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STEEME COMUNICATION snc

La farsacrazia alla prova delle sfide elettorali


di Emanuele Davide Ruffino e Germana Zollesi


Esauriti i termini per indicare una certa decadenza del livello politico (nullocrazia, pseudocrazia, oclocrazia, etc.) ci rimane da coniare Farsacrazia, che riesce anche ad attribuire alla situazione un’aura meno drammatica), rimane però il problema di stabilire un dibattito che sappia guardare al futuro con una visione prospettica e sappia individuare modelli di convivenza civile per rispondere alle sfide che la mancata globalizzazione impone.

Si denota una sempre maggiore incapacità di affrontare con concretezza i problemi a favore di una continua disquisizione fine a sé stessa: la nostra società tende a premiare chi pone i problemi e non chi li risolve, con un conseguente aumento delle risorse assorbite da aspetti marginali a fronte di benefici sempre più scarsi e a vantaggio di pochi.

 

Il Def non dà i numeri… tutti gli altri sì

C’è da chiedersi se i dati forniti dalle istituzioni preposte siano informazioni per ragionare su come sviluppare l’economia o mere occasioni per fare polemiche per le fazioni contrapposte. Quello che preoccupa è l’emotività quotidiana del dibattito, senza una retrospettiva storica e senza una visione sul futuro. Le crisi geopolitiche non aiutano a definire uno scenario stabile, ma a complicare le cose è la difficolta di formalizzare i problemi e definirne un approccio razionale.

Una dimostrazione è arrivata dall'accoglienza "riservata" al nuovo Patto di stabilità votato in seduta plenaria dall'Unione Europea, un provvedimento che allenta i vincoli di uno Stato nel contenimento del suo disavanzo se sono in corso investimenti essenziali al suo sviluppo, ma ad un tempo stabilisce meccanismi molto precisi di riduzione del deficit e del debito. Al voto, gli europarlamentari italiani del centro destra si sono astenuti e lo stesso ha fatto il Pd, che con la sua segreteria Elly Schlein ha affermato di non voler approvare "un Patto negoziato dal governo Meloni", nonostante la proposta arriva dal commissario europeo all'Economia, ed ex presidente del Consiglio dem Paolo Gentiloni. Quest'ultimo, che non certo un falco e che potrebbe essere sostituito da un esponente ben più inflessibile sul fronte della rigidità finanziaria, ha difesa la riforma, definita "non perfetta, comunque un buon compromesso. Certamente migliore di quelle esistente sul Patto di stabilità".

Al di là della cronaca, che non è spicciola, non dimentichiamo che i documenti di finanza pubblica dovrebbero contenere le indicazioni sulle politiche economiche e finanziarie da perseguire, partendo dalle situazioni che si sono andate a creare. Nel corso degli ultimi decenni i documenti programmatici hanno assunto sempre di più un ruolo chiave nella definizione ed esposizione delle linee guida di politica economica. Compito complesso che non conoscendo i parametri che si andranno a realizzare, hanno consigliato la massima prudenza, lasciando così spazio alle forze politico-sociali di formulare ipotesi e proposte, che dovrebbero caratterizzare il dibattito pre-elettorale, mentre invece si preannuncia una rissosità continua su tutti gli argomenti possibili. Ed in effetti i calcoli successivi al DEF, effettuati dai ministeri, segnalano che già nel 2025 il debito supererà i 3mila miliardi con un rapporto deficit/PIL intorno al 300%.

 

La necessità di ragionare sui problemi

L’economia non è una scienza improvvisata, ma va costruita con pazienza e senza dogmi. Per capire come si evolvono i fatti bisogna spesso ritornare con la memoria agli antecedenti che l’hanno provocata, più volte segnalati da questo sito, seguendo il più possibile una logica basata sul ragionamento e non sulla volontà di scimmiottare polemiche à la page.

Era il 19 giugno 2021 quando nell'articolo “E se dovesse ritornare l’incubo inflazione? [1] ”si ipotizzava una possibile fiammata inflattiva, quando ancora i tassi della BCE erano allo 0% e l’inflazione in Italia era allo 0,3. Chi prese sul serio l’ipotesi e si orientò verso investimenti a tasso variabile, ne ricavò inizialmente un notevole vantaggio. Il ragionamento si basava sul fatto che per contrastare la pandemia si era soprasseduto sul contenimento del deficit, sostenendo così la domanda che non poteva trovare contropartita in un aumento dell’offerta. Ma il deficit, una volta creato, deve necessariamente essere restituito: nessun problema se la ricchezza generata riesce a compensare i maggiori costi, altrimenti si va verso il default.

Sul fronte delle spese, si annota una generale e insistente richiesta supportata anche da non sempre giustificati motivazioni: l’esempio più evidente è stato offerto dall’affaire bonus 110%. Che il provvedimento non rispondesse a criteri razionali fu evidenziato ancora su questo sito il 5 maggio 2022, “Bonus 110% e il rischio morale del prezzo zero” [2]), in pieno governo Draghi e il 19 febbraio 2023 “Bonus 110: ultima fermata, ora, forse, si scende” [3]). L’irrazionalità e l’insostenibilità del provvedimento era evidente e chi lesse quegli articoli si astenne da interventi edilizi nell’illusoria possibilità che a pagare fossero gli altri (fortunati i primi che nell'aderire all’ipotesi si sono fatti pagare la ristrutturazione dai contribuenti italiani).

Anche sul fronte pensioni, abbiamo anticipato che l’unico sistema sostenibile era il contributivo con una serie di articoli: il primo del 22 ottobre 2022 ”Pensioni, troppe riforme sul tappeto per crederne a una” [4]) e con l’ultimo del 28 marzo 2024 “Pensioni: la riforma migliore rimane quella dei continui rinvii” [5]), non illudendo gli aspiranti pensionandi con proposte insostenibili, ma presentando la realtà e fornendo spunti per rendere più equo il sistema.

Il futuro di una collettività non si fonda su illusioni e, si spera che superata la fase elettorale, dove tutti si prodigheranno a elencare problemi aperti per la cui  risoluzione sarà richiedere nuovi finanziamenti, ma le regole europee - a dispetto delle astensioni - e prima ancora il buon senso economico, ci obbligheranno a gerarchizzare gli interventi e a ridurre drasticamente gli sprechi e tutto ciò che ostacola lo sviluppo economico-sociale.

 

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