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Askatasuna: "il dado è tratto" Ora si sostanzi la delibera

di Beppe Borgogno


La delibera della Giunta comunale di Torino sul futuro utilizzo del palazzo di Corso Regina Margherita 47, che da qualche decennio è occupato dal centro sociale Askatasuna, merita un supplemento di riflessione, se non altro per la raffica di interventi e polemiche che si è scatenata sui mezzi di informazione. Inevitabile. La discussione sulle cronache cittadine dei principali quotidiani e su questo stesso sito[1] non poteva non dare vita a una progressiva, quanto faticosa, messa a fuoco dei numerosi temi che l’iniziativa si trascina dietro. Cui si aggiungono le implicazioni politiche che come un riflesso pavloviano radicalizzano il dibattito già piazzato sui binari dell’imminente campagna elettorale, e l'ormai consueta tendenza a polarizzare e a semplificare le argomentazioni, il che non favorisce la chiarezza, quando si ha a che fare con situazioni e strumenti amministrativi complessi.

Per aiutare il percorso di messa a fuoco, conviene partire dalla vera novità attorno a tutta questa vicenda: la città, finalmente, ha deciso di occuparsi di come si restituisce quell’immobile a sé stessa e ai cittadini. Per farlo, ha cercato una via alternativa allo sgombero con la forza, alle tensioni per l’ordine pubblico, alla ricerca accelerata di una nuova destinazione pur di non lasciare libero l’immobile. Senza dubbio è una decisione coraggiosa, visto il clima politico generale ed il peso e l’autorevolezza della città in un contesto così particolare per la storia del nostro paese. L’amministrazione ha quindi deciso di aprire un percorso che per sua natura si profila irto di polemiche e lungo il quale non sarà certamente facile trovare alleati o "sponsor" ideologici .

Lo ha fatto con una delibera che, in questo momento, ha soprattutto il carattere di un documento d’intenti, perché ancora mancano le tappe e gli strumenti amministrativi indispensabili per raggiungere l’obiettivo e dettagliare i confini di un’operazione con tanti intrecci. La forza di una amministrazione, oltre che nella sua autorevolezza e nello stato generale dei rapporti di forza, sta nella nettezza e nella trasparenza dei suoi atti, e nella loro coerenza con gli obiettivi dichiarati. La discussione di queste settimane, oltre alle semplificazioni e agli schematismi, ha mostrato come su alcuni dei passaggi necessari per andare avanti vi siano punti che devono essere ancora chiariti.

La messa a fuoco progressiva deve considerare la storia di quel luogo e i confini entro cui collocare l’esperienza di “coprogettazione” delle attività rivolte ai cittadini e di “cogestione” dell’immobile. Askatasuna ha condotto, fin dall’inizio, attività di collaborazione con le realtà del quartiere, ma è stato anche uno dei luoghi più importanti di un antagonismo che ha spesso scelto la via dello scontro violento. L’affermazione, contenuta nella delibera, secondo cui “l’amministrazione agirà con l’obiettivo di conciliare l’esigenza di garantire spazi di libero e democratico dibattito in un quadro di legalità e di non violenza” è sacrosanta, ma va costruita e dettagliata con estrema precisione e forte senso di responsabilità, anche rispetto a quali conseguenze ci sarebbero se ciò non avvenisse. Il “rilascio” dell’immobile, poi, è un passaggio talmente delicato da meritare certamente qualche elemento in più, sui tempi e le modalità, oltre ad essere considerato la condizione preliminare per la “coprogettazione”.

La messa in sicurezza dell’immobile sarà una operazione delicata e sicuramente onerosa, i cui confini tecnici sono ancora da definire, così come lo sono anche quelli amministrativi. Però, va altresì rilevato, come dalla discussione recente - a conferma delle spinte e controspinte che subisce la proposta - sia emerso il paradosso di addebitare gli interventi a carico di chi ha proposto l'accordo (soggetti privati) e non a spese dell'amministrazione comunale. E sempre nella discussione sui giornali, c’è chi ha immaginato che le attività future potranno essere assegnate attraverso bandi a vari soggetti, senza coinvolgere necessariamente quelli collegati con gli attuali occupanti, contraddicendo almeno in parte le affermazioni secondo cui parrebbe esserci un legame tra chi è coinvolto nella coprogettazione e la successiva gestione condivisa.

Insomma, i passi che l’amministrazione ha di fronte sono delicati, ma sono anche quelli da cui potremo capire quanto essa è convinta del percorso che ha intrapreso, e da cui potrà trarre la forza e l’autorevolezza indispensabili per percorrerlo.

Non è certamente la prima volta che la città si trova a fare scelte in netta controtendenza rispetto al clima e all’umore generale. Si ricordi, per esempio, la gestione della ondata migratoria verso San Salvario negli anni Novanta del secolo scorso su cui si spese con grande determinazione anche la Curia metropolitana e i parroci del quartiere, o il modo in cui è stato affrontato il problema dei nomadi dalla giunta Fassino, o la scelta di non assecondare le tante ondate securitarie che si sono susseguite, senza per questo rinunciare a considerare la sicurezza una priorità da coniugare con la convivenza e la coesione. Sempre, però, si è trattato di passaggi in cui la determinazione politica e la chiarezza amministrativa sono stati il tratto distintivo della città, anche quando i rapporti di forza non erano così favorevoli all'esecutivo.

Si è trattato, quasi sempre, di scelte fatte senza che vi fosse la condivisione formale o l’adesione esplicita degli organi dello Stato presenti sul territorio, con confronti anche aspri, ma mai in contrapposizione gli uni agli altri e sempre nel rispetto delle reciproche autonomie. Anche la capacità, tra istituzione diverse, di misurarsi e confrontarsi è stata una delle caratteristiche della nostra città, a partire dall’essere la prima che formalizzò, fin dagli anni ’90, il Tavolo per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica.

Ora c’è un nuovo, delicato  ed ambizioso obiettivo da raggiungere: non è inutile, forse, prendere qualche esempio positivo dal passato.


Note

[1]https://www.laportadivetro.com/post/askatasuna-leggere-la-delibera-non-si-fa-peccato; https://www.laportadivetro.com/post/critiche-al-progetto-askatasuna-i-soliti-muri-in-testa-di-chi-sposa-soltanto-la-repressione


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