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Tre settimane di visite alla mostra “Torino ferita, 11 dicembre 1979”

Aggiornamento: 26 nov 2022


Da domani, lunedì 14 marzo, e per tre settimane fino al 1° aprile trenta foto che raccontano la Torino negli anni del terrorismo sono in mostra (sono già numerose le prenotazioni di classi di studenti per una visita guidata), nella grande sala della Biblioteca Nazionale Universitaria in piazza Carlo Alberto. La mostra, che ha il suo centro motore nell’associazione La Porta di Vetro che l’ha organizzata, e gode del sostegno del Consiglio regionale del Piemonte e del Comitato Resistenza e Costituzione, presenta una selezione di immagini, concesse dall’Archivio storico del Comune di Torino (fondo Gazzetta del Popolo) e dal quotidiano La Stampa, la cui finalità è quella di contribuire a riportare alla memoria il sacrificio di tante donne e uomini colpiti dalla violenza cieca declinata sul piano politico.


Quella violenza fu una forma aberrante e degenerata del legittimo dissenso democratico che dagli slogan aggressivi di piazza si avvitò con una velocità presto fuori controllo, confondendo coloro che, convinti di combattere per giusti ideali, avallarono azioni punitive che prevedevano ferimenti, da cui il triste e crudele neologismo di "gambizzazioni", e omicidi, e si coprirono intellettualmente con l'ombrello di una barbara frase - "Né con le Br, né con lo Stato" - che oggi appare in tutta la sua cruda cecità.


Sotto il piombo caddero uomini che rappresentavano le istituzioni, magistrati e forze dell'ordine, operai, avvocati, giornalisti, dirigenti e funzionari d'azienda, medici. Ad entrare nel mirino delle P38 e nelle sventagliate dei kalashnikov fu l'intera società civile italiana che proprio in quegli anni cominciava a cambiare pelle con l'approvazione in Parlamento di importanti leggi: dallo Statuto dei lavoratori alla legge sul divorzio e poi sull'aborto.





Sono queste valutazioni che ci accompagnano da anni, ma che è doveroso riproporre alle nuove generazioni che stentano oggi, come mai prima d'ora nell'era della globalizzazione e dei social, a costruire una visione d'insieme della storia recente del nostro Paese scevra da preconcetti e manipolazioni.


Riflessioni che sono ritornate alla luce nell'inaugurazione di venerdì sera (tra i partecipanti l'assessore del Comune di Torino Gianna Pentenero e la vicepresidente della circoscrizione1 di Torino, Ilaria Gritti), che ha avuto il suo prologo nella visita di decine e decine di persone che si sono ritrovate poi nel dibattito successivo condotto dal giornalista Paolo Volpato (nella foto in basso, insieme con Michele Ruggiero).

Tra le numerose testimonianze, quelle dell'allora consigliere istruttore Gian Carlo Caselli, il magistrato che condusse la prima grande inchiesta sulle Brigate rosse nel 1974, anno dell'arresto a Pinerolo dei capi del partito armato, Renato Curcio e Alberto Franceschini. Ancora: quella del magistrato della DNA (Direzione nazionale antimafia) Roberto Sparagna (ultima foto in basso), cui è stato chiesto di spiegare sul piano giuridico qual è crinale che divide il reato di violenza dal reato di terrorismo.



Infine, il racconto del professor d'economia Pietro Terna (socio fondatore de La Porta di Vetro), che per ragioni professionali si ritrovò l'11 dicembre del 1979 al Pronto soccorso dell'ospedale dov'erano stati trasportati i feriti dell'assalto alla Scuola d'amministrazione aziendale di via Ventimiglia a Torino.




La mostra, infatti, parte proprio dall'episodio specifico che dà il titolo: "Torino ferita, 11 dicembre 1979", cioè l'assalto di un commando della formazione terroristica di Prima Linea alla SAA. In quella sorta di decimazione furono gambizzate dieci persone, cinque docenti e cinque studenti. E in quelle drammatiche sequenze, in quei lunghi minuti di terrore era presente anche Tiziana Bonomo, all'epoca studentessa che si prestò a soccorrere i feriti. È la stessa che oggi, ad oltre quarant'anni di distanza, ha curato la mostra.







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