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Virus ed eversione: minacce differenti, identico contrasto, ma con qualche distinguo…

Aggiornamento: 21 apr 2023

di Germana Tappero Merlo

In questi mesi di emergenza sanitaria si è abusato di termini quali nemico invisibile, rischio pubblico, resilienza, violazione e rispetto della privacy, e così via, replicando un copione molto simile a quando si è di fronte a una minaccia terroristica. In effetti, l’obiettivo del contrasto al virus o alle azioni eversive violente, di fondo, è lo stesso: salvare vite umane. Del resto che il comportamento del nemico lo si osservi attraverso i vetrini di un laboratorio o nelle analisi di azioni, dichiarazioni o intercettazioni, di fatto, non cambia nella sostanza: in gioco vi sono la salvaguardia del benessere della comunità, la continuità della vita privata, economica, lavorativa della gente, l’ordine pubblico e, di conseguenza, tutto ciò che ruota attorno alla stabilità di una nazione. Inoltre i virus, e lo si è appreso in questi mesi, come le minacce terroristiche, mutano, si adeguano al contrasto e la curva di apprendimento di entrambi i fenomeni è in continua evoluzione: sbagliato, di conseguenza, adagiarsi su quanto fino a quel momento appreso e ottenuto. È necessario prepararsi, quindi, ad ogni possibile mutamento. L’obiettivo è unico, e rimane sempre lo stesso, ossia quello di salvare vite umane. Le similitudini nel contrasto ai due fenomeni proseguono poi nelle innumerevoli occorrenze che si risolvono principalmente nel possedere un buon e collaudato sistema di risposta immediata, si tratti di strutture sanitarie adeguate o di forze di polizia e magistratura, tutte preparate a contenere, arginare e appunto a combattere il nemico. Si debbono possedere appropriati strumenti per il controllo fisico, sia esso quello umano o quello di un territorio nazionale. Tecnologia come violazione/protezione della privacy

Affinché si sia vincenti nel contrastare la minaccia deve esserci, obbligatoriamente, una leadership e un processo decisionale politico estremamente professionale, perché le crisi e le emergenze nazionali, di qualsiasi natura, necessitano sempre di una gestione ad altissimo livello. Ciò è dovuto al fatto che vi sono innumerevoli realtà da coordinare, che siano comuni, province, regioni, e tutti costoro con i settori privati, data la predisposizione, sia dei virus che dei gruppi terroristici, a privilegiare luoghi pubblici e realtà affollate, dalle scuole, ai luoghi di lavoro o di culto, mezzi di trasporto ma anche le piazze e addirittura i social media. Da qui le misure collettive che già conosciamo. Se per il contrasto all’eversione si tratta di provvedimenti agli embarghi negli aeroporti o la blindatura di aree pedonali, ad esempio, per il virus si tratta del lockdown, oppure del tracciamento dei contagi attraverso applicazioni su smartphone, solo per citarne alcune. La tecnologia, con ciò che comporta come violazione/protezione della privacy è, in entrambi i casi, necessaria e insostituibile. Trasparenza politica, principio fondamentale

Proprio perché i settori sono estremamente delicati, in cui sono in gioco dati sensibili e il rispetto del privato, la gestione politica, per entrambe le minacce, deve quindi essere necessariamente trasparente: è la prima, buona ed elementare regola per un efficace contrasto al terrorismo. Non si deve pensare sia diverso per il virus. La “trasparenza politica” fa sì che le logiche che sottostanno alle misure da intraprendere siano chiare e comprensibili al pubblico che le dovrà rispettare, aiutando, in tal modo, l’autorità pubblica a contenere il fenomeno e a definire chiaramente le responsabilità. Ed è forse l’unico ambito in cui virus ed eversione si distinguono nettamente: se nel contrasto al terrorismo non si possono attribuire colpe alle vittime di un attentato, per il mancato rallentamento di una epidemia o addirittura il suo ampliamento, le responsabilità sono per lo più direttamente imputabili a comportamenti individuali scorretti, e quindi l’intera comunità ne risponde. Ecco perché l’imposizione e il richiamo delle autorità a obblighi comportamentali tassativi per ogni singolo individuo devono essere suffragati da argomenti chiari e trasparenti. Collaborazione internazionale prioritaria

L’obbligo morale, poi, della dirigenza politica deve essere sempre quella di esprimersi senza spargere terrore od ansia, non solo nell’immediatezza di un fatto tragico (attentato terroristico o innalzamento del numero dei morti per virus) ma anche nel medio e lungo periodo, ad allarme contenuto e nel progressivo ritorno alla normalità. In ballo, sempre ed inevitabilmente, le ripercussioni economiche e finanziarie, che siano le conseguenze del blocco della attività commerciali e produttive o le reazioni dei mercati. Non da meno la pandemia da Covid-19 è un fenomeno appunto globale e come tale, e come i più recenti fenomeni terroristici, deve essere affrontato. Come per l’eversione di matrice jihadista, ad esempio, per questo virus non sono mancate le speculazioni sulla sua origine e sulle relative responsabilità anche di nazioni straniere, dallo spillover del pipistrello alla manipolazione in un laboratorio di Wuhan. Verità o menzogne, illazioni e giudizi che proseguiranno ancora e che, al momento, sono anche strumentali alle relazioni internazionali, si tratti di perseguire la Cina per un risarcimento finanziario, oppure immaginare una seconda Guerra Fredda fra Pechino e Washington, argomento di cui abbondano le analisi giornalistiche di queste settimane e che rimarrà per i mesi a venire. In entrambi i casi è sempre strategica la condivisione delle informazioni, quella information sharing su cui deve obbligatoriamente poggiare la collaborazione fra intelligence mondiali di fronte a minacce collettive e globali, che siano appunto terroristiche o sanitarie. Ancora una volta, un fattore comune, fondamentale fra i due fenomeni. Terrorismo e pandemia: l’imperativo è non abbassare la guardia

Rimane da chiedersi, dunque, se le autorità nazionali di tutti i Paesi, e quelle italiane per quel che ci riguarda, nell’avversare efficacemente il Covid-19 siano state coerenti a queste iniziali, elementari regole che sottostanno al contrasto di tutto ciò che riguarda la minaccia alla sicurezza nazionale. Non è una speculazione retorica, quanto piuttosto una riflessione di fronte a quanto sofferto dal Paese sino ad ora, come pure ai segnali che già provengono dal mondo dell’eversione terroristica. Sono già apparsi cenni su siti web, in particolare di gruppi dell’estrema destra eversiva, circa il weaponize the virus, ossia l’eventualità del ricorso al bioterrorismo come arma, trasformando un virus in una risorsa tattica contro la collettività. Un compito, per fortuna, irto di innumerevoli difficoltà e di controindicazioni per gli stessi terroristi. Tuttavia, ciò non basta per allentare la guardia verso minacce ormai globali. La misura più efficace rimane comunque una classe politica preparata, ad altissimo livello. Per questo Paese, si può solo sperare nelle lezioni apprese dal lungo e faticoso contrasto al Covid-19.


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