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Punture di Spillo: Adam Smith e lo spaventoso divario tra nazioni ricche e povere

Aggiornamento: 17 lug 2022

a cura di Pietro Terna|


Si calcola che quando Adam Smith pubblicò la prima edizione della Ricchezza delle nazioni1 (An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations), nel 1776, il rapporto della ricchezza tra la nazione più ricca (l’Olanda) e la più povera fosse di quattro volte, a parità di popolazione. Smith indagava sui motivi per proporre rimedi, considerando inaccettabile il divario.

Ora la nazione più povera del mondo è Malawi, in triste “competizione” con molti altre. Moltiplicando per quattro il reddito pro-capite di Malawi troviamo Haiti; moltiplicando ancora per quattro, troviamo il Marocco; quattro volte il Marocco, la Polonia; ancora quattro volte, ecco Singapore. Il calcolo, facile da verificare, ci dice che il rapporto tra il più ricco e il più povero corrisponde a un divario di 256 volte, una enormità! Ritorno alle disuguaglianze dell’ultimo spillo2, mostrando con questo semplice calcolo il peso delle differenze, che certo stanno anche all’interno delle nostre nazioni, delle nostre città, dei nostri quartieri, ma esplodono se guardiamo al mondo. Ho rubato il calcolo a Ricardo Hausmann, di cui ho già scritto3 qualche settimana fa, ascoltando online una sua conferenza4 al Santa Fe Institute5 su “Knowledge, Prosperity and Economic Complexity: How are They Connected?” Che cosa determina quelle enormi differenze? La risposta politica spesso ripetuta è che buone istituzioni e libertà economica sono il motore della prosperità, perché sono di incentivo all’introduzione del progresso tecnologico. Non è così semplice, purtroppo. Si trovano facilmente casi con la stessa cornice legale, analoghi sistemi giudiziari, stesso sistema di rappresentazione politica, tassi di interesse vicini, quadro macroeconomico paragonabile, registrano enormi differenze nello sviluppo. Che cosa determina allora le differenze che si misurano tra quelle aree? Difficoltà di trasferimento delle tecnologie? La tecnologia è rappresentabile come informazione, algoritmi, formule, schemi, tutto in forma sempre più accessibile in tutto il mondo; la tecnologia si materializza negli strumenti, per lo più accessibili. Però la somma di informazioni e strumenti raramente produce un risultato concreto. Manca il “sapere comune nel fare”, il know-how della terminologia manageriale. Due esempi: molti ricorderanno la bella autovettura6 Magnum di Rayton Fissore; ebbe purtroppo un successo inferiore a quello che avrebbe meritato. Per l’impresa produttrice costruire una vettura era una novità; seppi in via diretta, per via del lavoro che facevo in quegli anni, che i problemi di montaggio furono risolti dalla pratica costruttiva di un’altra azienda torinese, ricca di una grande esperienza automobilistica. Più recentemente, ricordo che Elon Musk ha incontrato inizialmente grandi difficoltà a produrre il numero programmato di autovetture Tesla; con l’acquisto di alcuni stabilimenti dismessi della Ford, la produzione si mise in moto. Che cosa aveva acquistato? Spazi produttivi in aree dove si trovavano maestranze che avevano lavorato a quel tipo di produzione! E chi ha rimesso in moto gli stabilimenti Chrysler dopo il disastroso periodo con Daimler (due culture incomunicabili), se non il know-how degli ingegneri torinesi?



Come misurare il know-how? Il punto centrale è la complessità dei prodotti, che equivale alle competenze complessive delle persone coinvolte nel produrli. Esploriamo la mappa della complessità riportata nella figura sotto. È anche online: a https://atlas.cid.harvard.edu/rankings e poi cliccando su GeoMap, muovendo il mouse si possono leggere i nomi dei singoli paesi con il relativo ECI (Economic Complexity Index) e, soprattutto, modificare l’anno di riferimento, andando all’indietro dal 2019 al 1995, anno più lontano. Dedicando un minimo di tempo alla mappa interattiva online, si ottengono moltissime informazione sull’economia del mondo.

Nello stesso sito web, esplorando i singoli paesi si hanno tutti i dati di corredo e la composizione merceologica delle importazioni e delle esportazioni. La ricchezza dei prodotti di un’area sta dunque nella loro complessità, che è know-how incorporato. Si veda la parabola ascendente e poi discendente della Russia; si veda la corsa positiva della Cina; la costanza ad alto livello di Stati Uniti, Germania, ma anche Italia; l’immobilità, ai livelli più bassi, di gran parte dell’Africa. Come si può operare per trasferire le competenze? Spostando persone per avviare iniziative, anche con investimenti diretti all’estero, che siano profondamente rispettosi della cultura e delle relazioni sociali del paese di destinazione, con un processo positivo di contagio di competenze!


Se in dieci anni si riducesse di un quarto quello spaventoso divario 1 a 256, il mondo sarebbe soltanto un po’ meno ingiusto, ma sarebbe in movimento nella direzione giusta.




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