al riaccorpamento progressivo di quei territori staccatisi in seguito alla dissoluzione dell'Unione Sovietica. Questo dicono i discorsi della leadership.

L'Occidente ha così deciso di intervenire su questo processo basandosi su presupposti storici contemporanei (l’evoluzione e l’espansione dei sistemi democratici), che non trovano corrispondenza nella mentalità dei vertici russi odierni. Ma neppure di quelli passati.

Come si esce da questa situazione è prematuro discuterne perché ancora dobbiamo entrarci del tutto. Tuttavia sarebbe stato opportuno valutare il contesto geopolitico interno nel quale si muove la Russia, anziché di intervenire secondo le nostre percezioni quotidiane di breve periodo in una questione che si evolve su basi storiche secolari.

Il problema è, e sarà, la mancata rassegnazione delle élite russe alle ingerenze occidentali sul loro territorio. Ingerenza che non comprendono, e ancora meno accettano (si ricordi l'intervento degli alleati durante e dopo la Grande Guerra, in particolare di britannici, americani, francesi, italiani, uniti nella guerra civile russa del 1919 contro i bolscevichi). Dunque giudicate ostili, nemiche, e come tali da combattere e vincere. Quindi, è probabile che, dopo questi dieci anni di eventi a bassa e ad altra intensità in Ucraina e nella regione del Donbass, si sia soltanto agli inizi e non verso la conclusione di una crisi che investe l'Europa e che mette in scena attori protagonisti che europei non sono, ma che al pari della stessa Europa, con cui hanno avuto rapporti secolari, hanno una loro storia che non reputano inferiore a nessuno. Un bel rompicapo, davvero, per tutti.


*Col. (aus.) Esercito Italiano

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